Home Recensioni musicali Uscite discografiche Dicembre 2011: recensioni

Uscite discografiche Dicembre 2011: recensioni

Recensioni nuovi album di Korn, Black Keys, Ultimo Attuale Corpo Sonoro, The Roots e tanti altri…

pubblicato 12 Dicembre 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 18:11


Korn – The Path of Totality : c’era una volta il nu metal, evoluzione del crossover secondo molti nata con il debutto dei Korn e morta con l’arrivo di band completamente MTV-oriented. C’era una volta la dubstep, evoluzione di alcuni generi di musica elettronica (2-step, dub e d&b) nata con Burial, Kode 9 o Vex’d e morta (possiamo dirlo?) con lo sputtanamento pop in UK e la tamarraggine USA di Skrillex. Dall’idea di unire questi due mondi (o di rimanere a galla visto il un successo sempre calante…) è nato questo “The Path of Totality”, decimo album in studio (dei quali quelli post-“Untouchables” sono decisamente trascurabili) della band di Jonathan Davis. Come suona? Esattamente come era lecito aspettarsi: le chitarre vengono nascoste dai wub bass e dalle ritmiche spezzate tipiche del brostep ma per il resto sono sempre i soliti Korn: che ad aiutarli sia l’ex From First to Last (…), i Noisia o Excision and Downlink il gioco è più o meno sempre quello. Un paio di tracce (singolo compreso), sicuramente paraculo ma perlomeno riuscite, non bastano a salvare un disco come “The Path of Totality”, estremo tentativo di una band che da una decina di anni non sapeva più da che parte sbattere la testa. Gli anni passano ma il target dei Korn rimane sempre quello: 12-20… (z.) Voto: 4/5

Black Keys – El Camino: il primissimo ricordo che ho dei Black Keys è una loro ospitata al Conan O’Brian per presentare il brano “10 A.M. Automatic”. All’epoca mi sembravano una sorta di White Stripes tutta al maschile, più talentuosa e innamorata di Hendrix. Da allora sono passati sette anni in cui la band di Dan Auerbach e Patrick Carney è riuscita a mantenersi, con una costanza invidiabile, su buoni livelli fino ad arrivare al definitivo successo di massa (in USA sopratutto) con “Brothers” dello scorso anno. Oggi i Black Keys sono letteralmente sul tetto del mondo e c’era il rischio di ritrovarli in una versione iper-annacquata. Ma i due di Akron non puntano di certo al mondo glitterato del music business e in questo “El Camino”… continuano il loro cammino senza cedere alle tentazioni (certo le canzoni risultano più quadtrate e accessibili rispetto agli esordi ma è questione di maturazione) e propongono il loro trascinante garage/blues-rock nel migliore dei modi. Pochissimi gli attimi di respiro (giusto la prima parte di “Little Black Submarines” e il suo ricordare melodie di classici anni ’70) lungo i quaranta minuti di musica scarsi prodotti con l’aiuto di Danger Mouse. Con “Wasting Light” dei Foo Fighters, il miglior album di diretto rock senza fronzoli dell’anno. (z.) Voto: 7

Ultimo Attuale Corpo Sonoro – Io Ricordo Con Rabbia : due anni fa, ai tempi del debutto “Memorie e violenze di Sant’Isabella”, siamo stati tra i primi a parlare degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Un esordio fragoroso che trova il perfetto seguito in “Io Ricordo Con Rabbia”. Uscito per la Manzanilla, il secondo capitolo dei veronesi UACS, riparte da dove si erano fermati: più che sperimentare nuove soluzioni hanno affinato il loro stile scaricando nuovamente la propria rabbia viscerale e colta in testi che sanno di narrazione, di poesia (richiami ai Massimo Volume) e di lezioni di storia italiana e non (richiami agli Offlaga Disco Pax), recitati con una enfasi e teatralità difficili da trovare altrove (forse solo in alcuni spoken di Capovilla)… e poi c’è la musica, quell’ epic post-rock di scuola GY!BE che quando non viene relegato a semplice contorno è in grado di regalare forti emozioni, come nell’esplosione di “11 09 1973”. Grande conferma. (z.) Voto: 7

