Home Notizie Brunori Sas, Cip! è il nuovo album: le dichiarazioni durante l’incontro “Parla con Dario” (video)

Brunori Sas, Cip! è il nuovo album: le dichiarazioni durante l’incontro “Parla con Dario” (video)

Le dichiarazioni di Brunori Sas nell’incontro “Parla con Dario”

pubblicato 10 Gennaio 2020 aggiornato 27 Agosto 2020 10:15

Brunori Sas ha pubblicato oggi, 10 gennaio 2020, il suo nuovo disco, Cip!.

Un disco prodotto dallo stesso Dario con Taketo Gohara per Picicca, registrato tra la Calabria e la Milano. È un album dalla poetica potente che si impone con un linguaggio nuovo, profondo, che colpisce ed emoziona dal primo ascolto. Il centro è uno: nelle undici tracce di Cip! Dario ha voluto scrivere “dell’Uomo, e non degli uomini”. Un lavoro che non vuole eliminare le opposizioni intrinseche nella natura umana, nella vita stessa, ma che piuttosto vuole sfumare i confini tra il bello e il brutto, come uno specchio riflesso in cui si ha bisogno del negativo per abbracciare meglio il positivo.

Nella mattinata, il cantautore ha incontrato pubblico e stampa, per il primo incontro “Parla con Dario”. Qui sotto tutti gli appuntamento prossimi in programma.

Ed ecco le dichiarazioni, con risposte date alla stampa e ai fan presenti. La scelta è chiara fin da subito:

“Ho voluto creare questo tipo di incontro perché di solito erano mediati. Volevo incontrare voi, mi piace vedere le facce delle persone”

L’emozione che ti ispira di più e quale ti imbarazza di più raccontare e perché?

Sicuramente la paura di cui ho parlato nell’altro album era qualcosa che ha a che fare con le mie paure personali, la difficoltà del cambiamento, la paura della fine delle cose alle quali uno si lega. Il disco è uscito tre anni fa, in un clima di paura. In quell’album citavo che la paura e l’amore sono i due motori che animano il mondo. In questo disco ho voluto parlare di amore, anche quello di coppia. Mi sono un po’ imbarazzato a volte, mi sono sentito quasi un personaggio da libro new age, il qualcosa che invece di separare le cose le tiene in piedi, anche nella sua difficoltà. Il tempo che vivo mi costringe ad andare più veloce. Abbiamo sempre sognato la macchina del tempo, forse, invece, abbiamo creato il tempo della macchina. Probabilmente lo stiamo trasferendo anche nel rapporto che abbiamo con gli altri. E’ un disco che si interroga sull’etica, sui valori di oggi, un tentativo di resistere alla obsolescenza programmata dei sentimenti, raccontare la bellezza di tenere in piedi le cose e farsi vanto anche delle cose che rendono le rughe. Essendo di natura anche pragmatica, vivo e abito ancora oggi in una terra di grandi slanci, la Calabria

Poi continua:

Questo è un disco che ha a che fare con il mio tentativo di recuperare il fanciullino. Sento che è la cosa che dobbiamo fare. Recuperare un certo tipo di spiritualità. Non mi scaglio contro un punto di vista politico, quello che possiamo fare noi è bilanciare un estremo. Io sentivo che l’equilibrio migliore dovesse andare in una direzione poetica. Scrivere anche delle cose che, anche un tempo, magari, mi sarei risparmiato. Non ho voluto cadere nella disillusione. Anzi, è proprio quello il mio scopo, recuperare l’incanto.

Nelle tracce ritorna spesso la parola “Mondo”:

Quando abbiamo stilato la scaletta finale ci siamo accorti che c’era spesso la parola “MONDO” ma alla fine ho pensato che era giusto ci fosse una parola chiave. Uno degli stimoli che ho avuto è la scoperta della sindrome della veduta d’insieme. Una sindrome che viene riscontrata negli astronauti, una visione del mondo dallo spazio. Relazione tra bene e male, l’essere una creatura a tempo determinato. La parola “mondo” come qualcosa di visto da lontano, legato alla difficoltà nell’essere buoni e di non sentirsi fessi. Noi dobbiamo in qualche modo cercare di capire il nostro ruolo.

Sulla lavorazione dell’album:

La casa degli artisti mi ha ospitato negli ultimi mesi di lavorazione dell’album. Ho buttato nel disco la necessità di trovare una forma di accettazione. Non perdere troppo tempo su ciò che è così. Hai una possibilità di cambiare? Attendi. Oppure puoi soffrire costantemente perché le cose non vanno come vuoi tu. Una serie di elementi che hanno a che fare con la spiritualità di cui accennavo prima. Importante la vicenda umana ma anche senza perdere di vista quello che c’è intorno. Questo disco è il quinto album, è come se fosse, però, il primo Bis. Cerca di recuperare l’ingenuità che avevo nella scrittura di quei brani. I dischi sono una reazione, l’unica azione che volevo inserire era di non perdere quello sguardo, del fanciullino. E’ un atto di maturità e saggezza. Non so se sono stato capito, il riscontro che mi danno le persone mi fanno capire che si è creata una sintonia con chi mi ascolta. Cerco di ritrarmi quando penso di essere un cantautore. Ho cercato di trattare le tematiche con un piglio da Accademico che non mi appartiene ma, casomai, con il guizzo del poeta. La scrittura è tuffarsi dentro gli abissi personali e cercare di illuminare con una torcia gli animali che lo abitano che possono essere meravigliosi o mostruosi. Il primo album rimane, per me, un disco di necessità e urgenza. Anche questo, ho cercato di portare qui, in questo lavoro.

Dal primo disco ad oggi, è arrivato sempre maggiore il successo:

Sono felice che ci sia stato un percorso. Tutto sta arrivando nel momento giusto. Sono contento che questo tipo di percorso mi abbia permesso di allargare il pubblico ma con i modi miei. Non ho mai inseguito un obiettivo di notorietà ma c’era in me il bisogno di comunicare. L’idea era di continuare a fare quello che era importante per me. Le canzoni sono dei promemoria. L’ho fatto nei tempi miei, con il mio tempo. Non c’è una grande differenza tra Dario e Brunori Sas. Il rapporto con chi mi segue è tranquillo, sono contento e soddisfatto ma non vivo col patema d’anima di perderlo. Devo stare attento, è un lavoro che ha a che fare con ego e con il guardarsi allo specchio: una forma di stimolo continuo a continuare a guardare il mondo.

Sul tema della Sardine, dichiara:

Sono molto felice che ci siano queste forme di aggregazione, al di là delle questioni politiche. Abbiamo finalmente un contro movimento che ha a che fare con i giovani, con la passione. Mi riservo però di capire che riflessi possa avere e di come portare avanti questo tipo di visione. Sono in osservazione.

Infine, interrogato sui talent show, spiega:

Penso che il talent serva per un certo tipo di percorso. Ho sempre detto che il pericolo insito in questo tipo di format è che una persona che ha delle peculiarità non da artista pop possa essere indotto a pensare che questa cosa sia sbagliata. Per un certo tipo di caratteristiche potrebbero essere qualcosa che aiuta. Ed è da capire anche l’impatto psicologico che questa cosa può avere sulla persona: dal toccare le stelle in un giorno per poi una situazione che può cambiare improvvisamente. Ma anche il voler essere noto non deve essere uno stigma per qualcuno. La gavetta è importante quando ti rende preparato a una cosa che è il potersi sentire in ridicolo o mettersi di fronte a qualcuno. Il pubblico ha amore per chi non ha paura di mettersi in ridicolo.

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