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Uscite discografiche Gennaio 2012 (2° parte): recensioni

Recensioni nuovi album di Lana Del Rey, Litfiba, Il Teatro Degli Orrori, Colapesce, Lacuna Coil e tanti altri…

pubblicato 30 Gennaio 2012 aggiornato 30 Agosto 2020 17:25


Lana Del Rey – Born To Die : in questi mesi l’ho letteralmente “coccolata” (su blog e social network), un po’ perchè sono stato tra i primi a puntare su di lei, un po’ perchè tutto (o quasi) il materiale disponibile prima dell’uscita di “Born To Die” era di ottima fattura. Ora, riguardate un attimo il video di “Video Games”… cosa notate? Io noto l’onestà/ingenuità di una cantante di certo vogliosa di diventare una star, ma ancora “vergine”… guardate invece ora il video di “Born To Die”, il passaggio da fenomeno indie-web a mainstream diva è lampante. Attitudine da bambola da pianobar, pop vagamente retrò con orchestrazioni a supportare timbaland-beat più moderni che ben si sposano con alcune cadenze pseudo-hiphop. Se il tris “Video Games”-“Blue Jeans” -“Born To Die” farebbe invidia a qualsiasi popstar, bisogna dire che anche gli altri brani (a parte le più deboli “Radio” e “Carmen”) riescono a mantenere più che accettabile il livello della musica contenuta nel disco, aumentando ulteriormente la sensazione di essere di fronte ad un lavoro dal sound di certo non innovativo, ma piuttosto personale. In dimensione live deve ancora dimostrare molto (insicura, svampita, allucinata), ma per ora va bene così… male che vada ci terremo questa manciata dei bei pezzi pop. (z.) Voto: 6/7

Il Teatro Degli Orrori – Il Mondo Nuovo : “non c’è due senza tre?”…putroppo no. Il Teatro Degli Orrori potevano fare il tris dopo due ottimi dischi (“Dell’impero delle Tenebre” e “A Sangue Freddo” sono tra le più importanti produzioni made in Italy degli ultimi dieci anni) che hanno smosso un terreno ormai arido e pieno di crepe come quello del rock italiano. Oddio, “Il Mondo Nuovo” rischia di passare per un capolavoro di italian rock a causa dell’uscita ravvicinata dell’ultimo dei Litfiba, ma perde clamorosamente il confronto con quanto già proposto da Capovilla e soci: i testi, a parte alcuni clichè che vengono sempre più a galla, sono spesso interessanti, i problemi sono a livello melodico/recitativo (dove ormai le idee sembrano scarseggiare) e musicale (dove si sono dati una bella ripulitina). Gli sporadici innesti elettronici non portano aria fresca (se non nell’interessante tappeto pseudo-glitch/indietronica di “Vivere e Morire a Treviso”) in questo album che sembra cucito addosso allo stereotipo da XL Repubblica. Al 1° Maggio dopo i Marta Sui Tubi e prima di Caparezza (qui presente in “Cuore D’Oceano”, brano che sembra quasi uscire dall’ultimo dei Korn…)? (z.) Voto: 6+

Litfiba – Grande Nazione : no, va beh… “è come sparare sulla croce rossa” direte voi… ma cosa ci si può fare? E’ possibile difendere un disco come questo?? Per me è impossibile? Da quello che è stato forse il più grande gruppo italiano durante gli anni ’80 non è possibile accettare tanta banalità e squal(l)o-re. “Non è che “Infinito”, le uscite senza Pelù e gli inediti presenti in “Stato libero di Litfiba” fossero tanto meglio” direte voi… e come darvi torto. Però poteva anche finire lì e invece fa veramente male vedere ulteriormente distrutto ciò che hanno rappresentato con “Desaparecido”, “17 Re” e “Litfiba 3″… e non è questione di nostalgia: nella “Grande Nazione”, non ci sono neanche troppe e spudorate concessioni al pop ma viene fuori in modo netto la mediocrità dei luoghi comuni del tamarrock. Melodicamente siamo a livelli decisamente bassi (il ritornello di “Elettrica” almeno ne esce vincitore nella sua coralità), con qualche richiamo ai loro 90s (“Brado”, potrebbe essere una b-side di “Spirito” o “Mondi Sommersi”) e non loro (“La Mia Valigia” che gioco malvagio vi ricorda?). Vi bastano riff possenti, le solite vocali aperte e testi, che pur evitando soli-cuori-amori, in più occasioni fanno venire il sorriso sulle labbra? Vi basta questo per sentirvi “ruochenruoaaal”? Davvero? Intanto debuttano primi in classifica… che grande nazione.(z.) Voto: 4/5

