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Uscite discografiche Ottobre 2011: recensioni (2° parte)

Recensioni nuovi album di Bjork, Fesit, Dente, Bugo, Zen Circus, Zola Jesus, Ryan Adams, Trucebaldazzi e tanti altri…

pubblicato 11 Ottobre 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 19:16


Björk – Biophilia : dove era finita Björk?? Dopo il discreto “Medulla” (2004) e il deludente “Volta” (2007) avevamo un po’ perso le tracce della piccola islandese. Quattro anni dopo esce con “Biophilia”, un mega progetto/applicazione multimediale di cui valuteremo la sola componente musicale. Qui si torna alle sofisticherie art di “Vespertine” e a brani (dieci in tutto) organici e multisfaccettati che in tre occasioni, “Crystalline”, “Mutual Core” (forse l’episodio migliore) e “Sacrifice”, nel finale sfociano in territori vicini alla drill&bass (Aphex Twin) e breakcore di vecchia scuola. In alcuni passaggi si rischia lo sbadiglio se non si è nel giusto mood per ascoltare l’album e siamo comunque lontani dai fasti anni ’90, ma sicuramente “Biophilia” è un disco (seppur un pelo sorpassato) in cui finalmente ritroviamo la Björk che abbiamo sempre apprezzato. (z.) Voto: 7

Dente – Io Tra di Noi : storie che si ripetono da decenni nella discografia: gavetta iniziale, esplosione mediatica definitiva senza snaturarsi (“L’Amore Non è Bello“) e la successiva necessità di fare il bis e confermare quanto dimostrato. Se per qualche tempo ha condiviso con il personaggio qui sotto (Bugo) l’etichetta del “nuovo Battisti”… dopo “Io Tra di Noi” rimangono ancora dubbi su questa qualifica. Le novità rispetto al predecessore ci sono ma bisogna proprio andarle a cercare con la lente di ingrandimento, rimangono piuttosto le canzoni: ancora una volta l’album si presenta come un’ottima raccolta di brani che scivolano via piacevolmente, tra leggerezza estrema (“mi sento che non peso quasi più”, contrapposizione tra testo e significato) e piccoli affreschi di contemporanea quotidianità. Si parla spesso d’amore anche qui e in un modo non del tutto dissimile da quanto da lui proposto in precedenza, ma, fortunatamente, sempre lontano dalle regole del pop melodico all’italiana. Non una svolta, non una pietra miliare, ma sicuramente un disco che consolida la posizione e la figura di Dente all’interno del panorama nazionale. Probabilmente non succederà mai, ma se e quando lo vedremo a Sanremo sarà già troppo tardi. (z.) Voto: 6/7

Feist – Metals : il rischio era tanto… dover dare un seguito al fortunatissimo “The Reminder” (trainato dalla filastrocca “1234” oltre il milione e mezzo di copie vendute) era forse un compito troppo grande per Feist. Così si è presa quattro anni prima di tornare con un nuovo lavoro. Si intitola “Metals” ed è una grande prova di coraggio: non c’è minimamente traccia di velleità commerciali. I brani si snodano sinuosi, languidi e delicati richiedendo parecchi ascolti per essere assimilati: tutto si muove attorno ad una grande eleganza ed uno stile unico, tra atmosfere soffuse (“Anti-Pioneer”), folk (“Cicadas & Gulls”) e inflessioni soul/blues (“How Come You Never Go There”). St.Vincent, Laura Marling, Björk, Zola Jesus, Feist… periodo d’oro per il gentil sesso (ok, se dico Girls mi linciate…). (z.) Voto: 7

Zola Jesus – Conatus : una carriera partita dal basso (in tutti i sensi) quella della prolifica Zola Jesus (all’anagrafe Nika Roza Danilova), uscita dalle oscurità lo scorso anno con l’EP “Stridulum”. Inseribile a grandi linee all’interno del movimento etichettabile come “electronic art pop”, Zola Jesus ha già dimostrato in passato di avere personalità da vendere e di saper unire sonorità 4AD, acquerelli dark e vocalità alla Siouxsie Sioux. Meno “goth” e più accessibile rispetto alle precedenti prove, “Conatus” se da un lato non è il grande capolavoro che alcuni si aspettavano, dall’altro lato è sicuramente un grande concentrato di intimità espressiva, dove viene messa in risalto soprattutto la solenne voce di Nika… come nella conclusiva e avvolgente “Collapse”. (z.) Voto: 6/7

