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Marco Carta: “Il Cuore Muove”, la recensione

Marco Carta ha finalmente pubblicato il nuovo album… ed è già record! In un solo giorno di vendite ha battuto la concorrenza piazzandosi direttamente alla prima posizione dei dischi più acquistati su iTunes.Insomma, “la voce sabbiata” è ritornata sulle scene discografiche raccogliendo numerosi consensi, gli stessi che forse l’hanno portata a vincere una delle edizioni

pubblicato 26 Maggio 2010 aggiornato 31 Agosto 2020 01:52

Marco Carta ha finalmente pubblicato il nuovo album… ed è già record! In un solo giorno di vendite ha battuto la concorrenza piazzandosi direttamente alla prima posizione dei dischi più acquistati su iTunes.

Insomma, “la voce sabbiata” è ritornata sulle scene discografiche raccogliendo numerosi consensi, gli stessi che forse l’hanno portata a vincere una delle edizioni più fortunate del talent-show “Amici“. In molti l’aspettavano, chi per decantarla chi per fucilarla. E qui a Soundsblog come accoglieremo il come back? Con fiori o con frutta e verdura? Scopritelo cliccando su “continua”: troverete la recensione delle 11 tracce che compongono “Il Cuore Muove”.

Il Cuore Muove. Ennesima canzone pop melodica. Le chitarre “italiane” ormai rappresentano elementi dei quali il cantante sembra non potere fare a meno: esse infatti si sono incastrate nel suo dna sonoro e non riescono più ad essere sradicate. Questo non costituisce un male ma a lungo andare può stancare visto che si rischia di incasellare l’artista in un genere sempre uguale a se stesso. Detto questo possiamo affermare che nel presente brano il momento più godibile è quello finale in cui Marco si cimenta in un acuto niente male. Voto: 6 (men0)

Quello che dai. Singolo apripista dell’intero progetto che non riesce a mettere in luce le potenziali soul dell’artista a causa dell’immancabile sound tricolore che non rende giustizia al suo graffiato vocale. Anche in questo caso, come in quello precedente, la parte finale è quella che più riusciamo a gustare con piacere. Voto: 5

Come pioggia d’estate. Ballata fin troppo scontata, fin troppo usuale (classico il cambio di tonalità conclusivo) che non aggiunge nulla di nuovo al repertorio di Mr Carta. La mancanza di appeal nell’arrangiamento porta la melodia, la quale risulta molto orecchiabile, a diventare dannatamente anonima. Voto: 4

Un motivo per restare. Il livello interpretativo si alza grazie ad un’ottima capacità del cantante di calarsi all’interno del testo. Le chitarre di cui prima parlavamo continuano ad essere onnipresenti: questo fattore ci induce ad affermare che l’abuso di questa tipologia di musica incomincia a stancare l’ascoltatore il quale a questo punto necessita di una bella svolta melodica. Ci rifaremo col prossimo brano? Voto: 4+

Non è così. Altra lagna che addirittura copre la vena black del cantante. Il pepe manca, il sale pure. Piatto riuscito male e fortemente indigesto. Voto: 3

Dare per amare. Ah si, ci voleva il pop-rock pacchiano con quel pizzico di blues per svegliarci un pò. Peccato che ci siamo alzati col piede sbagliato visto che già dalle prime liriche si capisce che il testo sembra essere scritto da un ragazzino alle prime armi (baby!). Apprezzabili alcuni vocalizzi ed alcuni acuti che il cantante implementa. Il momento finale dal sapore gospel permette alla canzone di acquistare più punti. Voto: 5+

Niente più di me. “Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”. Questo è quello che recita un famoso detto. A cosa ci si riferisce? Non è difficile capirlo. La solita struttura musicale italiana (dove a farla da padroni sono la batteria e la chitarra) continua ad essere il chiodo fisso di questo progetto discografico… e questo adesso non va affatto bene visto che non si riesce ad assaporare qualcosa che sia differente dal resto del disco. La conseguenza grave di quanto detto è che le melodie, per quanto carine possano essere, diventano insignificanti e provocano l’effetto deja vu. Voto: 4 e mezzo

Il cuore non dimentica. L’incisività del ritornello conferisce al pezzo un buon retrogusto. La spinta vocale soul del cantante è estremamente accattivante: se gli altri brani fossero stati della stessa portata il disco ne avrebbe guadagnato di credibilità e di qualità. I cambi di tonalità del finale ci trasportano in una dimensione sonora molto interessante la quale permette a tutta la stesura di terminare con una buonissima ciliegina. Voto: 7 meno

Il paradiso è qui. La sperimentazione inizia finalmente ad essere proposta. Purtroppo questa dura solo per la parte della strofa la quale poi cede il passo ad un inciso che fa perdere le buone intenzioni dell’esordio. Peccato perchè l’idea di questo pop’n’b che strizza l’occhio (minimamente) agli anni ’90 (musica italiana) era stimolante. Voto: 6 meno

Un libro senza pagine. Si ritorna nel territorio commercialmente sicuro. Un’altra ballata tipica della musica del nostro paese. La melodia non dispiace ma la rabbia per aver perso le buone intenzioni sonore dei due brani precedenti si fa sentire ed inficia le buone caratteristiche di questa canzone. La voce di Marco è di nuovo sfruttata male. Voto: 5

Sempre. Alcune, seppur piccolissime, somiglianze con “Oggi Sono Io” di Alex Britti. Un abisso qualitativo però separa le due canzoni in questione: il ritornello di “Sempre” per esempio passa inosservato. Purtroppo a partire dalla seconda strofa si ricade nella mancanza di appeal che fin’ora ha dominato in quasi tutto l’album. Voto: 5 meno

I giochi sono fatti ed il talento di Marco Carta è stato ancora una volta sfruttato malissimo. Poche sono le occasioni in cui si è cercato di dare il giusto spazio ad un tipo di vocalità che si dirigesse verso sonorità poco usuali nel nostro territorio come quelle black, le stesse che erano state annunciate in pompa magna prima della pubblicazione del disco.

Ancora una volta quindi si è caduti nella paura di sperimentare qualcosa di diverso che potesse portare il giovane ragazzo a fare un salto di qualità rispetto al percorso discografico precedente. Lui le potenzialità ce l’ha ma solo ogni tanto si intravedono e la colpa non è attribuibile al suo gusto musicale ma alle solite esigenze di mercato che preferiscono il caro e vecchio porto sicuro nel quale rifugiare la nave invece di un bell’aereo che voli verso territori inesplorati. A questo punto, nonostante la voce non sia equiparabile a quella dell’ex vincitore di “Amici”, possiamo tranquillamente affermare che si fa apprezzare molto di più un personaggio come Paolo Meneguzzi il quale cerca almeno di distanziarsi da alcuni canoni tricolori per volgere lo sguardo verso qualcosa a cui “Sanremo deve ancora prestare attenzione”.

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