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Rocco Hunt a Blogo: “Signor Hunt? Faccio denuncia sociale ma con spensieratezza”

“Sanremo? Mi presenterò solo quando avrò un brano forte”: parla Rocco Hunt, il 23 ottobre uscirà il suo nuovo album.

pubblicato 20 Ottobre 2015 aggiornato 29 Agosto 2020 01:08

Uscirà venerdì 23 ottobre il terzo album in studio di Rocco Hunt: si intitola Signor Hunt, contiene sedici brani e numerose collaborazioni importanti (Clementino, J-Ax, Gue’ Pequeno, Neffa, Mario Biondi, Enzo Avitabile e Chiara). “Non manca nulla, mi sento appagato a pieno – dice il giovane rapper a Blogo – E’ un album che raccoglie molte sfaccettature della mia persona e del mio modo di fare musica. E queste sono rappresentate nella copertina dell’album: c’è il Rocco romantico, il Rocco che pensa al futuro… tutte le varie facce unite dal mio modo di fare musica”.

Il titolo, Signor Hunt, ha due chiavi di lettura…

“Il titolo ha due interpretazioni. Può essere letto come Signor Hunt, la chiave di lettura più basilare e scontata. Oppure Sì ‘Gnurant, in dialetto. E’ un titolo ironico che vuole giocare sull’italiano medio. Quando una persona si sente arrivata o imborghesita, deve pensare che dentro rimane un ignurant”.

La title track nasce da una collaborazione con Maccio Capatonda. 

“Sono andato al cinema a vedere il suo film, L’italiano medio. E mi sono ispirato proprio a quello per Signor Hunt, è uno spaccato reale dell’italiano. Mi sono sentito ispirato: ho iniziato a scrivere il testo, l’ho registrato e proposto a Maccio. Gli è piaciuto subito”.

La denuncia sociale è ricorrente nei tuoi brani.

“L’attualità è una delle priorità della mia musica. Il rap nasce dal disagio, lo racconta. Le mie ‘denunce’ non sono mai distruttive, ma costruttiva e basate sulla positività. Insomma, è una denuncia che si fa ascoltare, è orecchiabile. Non è un rap che ti urla in faccia i problemi con cattiveria”.

Il sorriso e la spensieratezza sono fra le tue caratteristiche principali.

“Già siamo pieni di problemi, non posso permettermi di essere pesante pure io”.

Quali sono gli altri temi trattati in questo album?

“C’è un brano, Eco del mare, che parla di immigrazione: parla di persone che lasciano la propria terra, lasciano la guerra e la distruzione, per andare in un altro posto dove cercano la propria felicità. E’ un tema di grande attualità, gli esponenti politici voglio addirittura l’intervento delle ruspe. Io voglio ricordare che siamo stati i primi ad esportare la criminalità nel mondo, non possiamo dire agli altri di starnese a casa propria”.

In Nu Juorno Buono cantavi: “Il mio accento si deve sentire”. Si sentirà anche in questo album?

“Gli album precedenti erano composti da metà canzoni in dialetto e metà in italiano. La differenza di questo album sta nel booklet, nel libricino allegato al disco, dove sono contenuti i testi tradotti. E’ un passo per far capire qualcosa in più anche a chi non capisco il mio dialetto. Ma voglio precisare che Signor Hunt è un album che si può ascoltare e capire in tutta Italia (ride, ndr)”.

Il dialetto è limitante?

“Il dialetto è un’arma a doppio taglio: da un lato ti limita, dall’altro ti dà ancora più spessore e credibilità per chi lo capisce. Mai esagerare con il dialetto ma mai abbandonarlo”.

L’album è ricco di collaborazioni sia con artisti provenienti dal mondo hip-hop che artisti che potrebbero averci poco a che fare.

“Chiara e Mario Biondi sono gli artisti più distanti dal mondo del rap. Il pezzo con Mario Biondi è puramente rap, lui ha fatto il Barry White italiano. I rapper americani campionano i brani con i cantanti jazz e provenienti dalla musica black. Noi in Italia non l’abbiamo mai fatto, perché? Perché non abbiamo mai ‘approfittato’ di talenti come Mario Biondi che potremmo definire ‘nero a metà’?”.

E il brano con Chiara?

“E’ venuto fuori un pezzo soul, la sua voce introspettiva si è prestata alla grande per un pezzo che parla di donne”.

Queste collaborazioni aiutano a rendere il rap più pop?

“Io sono uno dei pochi rapper che scrive i ritornelli, non ho bisogno di cantanti pop per poppizzare i miei brani, lo sono già. I miei brani sono canticchiabili, potrei anche fare a meno dei featuring. Io cerco di collaborare per stare bene, per crescere e capire come lavorano altri professionisti”.

Hai parlato di “saturazione del rap”. A cosa ti riferivi?

“(ride, ndr) Sono stato frainteso. Io sono felice che il rap sia arrivato ovunque. Ma, in mezzo a tutto questo ambaradan, rischiamo di non capire quali sono i veri rapper e rischiamo di far confusione fra rap e pop. Insomma, c’è il rischio di far saturare il genere. Non è un attacco ma una semplice riflessione”.

Hai un brano pronto da presentare a Sanremo?

“Attualmente siamo impegnatissimo con l’album, stiamo pensando solo a quello. Il palco di Sanremo mi ha regalato tante emozioni. Mi presenterò quando avrò un pezzo forte”.

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