Zen Circus – Nati per Subire : tornano a due anni di distanza da “Andate tutti Affanculo” i toscani Zen Circus. Squadra che vince non si cambia: considerata la fama raggiunta grazie all’utilizzo della lingua italiana, difficilmente torneranno sui loro passi. Pubblicato da La Tempesta, “Nati per Subire” è nuovamente un concentrato di alternative rock all’italiana, composto da testi a sfondo sociale, irriverenti e sfacciati ma allo stesso tempo venati da una amarezza mista malinconia tipicamente cantautorale. Musicalmente sono ancora debitori di un certo college sound di fine anni ’80 (il singolo “L’Amorale” è un po’ primi T.A.R.M. ma anche tanto Pixies), mai troppo esplorato ed esportato “nel paese che sembra una scarpa”… nulla di veramente nuovo quindi, ma è forte il senso di compiutezza e di quadratura del progetto. Rispetto ad “Andate tutti Affanculo” difetta quasi esclusivamente nell’essere uscito dopo. (z.) Voto: 6/7

Bugo – Nuovi Rimedi Per La Miopia : mammamia… sembra ieri e invece sono passati più di 10 anni dagli esordi di Bugo. Me lo ricordo bene, pompatissimo sulla rivista Tutto (che non esiste più da tempo…) e osannato in giro come il “Beck delle risaie”. Di “mutations” e di evoluzioni ne ha subite tante (non ultima il passaggio ad una major) ma oggi, nel 2011, Cristian Bugatti continua ad essere un caso unico nel panorama italiano. Il Bugo del 2011 nonostante difficilmente riesca a sorprendere come faceva i primi tempi (dopotutto siamo già arrivati all’ottavo album in studio…), continua a portare avanti un discorso del “pop diverso” con autorevolezza. Escludendo l’evitabile “E ora Respiro” (che ricorda la pessima “E Raffaella è Mia” di Tiziano Ferro), che siano allucinazioni acide (“Lamentazine n 322”) o pensieri tanto comuni (la mattina che ha l’oro in bocca o il non avere tempo) quanto assenti nelle “tipiche canzoni pop all’italiana”, Bugo riesce sempre ad incuriosire… e non è poco. (z.) Voto: 6+

Ryan Adams – Ashes & Fire : Ryan Adams rischiava di buttare via tutto quello che era riuscito a costruire in poco tempo, prima abbandonando il progetto The Cardinals (che comunque stava scemando di interesse) e poi pubblicando un malriuscito e inutile disco hard & heavy (“Orion”). A dire la verità dopo il picco iniziale (“Heartbreaker” e “Gold”) la sua intensa discografia è sempre stata caratterizzata da alti e bassi. Oggi, ritroviamo un Ryan che vola a grande velocità verso gli “anta”, bello che maritato con l’ex teen idol Mandy Moore. Fra toni generalmente dimessi (in “Come Home” siamo in zona Damien Rice) e ballatone da accendino al cielo (“Kidness”, “Dirty Rain”), “Ashes & Fire” si muove molto agilmente tra le regole della tradizione cantautorale americana (la presenza del tastierista di Tom Petty, Benmont Tench, non è marginale). Nonostante un’apparente normalità di fondo, non sono pochi i pezzi della raccolta capaci di non lasciare indifferenti. Speriamo che abbia capito che prendersi un po’ di tempo, invece che pubblicare di continuo qualsiasi cosa gli passi per la testa, abbia dato i suoi frutti. Pochi giorni fa si è lasciato scappare un “Laura Marling makes me feel insignificant”… una volta ascoltato “Ashes & Fire si può tranquillamente affermare che questa volta il “ragazzo” abbia peccato di modestia. (z.) Voto: 7-

