Home Eurovision Song Contest Dario “Dardust” Faini a Blogo: “La vittoria di Mahmood, l’Eurovision e le polemiche su Sanremo”

Dario “Dardust” Faini a Blogo: “La vittoria di Mahmood, l’Eurovision e le polemiche su Sanremo”

Dario Faini ha scritto con Mahmood Soldi, la canzone vincitrice di Sanremo 2019: intervista.

pubblicato 16 Febbraio 2019 aggiornato 22 Marzo 2022 13:14

La vittoria sanremese di Soldi è anche un po’ la vittoria di Dario Faini. “E’ la vittoria di un team. Riguarda Mahmood, me, Charlie Charles e tutto il team Universal”, precisa lui con umiltà. Chi è Dario Faini, conosciuto anche come Dardust? E’ il nuovo re mida della musica pop italiana. Quando tocca qualcosa lui, diventa subito una hit: come è successo con Magnifico di Fedez e Michielin, con Io Ti aspetto di Mengoni, con Occhi Profondi di Emma, con Luca lo stesso di Carboni, con Riccione dei Thegiornalisti, con Se piovesse il tuo nome di Elisa (e Calcutta), e ancora e ancora. A Sanremo c’è stato spesso come autore: ha firmato La tua bellezzaper Francesco Renga, Scintille per Annalisa, Ti porto a cena con me per Giusy Ferreri, Il cielo è vuoto per Cristiano De Andrè, Noi siamo infinito per Alessio Bernabei. Quest’anno ha “accompagnato” (anche come direttore d’orchestra) Mahmood per l’appunto e gli Ex-Otago.

Dario, com’è nata la collaborazione con Mahmood?

“Avevo visto Ale ai tempi di X Factor, quando era entrato e uscito nella stessa puntata. Ero un semplice telespettatore e mi dissi: ‘Questo diventerà un grande’. E invece uscì subito: ‘Forse non c’ho capito nulla allora’. Da lì in poi ho provato spesso a scrivergli su Facebook, ma i miei messaggi non gli arrivavano mai. Lo ritrovai poi a Sanremo, nel 2016. Nel frattempo io sono cresciuto come autore e produttore, lui è entrato nel team Universal e ci siamo incontrati per scrivere. Sono nate Nero Bali per Michele Bravi ed Elodie e Rivoluzione per Marco Mengoni”.

E poi?

“Con tutta la sua umiltà un giorno viene da me a chiedermi se mi andasse di scrivere una cosa per lui. Così, quest’estate, abbiamo scritto Soldi nella maniera più rilassata e senza pressioni di alcun genere. Non è nata con l’intenzione di portarla a Sanremo. Questa spontaneità spudorata nella scrittura credo sia arrivata al pubblico”.

Avete subito percepito la forza di questo brano che ora è in testa a tutte le classifiche (non solo quelle italiane)?

“Avevamo l’idea che fosse molto particolare, che non avesse le caratteristiche della hit canonica. Ma è proprio per quello che ha fatto la differenza, perché ha alzato l’asticella della forma pop. La fortuna è stata proprio quella di lasciare così il brano, senza stravolgere la forma per portarlo nella canonicità”.

Charlie Charles che tocco ha dato?

“Il canovaccio dell’arrangiamento – il clap, il drop, … – è nato con me e Alessandro in studio, Charlie è intervenuto in una seconda fase ma è stato fondamentale. Lui ha lavorato per dare più impatto alla ritmica, dando al brano un mix e una sonorità che l’ha reso più fresco”.

L’idea dell’applauso, invece, è tua.

“Me la porto dietro dal mondo di Dardust. C’è un altro brano, che si chiama The never ending road, dove si ritrova questo clap. Ovviamente quando l’abbiamo scritta non avevamo pensato al contributo da parte dell’orchestra. Piano piano, durante le prove, si è deciso di farlo fare ai musicisti: questa scelta l’ha reso iconico”.

Mahmood ha detto che l’idea dell’applauso all’inizio era più trash. In che senso?

“Inizialmente sì, ci sembrava un po’ kitch o cheap. Poi però, abbinata al beat elettro e molto strong, ha preso una potenza incredibile”.

Si parla di kitch: questa parola viene sempre associata, forse erroneamente, all’Eurovision. Ci porterete alla vittoria?

“Non ci sto minimamente pensando, così come non avrei mai pensato che questo brano potesse vincere Sanremo. Non ho ancora i termini per capire se possa farcela a livello internazionale. Anche se, questo senza dubbio, il brano ha il carattere da hit internazionale”.

Sul palco di Tel Aviv ascolteremo la stessa versione sanremese o cambierà qualcosa?

“Non ne ho la più pallida idea, bisogna ancora confrontarsi su questo”.