The Roots – Undun : 2011, negli ultimi mesi tantissime nuove leve si sono date battaglia (Shabazz Palaces, Danny Brown, Big K.R.I.T., Kendrick Lamar, Death Grips, Lil B e tutto il giro OFWGKTA), poi arrivano i The Roots e… tutti a casa. I maestri sono sempre i maestri, una garanzia di un talento cristallino che traspare anche in “Undun”, decimo album in studio e primo vero e proprio concept (alla base c’è il personaggio Redford Stephens). L’hip hop rodato della band di ?uestlove riesce ancora ad azzeccare l’hook giusto (come in “Tip The Scale”) e continua a soprendere per la solidità lirica. Chiude il lavoro un movimento, basato su “Redford” di Sufjan Stevens (qui presente), formato da quattro brani. (z.) Voto: 7+

Kate Wax – Dust Collision : “Dust Collision” di Kate Wax va a chiudere degnamente un anno densissimo di art pop femminile di qualità. Nel suo secondo album della (non più) tanto giovane svizzera di origine tibetana, accentua il lato oscuro e realizza un riuscito caleidoscopio con tutte le sfumature dal blu al nero: senza essere “inquietante” quanto Chelsea Wolfe, interpreta bene un dark-noir che ricorda Emika, revival ’90 tra Portishead e Bjork, eterea-electro alla Fever Ray e sfumature blakestep. (z.) Voto: 7-

The Dear Hunter – The Color Spectrum: The Complete Collection : a voce potrebbero venire confusi con i Deerhunter, ma escludendo la bontà della proposta (comune ad entrambe le band) le somiglianze finiscono lì. I Dear Hunter sono un gruppo rock a 360° che fa dell’ambizione uno dei punti di forza. Durante il 2011 hanno pubblicato nove EP, ognuno dei quali dedicato ad un colore diverso, tutti inclusi in “The Color Spectrum: The Complete Collection”. Musicalmente sono veramente indefinibili (come lo era l’art rock dei migliori Dredg o il progetto “The Alchemy Index” dei Thrice) considerato l’enorme spettro (appunto…) sonoro toccato dalla band. In “Black” giocano con il post-hc e l’elettronica, in “Red” con l’alt-rock, in “Orange” con un guitar-rock anni ’70, in “Yellow” con le pop-vibes, in “Green” con il folk, in “Blue” con un arioso post-pop, in “Indigo” con l’astratto glitch-pop, in “Violet” con un pomposo glam-prog pop/rock e in “White” con un rock più standard. Trentasei brani in cui, pur essendo a volte fini a se stessi, The Dear Hunter dimostrano di saper fare di tutto… e bene. (z.) Voto: 7

Swimming – Ecstatics International : ci sono album, ma più in generale artisti, che non hanno nulla di scabroso o di così terribile, ma per i quali proprio non riesco a trovare aspetti realmente degni di interesse. Nel caso specifico in ” Ecstatics International” gli Swimming propongono un pop piuttosto fresco nascosto sotto leggeri tappeti synth-dream-neoprog- falsetti che li avvicinano per certi versi ai più concreti Mew. Non solo… Late Of The Pier, MGMT’ e Yeasayer nelle coordinate della band di Nottingham. Se vi piacciono certe sonorità l’ascolto di “Ecstatics International” è consigliato, altrimenti c’è tanta altra musica in circolazione che probabilmente vi sta sfuggendo.(z.) Voto: 6+

Childish Gambino – Camp : bisogna per forza passare dai talent show per iniziare una carriera musicale partendo dalla televisione? Assolutamente no, Donald Glover in arte Childish Gambino (nome scelto utilizzando il famoso Wu-Tang Clan Name Generator) è stato per parecchio tempo autore e personaggio televisivo (Conan O’Brien, 30 Rock e Community tra gli altri) prima di pubblicare alcuni download-albums anticipatori di “Camp”, primo vero album in studio. Childish se la cava e riesce ad inanellare una serie di brani vincenti, quello che convince meno è una certa ingenuità e immaturità (nonostante l’età.. 28 anni) evidente in certe soluzioni, che suonano più che altro come tentativi di entrare nello stardom. Non salverà il rap, non sarà il nuovo messia e molto probabilmente tra qualche anno faticheremo a ricordare chi sia, ma la provocazione di Pitchfork (ha dato 1.6/10) mi sembra esagerata. (z.) Voto: 6-

