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Richie Havens, muore a 72 anni l’autore di Freedom

Lo storico folksinger americano, che aprì Woodstock nel 1969, era malato da tempo.

23 Aprile 2013 18:33

Richie Havens, storico folksinger americano, è morto il 22 aprile all’età di 72 anni a causa di un attacco cardiaco nella sua casa di Jersey City, in New Jersey. Già da tempo aveva problemi di salute e nell’ultimo anno era stato costretto a sospendere i concerti cui ancora si dedicava, fino al ritiro definitivo.

Gli appassionati di musica ricordano la sua storica performance al festival di Woodstock nel 1969: a Richie Havens fu affidato il compito di inaugurare con il primo live della giornata la tre giorni di concerti, in sostituzione alla band degli Sweetwater che era rimasta bloccata nel traffico. Uno degli organizzatori di Woodstock, Michael Lang, andò da Havens a chiedergli in ginocchio di fare lui l’opening act:

“It had to be Richie – I knew he could handle it”

Havens salì sul palco e aprì il concerto cantando una mezza dozzina delle due canzoni, in modo da scaldare e al tempo stesso tranquillizzare la folla per il cospicuo ritardo del concerto. In una dichiarazione rilasciata a Rolling Stone per il ventennale di Woodstock, Richie Havens raccontò che il fatto di dover aprire il concerto lo sconvolse non poco, pensando di dover sedare a suon di canzoni una folla carburata a gradi di birra e temperatura.

I thought, “Oh, God, they’re going to kill me. I’m not going out there first. What, are you crazy?” It was about 2:30 or 3:00 on Friday afternoon, and the concert was already almost three hours late. […] I thought, “Jeez, they’re gonna throw beer cans at me because the concert’s late.”

Rimasto quasi senza materiale da proporre al pubblico, il folksinger guardò i presenti, cominciò a suonare un ritmo sostenuto alla chitarra e iniziò a mormorare nel microfono la parola “freedom”, libertà, innestandola su un gospel classico che era solito ascoltare in chiesa da bambino, Sometimes I feel like a motherless child.

“I think the word ‘freedom’ came out of my mouth because I saw it in front of me, I saw the freedom that we were looking for. And every person was sharing it, and so that word came out.

Il percussionista e il secondo chitarrista fecero il resto, seguendo la voce ipnotica di Havens e il suo inneggiare alla libertà che vedeva nelle persone del pubblico davanti a lui: ne venne fuori una jam session che coinvolse il pubblico presente in un canto mistico, lunghissimo, da gospel ritmato, cui nessuno poteva resistere.

Dopo l’exploit a Woodstock, la carriera di Havens proseguì arrivando persino in Top 20 con una cover di Here comes the sun dei Beatles; si diede anche alla recitazione, partecipando a un paio di film tra i quali Greased Lighting di Richard Pryor sul finire degli anni Settanta, e mantenne viva la sua passione politica scrivendo canzoni che esprimessero le sue convizioni e idee comeShalom, salaam aleichum,in risposta alla visita del presidente egiziano Sadat a Gerusalemme. Lavorò anche come creatore di jingle pubblicitari e la sua cover della canzone dei Beatles fu utilizzata persino da McDonald’s in uno spot.

Le nuove generazioni lo hanno conosciuto dopo la collaborazione coi Groove Armada per il pezzo Hands of time, apparso nella colonna sonora del film Collateral con Tom Cruise, e per la ripresa del suo pezzo più famoso, Freedom, fatta da Quentin Tarantino nel suo recente Django Unchained.

La famiglia di Richie Havens ha chiesto di essere lasciata tranquilla in questi giorni di lutto ma ha promesso di organizzare a breve un memorial pubblico per omaggiare a dovere la figura dell’artista, precursore di molti folksinger moderni e di tante canzoni di protesta.

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