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Carmen Consoli, L’abitudine di tornare: “Ho ancora qualcosa da dire, altrimenti mi sarei ritirata senza drammi”

Carmen Consoli ha presentato alla stampa il suo nuovo disco, L’abitudine di tornare, in uscita domani, 20 gennaio 2015.

di grazias
pubblicato 19 Gennaio 2015 aggiornato 29 Agosto 2020 10:00

A distanza di cinque anni dall’ultimo disco, Elettra, Carmen Consoli presenta un nuovo album dal titolo L’abitudine di tornare. Lanciata da un singolo omonimo, l’ultima fatica della cantantessa catanese uscirà domani, 20 gennaio 2015, e contiene dieci tracce che raccontano il mondo che l’attualità tra crisi economica, stalking, mafia e sbarchi clandestini con uno sguardo disincantato, quasi cupo. Ma la speranza c’è, e non solo nelle ballad romantiche contenute nel disco. L’augurio di Carmen è che i vinti di oggi possano diventare, prima o poi, vincitori e che una nuova primavera possa arrivare per ognuno di loro, nonostante le avversità del presente. Perché gli ostacoli sono duri da superare ma, soprattutto, sono opportunità di cambiare, di migliorare e migliorarsi. È saggia, Carmen. E lo dimostrano i testi delle sue nuove canzoni esattamente quanto le parole che ha riservato ai giornalisti durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi a Milano. Qui trovate tutte le sue dichiarazioni.

Sono passati cinque anni dal tuo ultimo disco, Elettra. In quanto tempo sono nate le dieci canzoni de L’Abitudine di tornare? C’è stata una lunga “gestazione”?

In realtà queste canzoni sono state scritte tra luglio e agosto. A settembre sono entrata in studio a registrare il disco. In questi cinque anni ho vissuto ed è proprio da lì che nascono le canzoni, bisogna vivere per poterle scrivere ed è come se io questi testi e queste melodie le avessi già impresse nell’anima quando mi sono messa a raccogliere le idee per L’abitudine di tornare. In cinque anni ho fatto cose straordinarie tra cui un figlio, mi sono servite tutte da “laboratorio”. Poi l’album è nato di getto.

Ma le dieci tracce de L’abitudine di tornare non sono tutte autobiografiche…

Io quando parlo di “vissuto” parlo anche di esperienze filtrate attraverso una chiave di compassione nel senso di condivisione di gioia e dolori altrui. Negli ultimi cinque anni ho visto un po’ più di tv tra telegiornali e programmi. La vita che conducevo prima non mi permetteva di potermi soffermare così tanto davanti a quella scatoletta magica. Ho anche vissuto di più la mia città, Catania: andavo al mercato tutti i giorni a prendere il pesce dal signor Orazio. Ne L’abitudine di tornare di autobiografico c’è tanto ma c’è anche tanto di filtrato. E ciò che è filtrato, è quasi una cronaca. Mi è piaciuto pensare di essere una cronista che riporta tutto ciò che vede intorno a sé. Ho voluto dare alle mie canzoni un punto di vista un po’ realista, se così si può dire, un occhio esterno anche se il mio parere esce comunque nei testi. Spero, anche con le armonie, di essere riuscita ad esprimere ciò che volevo.

In Ottobre parli di una storia d’amore tra due ragazze, un tema decisamente molto attuale con tutte le polemiche del caso, purtroppo…

C’è molta strada da fare. Credo che l’amore sia amore in tutti i sensi. Le perversioni sono altre. Ottobre parla di una storia omosessuale tra due ragazze d’altri tempi e d’altri tempi perché ambientata nell’Italia degli anni Cinquanta. Non tutti condividono il disagio di chi si deve nascondere e volevo sottolineare il bivio a cui si trovano davanti le persone che vivono l’esperienza di dover fare una scelta: essere se stessi oppure adeguarsi a ciò che vogliano gli altri. Ottobre, in definitiva, parla del coraggio di scegliere. L’Italia non è pronta ma se ne sta parlando tanto perché per fortuna c’è chi ha deciso di lottare. Ancora purtroppo ci sono tante barriere, quella del pregiudizio in primis, non solo sull’amore ma su tante altre cose.