Dj Shadow – The Less You Know the Better : il genio della Silicon Valley non ha certo bisogno di presentazioni: il suo debutto (“Endtroducing…..”) ormai vecchio di quindici anni, ancora oggi rimane un passaggio fondamentale, obbligatorio, all’interno dell’elettronica e dell’hip hop. Lunghissima gestazione (con un paio di EP in mezzo), per il sucessore del mediocre “The Outsider” (2006). Evidentemente Josh si è preso tutto il tempo per approfondire la musica a 360° dato che in “The Less You Know the Better” si passa da un genere all’altro di continuo: solo per fare un esempio, “Run For Your Life” è un funky indiavolato, “Warning Call” è un rivedibile svago post-wave in compagnia di Tom Vek mentre quelli di “Border Crossing” sono tre minuti e mezzo di riff “beastie” di chitarra elettrica. Chiude “(Not So) Sad and Lonely” che (come “Sad and Lonely”) non sfigurerebbe in una colonna sonora di un film ambientato nella south-midland statunitense. Sicuramente uno dei dischi più eterogenei che può capitare di ascoltare oggi giorno anche se Dj Shadow ha dimostrato di poter puntare ben più in alto. (z.) Voto: 6-

Emika – Emika : ancora (post)dubstep, ancora Inghilterra… anche se la giovane Emika ora vive in Germania, le coordinate sono puramente inglesi. Come James Blake (del quale potrebbe essere vista come una controparte femminile) anche Emika debutta con un disco intitolato semplicemente con il suo nome, caratterizzato da una certa propensione per l’approccio “minimal”. L’uscire per la Ninja Tune le regala subito grande credibilità… a conti fatti meritata in quanto va a riempire un buco all’interno della scena: lo step/garage di Burial qui sta a zero (a parte l’atmosfera a tinte scure), così come stanno a zero le truzzerie da classifica UK (e tra poco anche USA… maledetto Skrillex), si fanno notare invece influenze bristoliane che vanno ad incastonarsi perfettamente con gli altri elementi della proposta musicale. Voce calda su basi algide per l’ennesima possibile evoluzione della dubstep… “tripstep”? “dubtempo”? (z.) Voto: 7-

Trucebaldazzi – Odio la Scuola : Eccolo qui… atteso come pochi, il primo vero album del social-idol Trucebaldazzi: “Odio la Scuola”, ascoltabile in streaming su RockIt e scaricabile da Mediafire. Il “rapper” post- Ca (visti sullo stesso palco in una serata memorabile bolognese) è sempre alle prese con testi che da un lato trattano ingenuamente dei problemi personali e dall’altro cercano di rifarsi all’immaginario di marchio “Truce”, tutto sangue e soldi, tra slogan ormai collaudati (per l’occasione rivisitati) e dovuti aiuti da parte di 13 Grammi, Juda Stronzelover e Trash Lovers. (z.) Voto: Negativo

Youth Lagoon – The Year of Hibernation : altro debutto degno di nota per questo 2011. Parliamo di Trevor Powers, in arte Youth Lagoon. Personaggio evidentemente criptico e schivo, si rifugia nella musica e lo fa a modo suo: lo-fi subacqueo (Deerhunter insegnano), voce ambiguamente dream, chitarre filtrate e tastierine. Colpisce già ora la capacità di scrivere piccoli gioielli minimali (otto in tutto) di “p-oppiaceo” in grado di creare un’atmosfera magica, che in un certo senso ci fa tornare infanti nella nostra stanzina, dove tutto era ovattato e tinto di bianco soffuso… ed ha solo 22 anni. (z.) Voto: 7

Luca Carboni – Senza Titolo : penso che Luca Carboni sia stato spesso sottovalutato nel suo essere sopravvalutato (rispetto a chi probabilmente, negli ultimi due decenni, avrebbe meritato più spazio)… ma lo penso anche di Marco Masini… quindi potrei risultare poco credibile. Senza tornare al suo periodo d’oro, penso anche che brani come “Malinconia” e, soprattutto, “Settembre” fossero perfetti esempi di buon pop italiano. Detto questo, purtroppo mi riesce veramente difficile difendere un lavoro come “Senza Titolo” che sembra essere stato buttato lì senza impegno e convinzione, capace giusto, in alcuni passaggi, di… intenerire, diciamo così. (z.) Voto: 4,5