Diaframma – Niente di Serio: negli anni ’80 i Diaframma dividevano, alla grande, la scena new wave/post-punk con gli squalllli qui sopra, poi le due band hanno preso due direzioni completamente opposte: i Litfiba spacconi e ad inseguire il mercato, i Diaframma, senza Sassolini, avanti per la strada, meno spianata, del rock cantautorale. Federico Fiumani è sempre stato l’anima del gruppo fiorentino e continua ad esserlo anche in “Niente di Serio”, un disco musicalmente abbastanza modesto e passato, ma che vive di grandi momenti di moderna poesia grazie all’innata abilità di Fiumani nello sprigionare magnetica onestà all’interno di piccoli affreschi quotidiani. Alla fine il rock è anche questo… e lo è molto di più di chi posereggia su chitarroni. (z.) Voto: 6/7

Colapesce – Un Meraviglioso Declino : ve lo aveva già presentato il nostro Intweetion in tempi non sospetti, ora finalmente possiamo avere tra le mani l’album d’esordio. Sto parlando di Colapesce (ovvero Lorenzo Urciullo, leader degli Albanopower), uno degli assi della 42 Records. “Un Meraviglioso Declino ” è un gran bel lavoro di cantautorato ad acquerelli indie-pop, dove semplicità, melodia e sognante sentimento riempono una malinconica tavolozza di belle canzoni (“S’Illumina”, “I Barbari”, “La Distruzione di un Amore”) e di un gioiellino che meriterebbe una visibilità ad ampia scala (“Le Foglie Appese”). In “Sottotitoli” troviamo Sara Mazo dei mai troppo citati Scisma. Lo scorso anno di questi tempi scrivevo che “WOW” dei Verdena sarebbe stato l’album italiano del 2011… questa volta il rischio è ben maggiore e non lo scrivo… però a livello di pop (indie o meno che sia) music sarà difficile trovare tanto di meglio. (z.) Voto: 7

Lacuna Coil – Dark Adrenaline : “le parole sono importanti” e lo sono anche i titoli… ora ditemi voi, sareste mai riusciti a trovare un titolo, per i Lacuna Coil, pieno di clichè quanto “Dark Adrenaline”? Io sinceramente no. Pieno dei (loro) clichè è anche il contenuto del disco: produzione pulitissima, riff di nu metal-nostalgia sui quali si alternano Andrea Ferro e Cristina Scabbia, che è brava ma che non riesce più ad essere un valore aggiunto come i primi tempi. Il peggio si raggiunge nei passaggi simil-Nickelback di “Kill The Light”, di “Give Me Something More” e “Fire” e nella continua ricerca della melodia facile, a volte funzionale (nel singolo), altre volte pericolosamente pausiniana (sempre in “Fire”). Non mi pronuncio sulla cover di “Losing My Religion” dei R.E.M.. Consigliato solo ai blinded-fan. (z.) Voto: 5+

First Aid Kit – The Lion’s Roar : Ecco che tornano le giovanissime sorelle Johanna (classe 1990) e Klara Söderberg (1993) in arte First Aid Kit. Tutto è cominciato più o meno nel 2008 con la loro cover, contenuta nell’EP “Drunken Trees”, di “Tiger Mountain Peasant Song” dei Fleet Foxes (se cercate la canzone sul tubo è ancora il primo risultato), per poi continuare due anni dopo con l’album di debutto “The Big Black & The Blue”, trainato dal singolo “Hard Believer“. Hipster-Folk-pop a due voci che in “The Lion’s Roar”, senza perdere nulla in immediatezza e in purezza melodica, aumenta i segnali di maturità e consapevolezza artistica del duo. Un disco che ruota decisamente attorno al gran bel singolo (la title-track), gli altri brani infatti, pur rimanendo su livelli più che discreti e regalando alcuni paesaggi suggestivi (“To a Poet”), difficilmente riescono ad essere concreti allo stesso modo. (z.) Voto: 7-