Ti senti “cambiata” rispetto al disco precedente? Eventualmente come si riflette questo cambiamento nella tua nuova musica?

Io penso che, col passare del tempo, inevitabilmente ci si evolva e quindi si cambi anche lo sguardo sulle cose. Spero di aver rivolto uno sguardo più maturo alle cose in questo disco, come spero di farlo ancora di più tra dieci anni. Spero inoltre di non dare giudizi, di non sembrare troppo “giudicante” perché io stessa detesto essere giudicata. È bello far arrivare il tuo cuore agli altri attraverso note subliminali, la musica spiega quale sia davvero il mio pensiero, molto spesso.

All’interno del disco, di brano in brano, dai vita a molti personaggi, tutti tendenzialmente “perdenti”. Come mai?

In realtà non è detto che i vinti di oggi siano i vincitori di domani e viceversa. È tutto aperto, io non sono mai definitiva nelle mie canzoni anche se a volte così sembra. L’ultima canzone del disco dice che la felicità prenderà il sopravvento, questa è la chiave di lettura di tutti i brani per me. I personaggi che amo descrivere di brano in brano fanno un percorso incontrando avversità che spero sappiano trasformare in opportunità. Bisogna riconoscere le avversità per trasformarle. So che suona molto buddista ma io ci credo profondamente. Auguro a tutti i miei personaggi di essere vincitori, un giorno o l’altro.

Gli uomini, poi, non escono molto bene da questo disco…

Mi viene più facile descrivere l’universo femminile, se parlo di un uomo con due vite, riesco a raccontarlo meglio nell’ottica femminile. Se cantassi al maschile sarebbe poco credibile. Ciò non toglie che ci siano anche donne con la doppia vita. In Sintonia Imperfetta quando parla dell’uomo che diventa grigio come il divano, parlo di una condizione ben precisa che non per forza è più frequente in un sesso piuttosto che in un altro. Scusate, ma a questo punto vorrei raccontarvi un aneddoto divertente…

Prego!

Catania è una città piena di contraddizioni: ho un amico cancelliere, un giorno gli capitò questa cosa: un uomo portò in tribunale la moglie denunciandola per percosse. La signora era veramente giunonica, lui mingherlino. Questo signore aveva un occhio nero, una serie di contusioni e così via. Interrogarono la moglie e lei cercò di dimostrare che anche lui le usava violenza. Tirandosi su la maglietta, mostrò un taglio che le aveva fatto il marito, ricucito con i punti. Chi la stava interrogando esclamò: “Signora, lei in questo momento ha più punti del Catania!”. Poi, comunque, il tribunale dette ragione al marito. Io faccio uscire molto male la violenza dalle mie canzoni e quella non ha sesso.

Negli ultimi cinque anni sei anche diventata mamma, di un maschietto, tra l’altro. Ci sono degli errori che temi di fare con lui, cosa ti auguri che possa imparare da te?

Mio figlio è maschio e per me l’universo maschile è meraviglioso. Poi avevo un padre femminista che adorava mia madre e che pensava che le donne potessero fare tutto meglio, e di conseguenza che anche io potessi suonare la chitarra meglio di un uomo. Sono molto grata ai miei quindi farò semplicemente la copiona rispetto a quello che hanno fatto loro con me. Se commetterò errori sarà perché non imiterò abbastanza bene il modo in cui mi hanno cresciuta. Sono una mamma severa il giusto, preferisco i gesti e le parole alle sberle, quelle non le darò mai. Sono felice.

E di questo “universo maschile” fa parte anche Max Gazzè che ha scritto per te la romantica ballata Oceani Deserti. Com’è nata questa collaborazione?

