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Pearl Jam, Lightning Bolt: recensione Soundsblog

Giudizio, opinione e critica sul nuovo album della band di Seattle, uscito il 15 Ottobre.

pubblicato 16 Ottobre 2013 aggiornato 15 Ottobre 2020 16:20

Fine delle supposizioni: dopo mesi di attesa, una campagna promozionale intensissima, un video documentario sulle registrazioni e due singoli di opposta direzione musicale come Mind Your Manners e Sirens, Lightning Bolt dei Pearl Jam è finalmente uscito.

Io, che nei confronti dei Pearl Jam soffro di una venerazione che mi porta ad essere spesso poco obiettiva nei giudizi, ho preferito lasciarlo sedimentare dentro dopo diversi ascolti e prove tecniche di assimilazione, in modo da non farmi influenzare da altro che non fossero le canzoni.

Le reazioni della stampa, dei blogger e della critica musicale mondiale sono state abbastanza omogenee: non è sicuramente un capolavoro. C’è chi lo ha accusato di cercare di ingraziarsi i teenager e di suonare troppo patinato per essere genuinamente grunge come i precedenti lavori, chi invece ha apprezzato la robusta vena rock che lo anima dall’interno pur lamentando una certa morbidezza eccessiva.

La questione è una ed è stata riassunta dal commento di un caro amico che mi trova d’accordo: non bisogna aver paura del pop, specialmente del pop fatto bene che resta come ispirazione sotterranea nelle melodie. Il fatto che Lightning Bolt suoni più pop di altri lavori dei Pearl Jam, con una ballata come Sirens che molti hanno accusato di essere eccessivamente bonjoviana, deve aver fatto storcere il naso ai puristi del grunge.

Lightning Bolt è un bel disco. Non sarà un capolavoro e su questo mi inserisco nella visione mondiale, ma da qui a considerarlo robaccia per teenager finto-rock ce ne passa: siamo lontani da tutto, siamo sulla stella Pearl Jam e la band di Seattle ci tiene a ricordarci che non è mica in giro da vent’anni solo per sport.

Eddie Vedder emoziona come sempre e le chitarre di McCready e Gossard inventano riff che dominano le canzoni e che potranno diventare, col beneficio del tempo, dei classici: Getaway, col suo ritmo sincopato, sembra richiamare qualche vecchio suono dei migliori Aerosmith, mentre Pendulum si inserisce a pieno titolo in quei brani più rallentati e intensi che sono diventati cifra stilistica dei Pearl Jam sin dai tempi di Oceans. Sleeping By Myself ha un retrogusto country folk che stupisce agli inizi e poi appassiona dolcemente.

E’ un disco da tenere in macchina per farsi accompagnare in quei viaggi pregni di domande irrisolte; domande che meritano la colonna sonora giusta per continuare a infestarti la testa dopo la fine di Future Days.

Brani migliori: Yellow Moon, Getaway, Mind Your Manners, Lightning Bolt, Future Days, Sirens

Pearl Jam, Lightning Bolt: scheda e tracklist dell’album

Etichetta: Monkeywrench Records / Republic Records
Produttori: Brendan O’ Brien
Musicisti ospiti: Ann Marie Calhoun (violino), Kenneth Gaspar (pianoforte, tastiere), Brendan O’Brien (piano su Future Days)

1. Getaway
2. Mind Your Manners
3. My Father’s Son
4. Sirens
5. Lightning Bolt
6. Infallible
7. Pendulum
8. Swallowed Whole
9. Let The Records Play
10. Sleeping By Myself
11. Yellow Moon
12. Future Days

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