Steven Wilson – Grace for Drowning : all’epoca dell’uscita, probabilmente neanche lo stesso Steven Wilson si aspettava tante attenzioni attorno al suo “Insurgentes”. Certo, uno con il suo curriculum (Blackfield, No-Man e soprattutto Porcupine Tree) non aveva certo bisogno di presentazioni, ma è stato soprattutto l’altissimo livello della musica contenuta nel disco a fare notizia (“Significant Other” mi mette ancora i brividi). Con meno hype oggi torna con “Grace for Drowning”. Siamo sempre in territori prog-rock, ma l’approccio è molto diverso rispetto a “Insurgentes”, più legato al prog tradizionale (ma aggiornato ai giorni nostri con contaminazioni elettroniche): lunghi intrecci strumentali, a volte limitati al ruolo di trame sonore che fanno da contorno a melodiche strofe, a volte lasciati liberi senza freni. Lungo ottanta minuti (è un doppio), “Grace for Drowning” si fa notare per il sue forti influenze jazz-rock, per l’intelligenza emotiva e perchè no, per l’acusticheria ad archi di “Postcard”. (z.) Voto: 7

Electric Six – Heartbeats and Brainwaves : questi avevano iniziato con il botto: era il 2003, il movimento dance-punk stava letteralmente esplodendo… e gli Electric Six ne rappresentavano il lato più divertente e goliardico (“Danger! High Voltage”, “Dance Commander” e “Gay Bar” le hit). I risultati di “Fire” non furono replicati con il successivo “Señor Smoke” (2005). Da allora hanno pubblicato un disco all’anno, ma ammetto di averli persi per strada dopo “Flashy” (2008). Li ho ritrovati oggi, con l’ottavo album “Heartbeats and Brainwaves”, esattamente come me li ricordavo: un po’ stupidi, ironici e sbruffoni con i loro groove e le chitarre volutamente tamarre. Poche le varianti, come ad esempio “Psychic Visions” dove fanno il verso ai Depeche Mode o “We Use the Same Products” dove suonano un po’ come dei Korn in salsa electropop. (z.) Voto: 6+

We Were Promised Jetpacks – In the Pit of the Stomach : gli scozzesi We Were Promised Jetpacks… per capire che non si tratta della tipica indie rock/post-punk band, basterebbero i primi secondi dell’iniziale “Circles and Squares” (per chi si fosse perso il buon esordio di due anni fa, “These Four Walls”). Certo, le somiglianze con altre band ci sono (i conterranei The Twilight Sad e Frightened Rabbit ad esempio), ma qui più che altrove viene data attenzione al ruolo della chitarra e al suo utilizzo, tanto come macinatore di riff quanto come trama di un energico tappeto sonoro quasi post-rock. “In the Pit of the Stomach” non si discosta troppo dal predecessore, rispetto al quale può vantare almeno due pezzi decisamente riusciti (il singolo “Medicine” e “Hard to Remember”) ed in generale di una vena melodica piuttosto convincente. Per ora (molto?) bene così, ma l’impressione è che purtroppo non ci siano tanti margini di crescita. (z.) Voto: 6/7

Megafaun – Megafaun : l’omonimo disco dei Megafaun è già il terzo in carriera. Chiedo perdono ma non ho mai avuto l’occasione di ascoltare i primi due: “Bury the Square” (2007) e “Gather, Form and Fly” (2009). Provenienti dalla North Carolina, i Megafaun possono vantare l’amicizia con Bon Iver/Justin Vernon, con il quale condividono l’amore per… la barba. Questi boscaioli (il mega fauno??) propongono un folk rock abbastanza inquadrato nei canoni dell’americana (Wilco) ma che allo stesso tempo presenta qualche piacevole inflessione pop e soul/gospel (veramente bella “Scorned” e interessante la coda folk-gaze di “Get Right”). Sicuramente bravi e ispirati… riusciranno ad uscire dal semi-anonimato?? (z.) Voto: 6/7

James Morrison – The Awakening : Dopo l’enorme e probabilmente ingiustificabile successo di James Blunt, l’Inghilterra nell’estate 2006 ha visto spuntare dal nulla due cantautori dal bel faccino: Paolo Nutini e James Morrison. Due singoli riusciti e fortunati come “You Give Me Something” e “Wonderful World” portarono, per qualche mese, James sul tetto d’Europa. Nel 2008 “Songs for You, Truths for Me” fallì nel tentativo di ripetere i risultati del debutto “Undiscovered”. Cantautorato pop, venato di soul e soft rock anche in “The Awakening” (prodotto dall’ex-Suede Bernard Butler), ma il tutto inizia a stancare e puzzare di mancanza di idee. La colpa non è neanche da ricercare in alcune scelte discutibili (il duetto con Jessie J, non è il pezzo più debole del disco) ma proprio nella assenza di creatività. (z.) Voto: 5-