Mauro Pagani, a capo della giuria d’onore del Festival, ha detto: “L’arrangiamento era di gran lunga il più moderno e attuale tra quelli in gara, avrei voluto scriverlo io. Una piccola meraviglia, davanti a cui bisognerebbe avere l’intelligenza di fare i complimenti e basta”. E’ così moderna Soldi?

“Credo sia un brano molto contemporaneo e moderno, sia a livello di sonorità, sia a livello di struttura. Poi è pieno di contrasti: c’è la parte orchestrale, ma anche il beat. È un brano pieno di sfumature che rispecchia alla perfezione quello che accade oggi anche sul lato musicale”.

A Sanremo hai seguito anche gli Ex-Otago, avendo scritto Solo una canzone. Si meritavano posizioni in classifica o attenzioni maggiori?

“Sono andati a Sanremo osando a modo loro, non hanno portato un brano che rispecchiasse il mood up-tempo che li aveva caratterizzati. Hanno voluto portare una ballata importante e solida: il brano sta avendo ottimi riconoscimenti e, alla lunga, resterà tra le più belle canzoni di questo Festival. Ne sono certo”.

Invece delle polemiche sanremesi cosa dici?

“Credo siano abbastanza superflue. Chi partecipa al Festival conosce il regolamento, non lo metterei in discussione. Credo che Ultimo abbia già calmato le acque e abbia già capito. Sicuramente era un po’ spinto dalla delusione”.

C’è anche chi sostiene che la vittoria di Mahmood sia politica. Ti viene da ridere?

“Siamo talmente contenti per la vittoria che queste cose, a questo livello, non ci stanno sfiorando minimamente. Anzi, per rispondere a tutte le polemiche, vorrei dire che la vittoria di Ale è un segnale di come sta cambiando la musica e la forma pop in Italia. Dovremmo esserne tutti fieri”.

Come ti sei sentito nei panni di Vessicchio come direttore d’orchestra?

“Mi sono sentito gratificato. Prima di affrontare le prove, le prime volte, ero molto spaventato: non è proprio una passeggiata dirigere i musicisti dell’orchestra di Sanremo. Mi sono preparato tanto e ho studiato tanto per essere credibile di fronte a tanti maestri. Alla fine è stata un’esperienza formativa, anche se non credo di rifarla in futuro”.

Come mai?

“L’ho fatta solo per mettere una cosa in più nel mio bagaglio, ma non so se andrò a rifarla in futuro”.

Saturnino ha scritto: “Comunque volevo segnalare a tutti i giornalisti che un direttore d’orchestra a #Sanremo2019 ha su #Spotify molti più ascoltatori della metà degli artisti in gara. Questa per me è una notizia”. Si riferiva proprio a Dardust. Ma a Sanremo parteciperesti in prima persona?

“Con una featuring vocale non lo escludo assolutamente, anzi…”.

Il progetto Dardust, intanto, prosegue a gonfie vele.

“Proprio in questi giorni stiamo firmando un deal a livello internazionale. Stiamo costruendo tutto il team che lavorerà alla parte visual e dei contenuti, anche perché il terzo disco – l’ultimo della trilogia – è praticamente finito. Stiamo aspettando gli ultimi dettagli per mettere in moto questa astronave”.

E sul futuro come autore e produttore cosa ci puoi dire?

“Quando si lavora dietro le quinte con altri artisti si devono rispettare dei tempi, è giusto che siano loro a fare gli annunci quando lo ritengono più giusto. Però ci sono delle belle ‘mine’ in arrivo”.

Oggi ti stai concentrando più sul lato “produttore” o sul fronte “autore”? Come distingui le due cose?

“La parte da producer non è principale per me: Dardust diventa producer solo quando c’è un brano che a me piace particolarmente e il cui provino è già forte e chiaro. Quando scrivo un brano con un provino solo accennato, preferisco che intervengano i miei colleghi”.

Quando hai percepito che la tua carriera era cambiata?

“Forse Riccione è stata un po’ la chiave di volta. Per la prima volta un artista mi ha dato la sua fiducia. Tommaso Paradiso è stato il primo a darmi fiducia totale come produttore. Riccione ha segnato un cambiamento nella carriera dei Thegiornalisti perché li ha portati a un livello successivo, ma ha anche segnato un cambiamento nella mia vita perché sono stato sdoganato come produttore”.

A proposito dei Thegiornalisti. Ce lo chiediamo tutti: ma la musica indie esiste (ancora)?

“Non esiste. La musica indie è il nuovo pop. E Mahmood rispecchia proprio questo crossover tra indie, trap e pop, che mai come adesso si stanno incontrando. Sono tre mondi che si stanno contaminando e alimentando vicendevolmente e stanno andando tutti verso un territorio comune”.

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