Nada Surf – The Stars Are Indifferent to Astronomy : dopo il periodo post-Weezer (la popolare… “Popular”) e il periodo post-Coldplay (“Inside of Love”), gli americani Nada Surf hanno smussato alcune idee e hanno trovato la propria strada. In “The Stars Are Indifferent to Astronomy” li troviamo alle prese con un alt-poprock/power pop dal sapore vagamente anni ’90 ma ancora fresco e giovanile (nonostante i due decenni di carriera) e con un pizzico di nostalgia dell’età che non torna più (“When I Was Young”, “Teenage Dreams”). Nulla di clamoroso o di innovativo, ma sicuramente piacevole. (z.) Voto: 6,5

The Caretaker – Patience (After Sebald): dei mille progetti di James Kirby, quello chiamato The Caretaker è quello che gli ha regalato più fortuna. Alla ribalta qualche mese fa con il bel “An Empty Bliss Beyond This World”, torna in tempi stretti con “Patience (After Sebald)”. Drone, dischi che graffiano, turntable, impolverati pianoforti pre-guerra a generare atmosfere ambient a volte di rara bellezza. Nella ciclica “When the Dog Says Were Drawing to an End” riesce ad unire contemporaneamente malinconia e la sensazione di essere in pace con il mondo. Forse leggermente inferiore al predecessore, ma a conti fatti un lavoro degno di nota… non solo per la copertina, ancora una volta stupenda. (z.) Voto: 7

Wiley – Evolve or Be Extinct : dal 2004 questo è l’ottavo album del prolifico Wiley, figura importante della scena grime/uk hop fin dalle prime collaborazioni con Dizzee Rascal. “Evolve or Be Extintict” più che un titolo suona proprio come una dichiarazione di intenti: le basi di Wiley rimangono ben radicate ma è evidente la volonta di non rimanere impantanato. Buona la varietà di ritmi, electrobeat (a volte decisamente trascinanti, vedi la titletrack o “Boom Blast”) e soluzioni stilistiche: la missyelliottana “Link Up”, l’hip-house (che tornerà probabilmente di moda grazie a Azealia Banks…) e strani siparietti (“Can I Have a Taxi Please?”, “Customs”) completano quello che, ad oggi, è forse il suo disco più riuscito. (z.) Voto: 6/7

Of Montreal – Paralytic Stalks : ridendo e scherzando la band di Kevin Barnes è arrivata a quota undici album in studio. “Paralytic Stalks” arriva dopo due anni che personalmente non mi hanno convinto troppo: “Skeletal Lamping” e il funkettoso “False Priest”. “Paralytic Stalks” è un disco vario e variopinto, nella miglior tradizione of Montral. “Gelid Ascent” con il chorus così splendidamente brit anni ’90, “Dour Percentage” da pantaloni a zampa d’elefante, tra Supertramp e Bee Gees, il glamorama di “Ye, Renew the Plaintiff” e schizoide sound-collage nelle lunghe tracce conclusive. (z.) Voto: 7

Fine Before You Came – Ormai : grandissimi i Fine Before You Came: come “Sfortuna“, anche per “Ormai” è stato rilasciato in free download (su Mediafire… alla faccia della chiusura di MegaUpload) nel momento meno indicato per pubblicare qualcosa (anche se i 150 like del post in mezzora, dicono il contrario): domenica ad orario di cena. Per quanto mi riguarda basterebbe questo per dare ancora una volta il mio appoggio alla band milanese, ma si va oltre: anche musicalmente dimostrano nuovamente il proprio talento nel sapere unire violenza emozionale di derivazione “core”, passaggi post e testi assolutamente degni di nota. Unico difetto? L’eccessiva uniformità stilistica… ma in questo caso ci si può passare tranquillamente sopra. (z.) Voto: 7

