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Recensione: “19”, il debutto di Adele Adkins

L’exploit di Amy Winehouse (tanto in termini di apprezzamento dei critici quanto in quelli di vendite) sta facendo gridare al miracolo. Tutti guardano al Regno Unito come l’epicentro di un fenomeno, il ritorno in auge del genere pop-soul, che ha pochi precedenti nella storia della musica: da Londra viene Amy, dal vicino Galles proviene Duffy.

di piero
pubblicato 16 Marzo 2008 aggiornato 31 Agosto 2020 22:34

L’exploit di Amy Winehouse (tanto in termini di apprezzamento dei critici quanto in quelli di vendite) sta facendo gridare al miracolo. Tutti guardano al Regno Unito come l’epicentro di un fenomeno, il ritorno in auge del genere pop-soul, che ha pochi precedenti nella storia della musica: da Londra viene Amy, dal vicino Galles proviene Duffy.

E dalla capitale britannica è sbucata anche Adele ( di cognome fa Adkins, ma preferisce non usarlo troppo perché –dice- è brutto e lo detesta) l’ultima delle ragazzine terribili che stanno colonizzando le classifiche e diffondendo il loro verbo. A suon di note e personalità. Abbiamo ascoltato “19”, album di debutto su etichetta XL Recording nei negozi dallo scorso 29 febbraio, e vi proponiamo la nostra recensione.

Il titolo dell’opera svela l’età dell’artista: prima sorpresa, da una così giovane donna non ci si aspetterebbe tanta maturità e consapevolezza dei propri mezzi. La Winehouse di anni ne ha 25, Duffy uno in meno. Continuiamo a paragonarla alle (per ora) più celebri colleghe perché è una sorta di mania collettiva. Ovunque si legge che l’una è il clone dell’altra, che si rubano stile e segreti, che senza l’una le altre non avrebbero sfondato. La Winehouse battistrada, campionessa di talento e di eccessi; le altre due inseguitrici, in versione morigerata e perbene.

Ciò che si dice non è del tutto sbagliato. Ed è “normale”, fisiologico. E’ sempre capitato e continuerà a capitare che la moda “del momento” favorisca la venuta di emuli più o meno all’altezza. Ma ridurre Adele (come pure Duffy) a fotocopie sbiadite della Winehouse sarebbe riduttivo e ingiusto, perché in entrambi casi alle pecche in originalità e innovazione supplisce un talento fuori dal comune. Il resto è gusto soggettivo.

L’album parte piano, con una traccia intitolata “Daydreamer”. Una ballata che narra d’amore e sentimenti, pur se da un’angolazione insolita. Di amore per un ragazzo che ama altri uomini. Seguono “Best for last” -dai toni più vivaci- e “Chasing pavements”, la hit che ha proiettato la nostra nel paradiso musicale. Anche qui tribolazioni d’amore, sofferenze, rimpianti. Il video del pezzo, inusuale e ben studiato, lo trovate in fondo al post.

I pezzi successivi abbassano un po’ la media, rischiando di far annoiare e desistere quanti si basano sul primo impatto per giudicare l’intera opera. A loro suggeriamo di andare avanti e pazientare, arriveranno momenti migliori! Precisamente alla traccia numero 8, intitolata “Right as rain”. Leggera, allegra, godibilissima.

La numero 9 è praticamente l’opposto: “Make you feel my love” è lenta, riflessiva, realizzata col solo supporto di piano e voce. Per gli amanti delle romanticherie. Seguono “My same” e “Tired” di nuovo agili e sbarazzine. Chiude “Hometown glory”, con cui Adele si congeda così come si era presentata. Calma, rilassata, intensa. In patria è stato un altro singolo di successo.

Vi lasciamo alla tracklist e al video di “Chasing Pavements”

Daydreamer
Best for last
Chasing pavements
Cold shoulder
Crazy for you
Melt my heart to stone
First love
Right as rain
Make you feel my love
My same
Tired
Hometown glory

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