The New Division – Shadows : ancora una volta siamo qui a parlare del disco di debutto di un gruppo innamorato degli anni ’80, in particolare della new wave/post-punk e del synth-pop. Nonostante le coordinate musicali (O.M.D., NEW Order/Joy DIVISION… Chameleons e tanti altri), i New Division non provengono da qualche provincia inglese, bensì dal sud della California. Questo particolare traspare anche da sonorità meno oscure (no, gli Editors non c’entrano nonostante un brano intitolato “Munich”) e maggiormente party-oriented. Trovano spazio influssi chillwave (“Shallow Play”) e house-wave (“Violent” e nella seconda metà di “Memento”). Non male ma neanche nulla di veramente sorprendente. (z.) Voto: 6,5

Nicola Roberts – Cinderella’s Eyes : con le Sugababes, le Girls Aloud hanno rappresentato meglio di tutte il concetto di girl-band durante gli anni zero in Inghilterra (paese sempre attendo a questo tipo di pop). Non solo, sono state tra le prime a far capire ai discografici le opportunità date dai talent show (non che sia stato un bene…). La pausa ha permesso a Cheryl Cole, Nadine Coyle e Nicola Roberts di pubblicare i rispettivi album solisti. Se le prime due (uscite lo scorso anno) si sono dimostrate l’ennesimo terribile progetto glitterato, Nicola Roberts, pur rimanendo in territori pop-dance decisamente commerciali, con “Cinderella’s Eyes dimostra di avere qualcosa in più rispetto alle ex-compagne. Chiamola credibilità (sicuramente l’aiuto di personaggi importanti come Diplo e Metronomy aiuta)… un po’ quella che fa la differenza tra una Robyn e una qualsiasi divetta trash-pop. Fresco. (z.) Voto: 6+

Machine Head – Unto The Locust : i Machine Head debuttarono nel 1994 con “Burn My Eyes”, sfruttando l’onda lunga del movimento groove metal/post-thrash capitanato dai Pantera. Poi, pensando di essere furbi, cercarono di cavalcare l’onda del nu metal con un paio di dischi completamente da dimenticare. Ci hanno messo un po’ per riprendersi ma con “Through the Ashes of Empires” e soprattutto con “The Blackening” (2007) hanno saputo riconquistare il popolo del metal. “Unto The Locust” ha dalla sua brani dalla struttura mai banale e alcuni passaggi per certi versi inediti, però ecco, se avete 15€ e dovete scegliere se comprare “Unto The Locust” o il predecessore, andate sul sicuro con l’album del 2007. Ormai non ci sono più dubbi, l’era delle porcate è stata solo una piccola e spiacevole parentesi all’interno di una rispettabile carriera. (z.) Voto: 6,5

Le Strisce – Pazzi e Poeti : ecco che ritorna l'”indie” pop-rock in formato major dei Le Strisce. Breve e intensa la loro carriera: dalle grazie di Virgin Radio (“Fare il Cantante”) al quasi-Sanremo (“Vieni A Vivere A Napoli”), i napoletani hanno saltato parecchie tappe (eh beh…) puntando subito in “alto”. “Pazzi e Poeti” esce ad un anno di distanza dal primo vero album “Torna Ricco e Famoso”. Sono i testi impregnati di luoghi comuni pseudo-impegnati destinati a far presa soprattutto su un target piuttosto giovane e gli arrangiamenti a volte sfrontatamente brit e altre volte fin troppo “tradizione italiana” che fanno perdere dosi di credibilità ad un progetto che avrebbe anche qualche spunto interessante (l’uso, e abuso, di un particolare modo di intendere la melodia). Classico disco rock che piacerà a chi di rock ne mastica poco… (z.) Voto: 5+