Chairlift – Something: Erano in tre e sono rimasti in due (il tuttofare Patrick Wimberly e Caroline Polachek), andando così a formare l’ennesima (è il caso di dirlo) coppia all’interno del mondo “indie”. Un disco di debutto, quello di quattro anni fa, che aveva messo in luce buone potenzialità ma anche tante ombre. Oggi i Chairlift approfittano della ritrovata verve pubblicando, qualcosa (“Something”) che potrebbe salvarli dall’anonimato in cui hanno vissuto in questi anni. Pop elettronico che punta su alcune melodie orecchiabili, sonorità gioiose e alcuni passaggi più sophisti-cati. Funzionano “Take It Out on Me” (e quella sequenza di note decisamente abusata) e le mancate hit anni ’80 “Ghost Tonight”, “Sidewalk Safari” e “I Belong In Your Arms”. Album piuttosto riuscito, ma non siamo di certo di fronte a qualcosa di grandioso. (z.) Voto: 6/7

Diagrams – Black Light : esordio in formato lungo, dopo l’omonimo EP dello scorso anno, per i Diagrams, il side project di Sam Genders dei folktronici Tunng. Qui la folktronica si mastica il giusto, piuttosto siamo su territori di un caleidoscopico alt-pop, easy ma articolato (alla Metronomy per intenderci) e pieno di sfumature. Tra anni ’80 (Peter Gabriel, Talking Heads), psichedelia synth-etica e moderno art-cantautorato (Gruff Rhys, l’ultimo Sufjan Stevens). Non sempre il risultato finale rende giustizia alle idee, ma quando tutto funziona a dovere (in “Tall Buildings” con un basso tra The Drumes e wave ’80, nella bucolica “Night All Night” o nella kingsofconvenienceiana “Peninsula”) è decisamente gradevole. (z.) Voto: 6,5

Sharon Van Etten – Tramp : carriera in crescita quella della americana Sharon Van Etten: grazie agli agganci giusti (The Antlers e soprattutto The National) e un talento cristallino, piano piano sta aumentando le proprie quotazioni. “Tramp” è un vero e proprio contenitore di grandi nomi: i fratelli Dessner dei The National, il buon Matt Barrick dei The Walkmen (nel singolone “Serpents” è lui, non Bryan Devendorf come potrebbe sembrare… almeno credo) e Zach Condon (Beirut), ma sarebbe un peccato se il tutto si riducesse ad una serie di ospitate illustri. Per fortuna così non è, “Tramp” è un disco di grande spessore che potrebbe regalare parecchie soddisfazioni, sia a lei sia a chi lo ascolta.(z.) Voto: 7

Bologna Violenta – Utopie e Piccole Soddisfazioni : a Nicola Manzan (alias Bologna Violenta) deve piacere il mese di Gennaio: proprio come l’album di debutto “Il Nuovissimo Mondo“, anche il sophomore “Utopie e Piccole Soddisfazioni” vede la luce nel “mese dannato” (citando gli Uochi Toki). Per chi avesse vissuto nel “vecchissimo mondo” durante tutto il 2010, la proposta musicale è unica a livello mondiale, grazie al suo mix di schianti prognoise-grind-breakcore, micro-pause, reading e sample di qualsiasi tipo. “Utopie e Piccole Soddisfazioni”, in parecchi passaggi non si discosta troppo da questi territori (dopo tutto è il SUO sound) e riconferma Bologna Violenta tra i nomi più coraggiosi e spiazzanti della scena italiana. Presente la cover di “Valium Tavor Serenase” dei CCCP. Ti devi Spaventareeeeeee! (z.) Voto: 7-

Lo Stato Sociale – Turisti della Democrazia : tra i migliori album italiani del 2010, alla posizione 40 avevo inserito l’EP “Welfare Pop” dello Stato Sociale… e ricordo che la prima volta che ascoltai I Cani (estate 2010 mi pare) la prima cosa che pensai fu “un po’ Stato Sociale”. A ben vedere e con il senso di poi, le somiglianze tra i due gruppi non sono poi così marcate. In “Turisti della Democrazia”, che è il vero album di debutto, la band bolognese va a ripescare vecchie cose (gli anthem “Sono così Indie”, “Pop” e “Amore ai Tempi dell’IKEA”) affinando la propria cifra stilistica: ironia, giochi di parole in spoken, hipsteria, serate gggiovani e attitudine decisamente scanzonata all’interno di un electro-poprock “do it yourself” (escluso il latin-pop in odore 883 di “Quello che Le Donne Dicono”). Riuscitissimo il racconto disco-dance di “Ladro di Cuore col Bruco”. (z.) Voto: 6,5

