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Demi Lovato, DEMI: la recensione di Soundsblog in anteprima

Il nuovo disco della ex stella della Disney uscirà ufficialmente il 14 Maggio.

pubblicato 7 Maggio 2013 aggiornato 15 Ottobre 2020 17:37

La data di uscita ufficiale di DEMI è prevista per il 14 Maggio, ma Demi Lovato non ha resistito alla tentazione di anticipare qualche brano ai fan: dopo aver pubblicato su Twitter alcuni indizi sui testi delle canzoni del nuovo lavoro, che avevano mandato in visibilio i followers, la cantante ex stella della Disney ha indetto un sondaggio sempre su Twitter per scegliere quali canzoni far ascoltare in anteprima.

Demi Lovato ha invitato quindi i fan a twittare i titoli della tracklist di DEMI, in modo da rilasciarli in ordine di preferenza e attesa: alla fine la cantante ha pubblicato sul suo canale Youtube gli audio di tutta la tracklist del disco. In anteprima assoluta dopo Heart Attack, il primo singolo estratto da DEMI, i Lovatics (soprannome dei fan della Lovato) hanno quindi potuto ascoltare le altre dodici canzoni contenute nel disco:

Made in the USA
Without the love
Neon lights
Two Pieces
Nightingale
In case
Really don’t care
Firestarter
Something that we’re not
Never been hurt
Shouldn’t come back
Warrior

Ad un primo ascolto, le canzoni rispecchiano il classico schema del pop leggero americano per le voci femminili: brani scritti appositamente per porre il canto in primo piano, con testi di facile impatto emotivo e arrangiamenti standard, in funzione della protagonista e delle sue capacità vocali.

Made in the Usa potrebbe facilmente essere un pezzo estratto da un album qualunque di Kelly Clarkson e sembra una versione velocizzata di Price Tag di Jessie J. Without the love nulla toglie e nulla aggiunge al pezzo precedente, di cui sembra una copia sulla falsariga, con la voce di Demi Lovato che, per quanto migliorata, fatica a sostenere un pezzo francamente banale.

Con Neon Lights le cose sembrano migliorare: è un pezzo perfetto per i dancefloor estivi con il suo beat martellante, un ritornello forte, armonizzazioni vocali, suoni che restano in testa e un lancio potente verso l’esplosione ritmica finale. Promosso, e speriamo sia il prossimo singolo.

Two Pieces ritorna in zona Kelly Clarkson: pop leggero, mid-tempo che parla d’amore finito sostenuto dal pianoforte e dalle doppie voci, nulla di eccezionale nemmeno nel testo. Con Nightingale il reparto ballad si apre definitivamente: nella sua semplicità di pianoforte introduttivo e archi che sostengono la progressione musicale è un buon pezzo, ma l’arrangiamento ne rovina l’essenza morbida e la voce della Lovato si fa spesso stridente. Peccato, perché la potenzialità c’era tutta: la speranza è un arrangiamento diverso, magari spogliato di fronzoli elettronici, per le esecuzioni dal vivo. In Case resta nell’ambito ballad-un-po’-ritmata senza guizzi di fantasia e si lascia ascoltare senza catturare troppo l’attenzione.

Really Don’t Care ritorna al tono scanzonato e allegro da dancefloor con il featuring di Cher Lloyd: niente di incredibile, ma il generale buonumore diffuso salva la banalità del pezzo; stessa cosa per Firestarter, la traccia successiva, che resta nel solco del pezzo da ballare senza stare a farsi troppe domande. Something we’re not vorrebbe cambiare un po’ le carte in tavola ma l’intento, pur nobile, è difficilmente conseguibile: è il classico pop americano che scivola via senza lasciare altro che un coretto martellante in testa. Never been hurt ritorna sullo schema di Firestarter e dei pezzi più movimentati, però alla fine del disco diventa una ripetizione di qualcosa già ascoltato in precedenza. Sicuramente avrà successo se dovesse essere un singolo perché il ritmo è un bel po’ danzereccio, ma nulla aggiunge e nulla toglie.

La ballad Shouldn’t come back risolleva un po’ le sorti del reparto dei pezzi lenti: è un brano interessante, sorretto dalle chitarre e dagli archi, che avrebbe potuto beneficiare ulteriormente di un tipo di canto diverso, più sommesso e meno urlato, ma in generale è promosso, soprattutto per aver lasciato fuori dalla porta i beat eccessivi. Warrior, un’altra ballad cui è affidata la chiusura del disco, è sorretta da un pianoforte intenso ed è forse il pezzo più interessante dopo Neon Lights. Non è un caso che i due brani siano agli antipodi: la necessità commerciale di far convivere l’anima dance facile e quella più introspettiva è perfettamente bilanciata in queste due canzoni, unica salvezza di un disco che non aggiungerà niente alla crescita musicale e alla carriera di Demi Lovato.

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