Jason Derülo – Future History : Jason Derulo, un po’ come Taio Cruz, Chris Brown o i pessimi JLS, rappresenta il lato peggiore della musica black. Plastica pura che avvolge un club-r&b talmente insipido (quanto fastidioso) da fare sembrare Ne-Yo un genio assoluto. Ennesimo wannabe-Usher (come se non ne bastasse già uno…) di valore nullo. Ah, giusto, il ragazzo si veste sempre in tiro e balla bene… due aspetti decisamente fondamentali per uno che pubblica dischi di MUSICA… (z.) Voto: 4

Corrupted – Garten der Unbewusstheit : i Corrupted vengono dal Giappone (Osaka per la precisione) e questo già basterebbe a rendermeli simpatici. Poi sono strani… terribilmente strani, basti pensare che tutti i loro album precedenti avevano titoli in spagnolo. Registrato poco prima dell’abbandono sia del cantante che del chitarrista, “Garten der Unbewusstheit” (si sono dati al tedesco questa volta…) è composto principalmente da due brani di circa trenta minuti l’uno (“Garten” e “Gekkou no Daichi”), due discese negli abissi più desolati. Droni, aperture post, growl cavernicolo e sludge atmosferico saranno i vostri compagni di viaggio. Un viaggio molto affascinante ma per pochi. (z.) Voto: 6/7

The Misfits – The Devil’s Rain : l’evitabile ritorno discografico dei Misfits (z.) Voto: 5-

Frankmusik – Do It in the A.M. : la trasformazione da hipster electro-pop di scarso interesse a truzzo di periferia di ancora più scarso interesse. Ridateci Sam Sparro… Voto: 5-

Useless Wooden Toys – Piatto Forte : carenza di carenza di basso (z.) Voto: 6

Death In Vegas – Trans-Love Energies Voto: 6,5 (z.)
La Dispute – Wildlife Voto: 7- (z.)
Machine Drum – Room(s) Voto: 7- (z.)
Pain Of Salvation – Road Salt Two Voto: 6/7 (z.)
Slow Club – Paradise Voto: 6+ (z.)
Ed Sheeran – + Voto: 5- (z.)
Lady Antebellum – Own the Night Voto: 4 (z.)
Kimbra – Vows Voto: 6 (z.)
Azari & III – Azari & III Voto: 6,5 (z.)
Twin Sister – In Heaven Voto: 6 (z.)
J. Cole – Cole World: The Sideline Story Voto: 6,5 (z.)
New Found Glory – Radiosurgery Voto: 5 (z.)
Fair To Midland – Arrows and Anchors Voto: 6/7 (z.)
The Rifles – Freedom Run Voto: 5 (z.)
The Duke Spirit – Bruiser Voto: 6 (z.)

—- EP “probabilmente” consigliato —-
Flaming Lips – Strobo Trip : Dopo quasi quattro ore ho dovuto desistere, ma fino a quel punto tutto è scivolato via senza mai annoiare: i primi 240 minuti del trip “6 Hour Song – Found a Star on the Ground” sono godibili e imprevedibili e sicuramente prima o poi ascolterò anche il resto.

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LEGENDA
10: la perfezione… non esiste
9: capolavoro, fra i migliori di sempre
8: grandissimo disco, probabilmente destinato a rimanere nella storia 5 stars1
7: album di ottimo livello, manca solo quel qualcosa che lo renda veramente memorabile 4 stars
6: discreto, passa abbastanza inosservato… innocuo 3 stelle
5: disco trascurabile, banale e poco degno di nota 2 stelle
4: album completamente inutile 1 stella
3: disco dannoso, difficile trovare di peggio.
2: neanche Justin Bieber
1: …

—— Precedenti ——
Settembre 2011
Agosto 2011
Luglio 2011 – 2° Parte
Luglio 2011 – 1° Parte
I Migliori Album del 2011 (Primo Semestre)
Giugno 2011 – 2° Parte
Giugno 2011 – 1° Parte
Maggio 2011 – 2° Parte
Maggio 2011 – 1° Parte
Aprile 2011 – 3° Parte
Aprile 2011 – 2° Parte
Aprile 2011 – 1° Parte
PRIMO TRIMESTRE 2011
Dicembre 2010
Novembre 2010 – 2° Parte
Novembre 2010 – 1° Parte
Ottobre 2010 – 2° Parte
Ottobre 2010 – 1° Parte
Settembre 2010 – 2° Parte
Settembre 2010 – 1° Parte
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