Porcelain Raft – Strange Weekend : cervelli in fuga… è il caso di dirlo: dietro al nome Porcelain Raft si nasconde l’italiano Mauro Remiddi, trasferitosi all’estero (Londra e New York alcune delle basi). Porcelain Raft, consigliatissimo dal cantante degli Yuck, visibilmente ubriaco, durante una chiacchierata in una memorabile serata all’Hana-Bi, decide di dare un bel colpo di frusta alla propria carriera, dopo vari EP con l’LP “Strange Weekend”. Da buon italiano, apparecchia la tavola e prepara un piatto decisamente gustoso. Specialità della casa? Dream-pop moderno a tratti solare e dall’alto contenuto melodico. La Francia ha sfornato gli M83, noi Porcelain Raft… ed è già più che qualcosa. (z.) Voto: 7-

Anthony Green – Beatiful Things : il nome Anthony Green probabilmente dice poco, ma è il cantante dei più famosi Circa Surive. “Beatiful Things” è il secondo album solista del buon Anthony e arriva a due anni di distanza dal precedente “Avalon”, che, perdonatemi, avevo saltato a piè pari. Tra l’alt rock e il folk, caratterizzato dalla sua particolare voce, emergono stramberie acid-reggae (“When I’m On Pills”), duetti importanti (Chino Moreno nella più sognante “Right Outside”) e contraltari femminili (Ida Maria e LIGHTS). Classico disco con alcuni momenti interessanti, ma che difficilmente troveremo in qualche lista di fine anno. (z.) Voto: 6

Blaudzun – Heavy Flowers: tra cantautorato e indie-pop, con gusto ma senza troppa fantasia. Voto: 6+ (z.)
Kayo Dot – Gamma Knife: avant craziness. Voto: 6,5 (z.)
Bears – Greater Lakes: indie pop shinsiano ben confezionato, artwork compreso. Voto: 6,5 (z.)
Attack Attack! – This Means War : ok, sono cresciuti dai tempi del crab-core… ma mammamia… Voto: 4 (z.)
Gucci Mane and V-Nasty – BAYTL: in Whip Appeal V-Nasty recita “Me and Gucci talking real shit”… ecco appunto… real shit.Voto: 3,5 (z.)
Kathleen Edwards – Voyageur : quarta prova per la canadese… nonostante l’aiuto di Bon Iver il suo folk-pop misto americana qui suona un po’ troppo ordinario e piatto. Voto: 6+ (z.)
Beat Culture – Tokyo Dreamer: 17 anni, koreano, alle prese con hop-elettronica eterea e chill a 360°, incredibilmente piacevole. In free download… Voto: 7 (z.)
Boxeur The Coeur – November Uniform: Paolo Iocca in formato internazionale tra Arcade Fire (“Our Glowing Days”), pura sperimentazione, elettronica e una certa psichedelia. Voto: 6/7 (z.)
Above The Tree & The E-Side – Wild: crossover totale (temporale e di genere) made in Italy tra vecchio blues, elettronica, cassa 4/4 e antichi rituali. Voto: 7- (z.)
Pulled Apart By Horses – Tough Love : discreto passo in avanti, meno teen-friendly, per questa band post-hc/screamo dalle tentazioni tipicamente rock. Voto: 6+ (z.)
Cardinal – Hymns secondo album in..18 anni. 18 anni che sembrano non passati. ’90 guitar pop. Voto: 6+ (z.)

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LEGENDA 2012
10: la perfezione… non esiste
9: capolavoro, fra i migliori di sempre
8: grandissimo disco, probabilmente destinato a rimanere nella storia 5 stars1
7: album di buon livello, manca solo quel qualcosa che lo renda veramente memorabile 4 stars
6: discreto, passa abbastanza inosservato… innocuo 3 stelle
5: disco trascurabile, banale e poco degno di nota 2 stelle
4: album completamente inutile 1 stella
3: disco dannoso, difficile trovare di peggio.
2: neanche Justin Bieber
1: …

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