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Robbie Williams : “Reality Killed the Video Star”, la recensione

Abbiamo atteso a lungo il ritorno (e se possibile la riscossa) di Robbie Williams, eccolo finalmente arrivato. La superstar britannica che ha cavalcato da protagonista l’onda lunga delle boybands anni ’90 e che all’apice se n’è affrancato, per trovare la sua vera anima e costruirsi una credibilità. L’artista che ha sfornato alcune delle canzoni-manifesto del

di piero
pubblicato 9 Novembre 2009 aggiornato 31 Agosto 2020 06:25

Abbiamo atteso a lungo il ritorno (e se possibile la riscossa) di Robbie Williams, eccolo finalmente arrivato. La superstar britannica che ha cavalcato da protagonista l’onda lunga delle boybands anni ’90 e che all’apice se n’è affrancato, per trovare la sua vera anima e costruirsi una credibilità. L’artista che ha sfornato alcune delle canzoni-manifesto del pop contemporaneo, che quasi è riuscito a distruggersi vita e carriera con eccessi degni di una rockstar maledetta; colui che, oramai consacrato, ha osato troppo…e ha floppato, dovendo ingoiare un boccone amaro e ridimensionare le proprie velleità.

Ha imparato la lezione, Robbie. E a distanza di 3 anni dallo ‘sciagurato’ (commercialmente parlando) Rudebox ha dato alle stampe Reality Killed the Video Star, disco che prova a rinverdire i fasti tornando al pop raffinato del periodo d’oro.

Ad aiutarlo nella risalita c’è Trevor Horn, mente dei Buggles ed artefice dei successi (tra i tanti) di Pet Shop Boys e Seal. Il suo tocco è riconoscibilissimo in alcune delle 13 tracce che compongono l’album, pubblicato venerdì in Italia e oggi nella natìa Inghilterra su etichetta Virgin/EMI. A seguire la recensione di SoundsBlog.

Morning Sun: uccellini che cinguettano nel bosco…wtf?!? Poi parte il vero intro, e segue la voce di Bob. Grazie a Dio. Calda, intensa come la ricordavamo. Non c’è più alcun dubbio, adesso, che abbia deciso di tornare all’antico. Voto 7

Bodies: da qualche parte in questi ultimi mesi d’attesa ho letto che l’ambizione era quella di realizzare una nuova Angels . Il singolo apripista è uno dei tentativi nel disco? Non ce l’ha fatta, nel caso. Ma neppure c’è andato troppo lontano, il pezzo è parecchio bello e cerca -a modo suo- originalità nei suoni e spessore nel testo. Voto 8,5

You Know Me: secondo singolo estratto, è ruffianissimo e non mi convince fino in fondo. Ascolto e lo immagino perfetto per la scena madre di un film con Hugh Grant o Renèe “Bridget Jones” Zellwegger. Mi sa di vecchio, un po’ banale. Voto 6,5

Blasphemy: piano e voce con sviolinata finale, un classico (quasi) infallibile. Colpo al cuore per romanticoni al massimo del trasporto emotivo, botta nei maroni per tutti gli altri?!? Voto 7+

Do You Mind?: Un guizzo di classic rock, attenzione! Gli anni trascorsi negli USA, tra stivaloni e cappelli country style, lo hanno ispirato? E’ immediata, è semplice, è…simpatica. Voto 7-

Last Days of Disco: Viaggio a ritroso nel tempo, back to eighties; ecco lo zampino di Horn. Suoni elettro-pop trascinanti, successo assicurato nelle feste a tema. Mi piace, anche se avrei gradito un po’ meno di quella ‘voce diabolica’ verso la fine. Voto 7,5

Somewhere: un minuto appena di….di cosa?? Robbie ci tiene a confortarci….c’è qualcuno, da qualche parte, che ci ama. Menomale và. Voto: non classificato

Deceptacon: altra ballatona da occhi lucidi, la specialità dello chef. Quella eco nei punti topici funziona. Voto: 7+

Starstruck: ready steady go…si torna a ballare. Dura 5 minuti e mezzo ma quasi non si avverte, scorre via agile e piacevole. Voto: 7,5

Difficult for Weirdos: decido che mi piace dopo neppure 10 secondi, quel tocco elettronico vecchia maniera abbinato al ritornello trascinante conquista al primo ascolto. Col video giusto (uno di quelli in cui Robbie mette tutto il suo british sense of humour) potrebbe essere una hit. Voto 8

Superblind: Probabile che il mio mood risenta ancora del brano precedente…parte questa e mi sembra ordinaria, scialba, banalotta. Verso il terzo minuto si riprende parzialmente, quando esplode. Ma tutto sommato non mi attira. Voto 6+

Won’t do That: Trascurabile, a mio avviso. Una di quelle simili a tante altre, non brutta ma certo non memorabile.Voto 6+

Morning Sun (Reprise): lo dice il titolo, è la ripresa della prima traccia. Il cerchio si chiude ed è tempo di bilanci.

Reality Killed The Video Star è un album discreto. Con tutta probabilità raccoglierà più consensi dello sfortunato predecessore, tra i fan affezionati così come tra gli ascoltatori occasionali. Dà sicurezza, un’immagine familiare e riconoscibile dell’artista. No Regrets, verrebbe da esclamare. Bob ha provato a cambiare e gli è andata alquanto male…torna dunque a fare quello che il pubblico si aspetta, imprime di nuovo il suo marchio di fabbrica (pur aggiornato ai tempi e alle mode del momento).

La nuova Angels non è arrivata, forse non arriverà mai. Ma quei 2-3 di pezzi da cantare fino alla sfinimento e inserire nei Greatest Hits a venire li ha centrati. Bentornato, in ogni caso.

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