Home Interviste Fiordaliso a Blogo: “Dico basta a nuovi progetti musicali, è dura far sentire le proprie canzoni”

Fiordaliso a Blogo: “Dico basta a nuovi progetti musicali, è dura far sentire le proprie canzoni”

La (comple)Intervista a Fiordaliso – Il bilancio di una carriera.

pubblicato 19 Febbraio 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 09:09

Debutta oggi, su Soundsblog, quella che chiameremo (comple)Intervista: una chiacchierata per festeggiare il personaggio di turno nel giorno del suo compleanno. E il 19 febbraio di qualche anno fa è nata un’artista a tutto tondo, che si è sempre contaddistinta per sincerità e schiettezza: Marina, nota a tutti come Fiordaliso.

Possiamo fare un bilancio di questa lunga carriera?

“Non amo fare bilanci, penso sempre che ci possa essere un futuro pieno di sorprese. Faccio questo lavoro da quando ho 12 anni, fa parte di me ed è stata una mia conquista. Non saprei fare altro. Finora, però, è stata una carriera piena di insofferenze e grandi gioie. Ma è la vita che è così”.

Tutto è iniziato con Castrocaro, quindi la collaborazione con Zucchero e il debutto a Sanremo. Erano gli inizi degli anni Ottanta. Che esordi sono stati?

“Increduli. Nel senso che non ci credevo. E’ stato tutto un bellissimo regalo della vita, come vincere alla Lotteria. In quel periodo c’erano tanti miei colleghi che avevano cominciato con me ma che oggi magari fanno altri lavori. La bravura è stata importante, ma la signora fortuna fondamentale”.

I rapporti con Zucchero, oggi, sono intatti? Ha scritto tanto per te…

“Eravamo molto amici, poi le strade – come succede nella vita – si sono divise in maniera naturale. Senza litigi o incomprensioni. Lui ha preso una strada, io ne ho presa un’altra. Non ci vediamo da tanti anni, ma son sicura che se ci dovessimo incontrare ci abbracceremmo”.

Oramai, nel 1983, vince il Premio della Critica al Festival di Sanremo. Subito dopo, Gianni Morandi ti chiamò in tour con lui.

“Mi guardavano con curiosità. Ero una ragazzina, l’unica a cantare da vivo in quel Festival di Sanremo. Questo creò stupore”.

L’anno successivo l’exploit con Non voglio mica la luna. Sei milioni di copie vendute nel mondo.

“In quel periodo ho lavorato talmente tanto, ho fatto concerti in giro per il mondo, ho vissuto talmente tante emozioni che davvero non mi ricordo niente. Ero in un frullatore. E’ duro da dirsi, ma ho ricordi sfocati. Non me la sono neppure goduta fino in fondo. Tornassi indietro, cercherei sicuramente di vivermela in una maniera diversa”.

Tanti cantanti finiscono per rinnegare il proprio tormentone più famoso. Successo anche a te?

“E’ una verità. Ognuno di noi vorrebbe essere ricordato anche per altre canzoni, che lui magari ritiene anche più belle, ma ha il suo marchio di fabbrica. Ce lo teniamo e ciaone”.

Nel 1986 torni a Sanremo con Fatti miei. Hai sempre detto che questa canzone andrebbe rivalutata.

“Infatti, comincio a pensare di avere pessimi gusti musicali. E’ la mia canzone che mi piace di più ma è anche quella che è stata accolta meno entusiasticamente dalla gente. Forse era troppo presto per quella canzone caratterizzata da un arrangiamento meraviglioso curato da Peppe Vessicchio. Era molto avanti. Ma io spesso son stata avanti”.

Nel 1987 primo Festival di pausa, dopo quattro Sanremo di fila. E’ vero che avresti dovuto partecipare con Quello che le donne non dicono?