Robin Thicke – Love After War : qui in Italia, i più se lo ricorderanno in versione capellone su di una bici mentre canticchiava “When I Get You Alone”. In USA è ancora una (semi)star, complice anche il drastico cambio di immagine (e non solo) intrapreso nel 2006 con il fortunato “The Evolution of Robin Thicke” (una sorta di risposta all’ultimo di Justin Timberlake). Dopo un paio di prove di successo inferiore Robin Thicke torna con Love After War, un lavoro di soul-pop e r&b piuttosto piatto e retrò ma molto meno patinato di quanto ci si potesse aspettare. (z.) Voto: 5/6

Dia Frampton – Red : strana storia quella di Dia Frampton, classe ’87, la giovane americana ha alle spalle una gavetta con i Meg & Dia, semisconosciuta band pop-rock (però uscivano per la Warner) e una successiva partecipazione al talent show The Voice. Su Youtube trovate tanti video che la vedono coverizzare “classici” dell’indie-pop/folk, andando ad inserirsi nel concetto di mainstreamizzazione delle “ragazzine indie” (vedi Birdy in UK). Contrariamente a Birdy, in “Red” Dia non propone cover ma brani scritti da lei (con aiuti esterni, tra gli altri membri di Foster The People e la tastierista di Florence) di pop leggerino leggerino e spensierato. In “I Will” duetta con Blake Shelton, il suo ex vocal coach a The Voice. (z.) Voto: 6-

Dreamers of The Ghetto – Enemy/Lover : Pensate ad una band tra le tante che si rifanno agli U2. Fatto? Ecco… chiunque vi sia venuto in mente suona meno “U2” rispetto a questi Dreamers of The Ghetto. Attenzione, qui non trovate gli U2 delle braccia aperte e dei cori, qui trovate gli U2 più tenebrosi e del Bono più riflessivo. Il leader Luke Jones fa tanta scena ma ci mette anche del suo grazie ad una voce bella sinuosa. Manca ancora qualcosa a livello compositivo ma sono sulla buona strada. (z.) Voto: 6,5

Fairewell – Poor, Poor Grendel: non ricordo assolutamente dell’esistenza di un gruppo chiamato The Rollercoaster Project… mea culpa, ma a quanto pare il leader del progetto era Johnny White. Lo stesso Johnny White che oggi debutta a nome Fairewell con l’album “Poor, Poor Grendel”. Synth-dreampop con tanto ancora da dimostrare anche se in alcuni passaggi (“Other Of Us”, “Honey Street”) dimostra già di aver assimilato la sensibilità pop degli M83. Ed è proprio ai fan di Anthony Gonzalez che questo “Poor, Poor Grendel” potrebbe regalare parecchie soddisfazioni. (z.) Voto: 6,5

Nightwish – Imaginaerum : una bella rivincita dopo il mezzo disastro di “Dark Passion Play” (z.) Voto: 6,5

T-Pain – rEVOLVEr Voto: 4- (z.)
Fedez – Il Mio Primo Disco da Venduto Voto: 5 (z.)
Rebecca Ferguson – Heaven Voto: 6,5 (z.)
Olly Murs – In Case You Didn’t Know Voto: 4+ (z.)
Mina – Piccolino Voto: 6 (z.)
Marracash – King Del Rap Voto: 6,5 (z.)
Chevelle – Hats Off to the Bull Voto: 6 (z.)
The Moth & the Mirror – Honestly, This World Voto: 6,5 (z.)
Rome – Die Æsthetik der Herrschaftsfreiheit (z.) Voto: 7-

——————–
MIGLIORI ALBUM INTERNAZIONALI 2011
MIGLIORI ALBUM ITALIANI 2011

Recensioni musicali