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Modà, Gioia – Recensione

Le boyband, in Italia, non riescono a sfondare. Automaticamente, sembra quasi che un nuovo gruppo di ragazzi non possa essere preso sul serio. Nemmeno le più giovani si appassionano particolarmente. Del resto, ci sono già i One Direction. E’ sempre alto il rischio dello scimmiottamento.

19 Marzo 2013 13:48

Forse è questo il motivo per il quale non esistono? Tra i gruppi italiani, tutti al maschile, amatissimi dalle ragazzine, il nome sicuramente più importante è quello dei Modà. Che sono una band, ma non è composta da boys. O almeno non così giovani. Eppure, nonostante questo, riescono ad ottenere quel successo popolare, quelle vendite che – per altri- sembrano sogni nel cassetto. Non sono esplosi col primo album, loro. E’ giusto ricordarlo. Hanno fatto la loro gavetta, hanno iniziato ad avere il primo successo anni fa con “Quello che non ti ho detto (Scusami)”. Poi, altri singoli ben accolti, il loro nome che inizia a circolare nelle radio e tra i giovani. A coronare il tutto, le due partecipazioni a Sanremo: la prima in duetto con Emma (“Arriverà”), l’ultima quest’anno, da soli, che ha permesso al gruppo essere tra i tre finalisti. Non male no?

Ed ecco il loro ultimo album, Gioia, boom di vendite nelle classiche italiane. Il successo è confermato ancora una volta. I Modà sono ancora amatissimi come dimostra l’affetto del pubblico e i dati d’acquisto. Dopo il salto, la recensione del loro disco.

Gioia è il nome della sua bambina, nata da poco, nonché titolo del disco e brano d’apertura. Legittimo voler dedicare progetto e canzone alla figlia. Ma se vi aspettate una sorta di aperta ninna nanna, siete fuori strada. Qui, la gioia è la sensazione di benessere dopo salite faticose (“Eppure è Gioia, se penso che son vivo anche in mezzo al casino, Eppure è Gioia, se penso che da ieri che io sono ancora in piedi”). Quando arrivano i suoi occhi è la prima vera canzone d’amore, dallo stupore e sensazioni adolescenziali e diretta probabilmente proprio a quel pubblico (“Quando arrivano i suoi occhi, con lei arrivano le stelle, E non desideri di più che starmene a guardarli”)

Bellissimo è la terza traccia e si canta ancora d’amore. Un amore a rischio capolinea e la voglia di poter correre comunque dalla propria amata e chiederle di ascoltare (“Bellissimo ascoltar le sue parole, consapevole che tagliano, Poi ritrovarsi in un suo abbraccio e stringerla più forte al petto”). Continua il trend del superlativo assoluto di ‘bellissimo’ nel ritornello di Dove è sempre sole, altro pezzo sentimentale (“Sei un respiro bellissimo, sei un fiore che non ha un solo colore, Tu sei un pensiero bellissimo che mai si perderà”). Se immaginate un brano zuccheroso e infarcito anche di “tu.ru.tu.tu.ru.tu.tu” è esattamente quello.

Come in un film è invece la speranza di un ritorno, di un cambiamento proprio come nelle inverosimili pellicole cinematografiche tra appelli disperati (“Cercami anche se sei di un altro, cercami”) e illusioni (“Tornerai come in un film, piangerai o no mi odierai”). Sesta traccia “Non è mai abbastanza“. Lei, per lui. Una dichiarazione totale con il proprio amore al centro di tutto (“Non esiste il mondo perché per prima prima esisti tu”). Dimmelo è un appello sofferto, una supplica per poter sfuggire dal dolore di un sentimento concluso, quasi melodrammatico (“Dimmelo, Dimmelo, Dimmi, Dimmelo, Dimmelo dove posso andare adesso, Dimmelo, Dimmelo, Dimmi, Dimmelo, Dimmelo per dimenticare ci sarà un posto”). Si canta poi la Paura di volare che viene guarita proprio grazie alla propria metà (“Più mi stai vicino e più mi accorgo che io non ho paura di volare, e di affondare, e di non riuscire mai nella cose”).

Come l’acqua dentro il mare è il primo pezzo presentato a Sanremo e scartato. Una sorta di guida scritta e dedicata alla figlia, ninna nanna e consigli su quello che la vita presenterà nel corso degli anni (“Ricorda che l’amore a volte può far male ma del mio tu non ti devi preoccupare, perché non può finire, come l’acqua dentro il mare”). La sua bellezza è -ancora una volta- sul fascino dell’altra persona, ma a senso unico, con il tentativo di non cadere in ballad e puntare ad un ritmo più aggressivo (“Io sono un folle testardo innamorato di te ma consapevole che mia non puoi essere”). Se si potesse non morire è la penultima traccia, finalista a Sanremo 2013, e coerente al filo logico del tema di tutte le altre canzoni che abbiamo ascoltato fino ad ora, ma in chiave utopica (se si potesse non morire, se gli animali ci potessero parlare, se i baci si potessero mangiare e via dicendo). Ultimo pezzo, A Laura è un ringraziamento in musica alla compagna che l’ha reso padre da poco e sostenuto in tutto il suo percorso, nel corso degli anni. Personale, con un pianoforte che accompagna l’inno d’amore

Gioia è un album che sprizza amore -in forma di dichiarazioni, sofferenze, appelli, speranze, illusioni e preghiere- in ogni pezzo. E’ il ritratto di sensazioni ed emozioni che saranno molto note ai più giovani, che spesso ameranno ascoltare questo disco tra momenti di romanticismo e di dolore al termine della propria storia. Non sarà probabilmente quella eterna ma è giusto viverla tale, non abbiamo fatto tutti così? Allo stesso tempo, però, a livello di testi c’è davvero poco di originale, di sorprendente, di inaspettato o che non sia già sentito. Se per molti giovani, questo album è ricco di emozioni, oltre una certa soglia di età e di gusto, diventa fuori tempo massimo. E mostra tutti i suoi limiti.

Voto: 4,5

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