“Questo l’ho saputo poi, qualche anno fa, attraverso un’intervista rilasciata da Ruggeri ad un giornale. Enrico aveva scritto questo pezzo dopo Oramai, pensando di darlo a me. Però il successo di Non voglio mica la luna mi etichettò come una cantante troppo pop e quindi lui pensò che quel brano non fosse più adatto a me. Penso che abbia fatto bene ad affidarlo a Fiorella Mannoia, magari con la mia interpretazione non sarebbe stata così bella”.

Dall’82 al ’91 hai fatto otto Festival, quasi consecutivi e un album dietro l’altro. Ti sei sentita spremuta dalla casa discografica?

“Più che spremuta, mi sono sentita comandata. E non mi andava a genio. Mi obbligavano a fare determinate scelte, da come vestirmi in giù. Io invece sono sempre stata una ribelle e ho un po’ sofferto. Poi per fortuna me ne sono liberata, anche pagandone le conseguenze. Ma preferisco così”.

Quindi abbandoni la casa discografica Emi e seguono undici anni di pausa, perlomeno dal Festival di Sanremo. “Ho toccato il massimo della sofferenza professionale in questi anni. Si soffre per la mancanza di popolarità, si va in depressione”, dichiarasti nel 2001.

“Quando non hai la popolarità, fatichi a lavorare. Noi viviamo, anche economicamente, di questo. E viviamo anche di sensazioni, futili o leggere che siano”.

Pippo Baudo nel 2002 ti permette di tornare a Sanremo con Accidenti a Te. Ma il brano non viene accolto positivamente dalla stampa, forse perché parlava di divorzio in un periodo complicato.

“Anche quella era una canzone avanti, scritta dal grande Bigazzi. Per me è davvero un capolavoro. Io non sono mai stata amata dai giornalisti, anche se non me ne può fregar de meno. Non sono stata amata perché non ho cantato canzoni d’autore. Sono considerata una cantante pop che fa i reality. Beh, i reality si fanno anche perché bisogna mangiare e perché bisogna continuare a sostentere la popolarità per lavorare e far sentire le proprie canzoni. E comunque sono fiera di tutto quello che ho fatto, non rinnego niente. A parte Libellula, quella proprio non mi va a genio”.

Perché?

“Ognuno ha la sua Libellula nella sua vita. E’ una canzone bruttissima (ride, ndr)”.

Oggi hai chiuso con il Festival?

“Ho chiuso, non mi presento nemmeno più. Se Sanremo ti vuole, ti chiama lui. Non penso che questo succederà”.

La “lupa” è il tuo alter-ego, come mai?

“E’ un animale che mi rappresenta, anche se a L’Isola dei Famosi ho fatto la figura di una pecora. Lì non ho sopportato il branco, mi sono annoiata e me ne sono voluta andare. Quell’Isola mi ha spento, non per le fatiche o la fame ma per la noia. Non c’era nulla da fare. E in tutto ciò sono ancora dispiaciuta perché era un’avventura che avrei sempre voluto fare”.

La televisione rappresenta una parentesi importante della tua carriera. Ti sei sempre messa in gioco.

“Sotto questo aspetto mi sento una bambina, voglio sempre imparare e penso ad arricchirmi… non sotto il punto di vista economico eh (ride, ndr). Ogni esperienza nuova serve per diventare un’artista completa. Mi diverto molto. Non mi diverto in sala d’incisione, invece. Lì mi rompo proprio le balle”.

Stai lavorando a qualche nuovo progetto?

“Fare musica è dinventato difficile . Ci sono dei giorni in cui dico ‘basta’, altri in cui dico ‘mah’. Per ora è basta, sono ferma sui progetti musicali. Sicuramente mi piacerebbe tornare a fare teatro, però per ora dico basta ai dischi. Perché? Perché le radio sono una lobby, passano chi decidono loro. Noi degli anni Ottanta siamo out. E se non ci sono le radio che ti aiutano, oggi, è molto difficile far sentire le proprie canzoni. Preferisco fare altre cose”.

Cosa vorresti scrivere sul tuo epitaffio?

“‘E ora finalmente dormirò’… perché sono insonne”.

Interviste