Max Gazzè è un amico da tantissimi anni, da ancora prima che cominciassimo le carriere. ci conoscemmo a Roma in un locale chiamato “Il Locale”. Lui era appena tornato da Londra, io avevo le mie prime canzoni. Max è un altro uomo speciale, un adoratore delle donne. Suo fratello mi ha fatto questo splendido regalo, una canzone. Riguardo alle atmosfere del disco, posso dire che Gianluca Vaccaro abbia portato l’elettronica, il rock (La signora del quinto piano scritta da me era una specie di bossanova, è stato Gianluca a metterci la chitarra elettrica mentre io andavo dicendo “no, non lo voglio fare il rock!”).

Tra violenza, stalking, crisi economica e quant’altro L’abitudine di tornare sembra un disco molto cupo, non trovi?

Ad un primo ascolto può sembrare un disco cupo, ma alla fine auspico una primavera che si spera prima o poi arriverà davvero. Non si può negare che questo momento si presenti quasi senza via d’uscita. Io continuo ad avere la speranza che la primavera tornerà e che non sarà solo una stagione passeggera. Intorno a me ho colto molta negatività. Non credo che il disco abbia questi toni così cupi, poi. Diciamo che oggi alcune cose non possono essere negate: il pil, le imbarcazioni malandate che arrivano quando arrivano tutte intere sulle nostre coste. Anche ne La canzone dei migranti c’è una nota positiva, ovvero il riferimento ai pescatori: loro di comune accordo hanno seguito la legge della propria coscienza rischiando che gli venissero requisite le imbarcazioni (unico loro mezzo di sostentamento) pur di aiutare questi disperati.

E pensi che lo Stato faccia orecchie da mercante davanti a tutta questa disperazione?

Non voglio parlare di politica ma, dal mio punto di vista, la mia terra è sempre stata un po’ abbandonata. In Esercito Silente mi chiedo se il buon dio abbia un piano per redimere Palermo, per redimere questo inferno. E con ciò voglio dire: dobbiamo aspettare che venga dall’esterno un aiuto o noi per primi, attraverso la cultura in primis, possiamo cambiare le cose? Tutto deve cambiare affinché nulla cambi è un trend che vorrei invertire. qualcuno diceva che con un esercito di maestri e professori la Sicilia come l’Italia sarebbe salva. Ovviamente ciò che è stato più attaccato in Italia negli ultimi cinque anni è stata proprio la cultura. Ci sono cose che sono importanti proprio per il nutrimento di una società e che non possono venire meno. Indubbiamente, anche le canzoni hanno risentito di questa carenza culturale, come noi risentiamo di ciò che mangiamo.

E ora una domanda inevitabile: perché ci hai messo così tanto a tornare?

Non ho mai vissuto questo amore per la musica come fosse una profesisone. Mi sono sempre detta: “Se non ho niente da dire, mi ritiro e basta. Che problema c’è?”. Negli ultimi cinque anni non ho sentito l’esigenza di esibirmi o di scrivere qualcosa di nuovo, nemmeno di fare interviste. Preferivo parlare con le persone, ecco, quello sì. Sono stati cinque anni belli a Catania, mi godevo la mia città che per anni non ho potuto a pieno apprezzare, avendo iniziato la mia carriera da appena diciannovenne. La musica è stato un regalo immenso ma altre cose non ho potuto farle, tipo le “minchiate”, come si dice a Catania. In questi cinque anni ho recuperato un po’ di tempo che avrei dedicato alla leggerezza già da molto prima, se solo avessi potuto farlo. Se volevo suonare, suonavo davanti ai miei amici. Tra l’altro ho imparato a suonare il basso e adesso non so se sono più bassista o chitarrista (ride, ndr). Ho fondato questa piccola etichetta a Catania che non è importante ma tenta di tirare fuori talenti, allestisce spettacoli. Non è che bisogna fare per forza grandi cose per essere fighi. Io nelle piccole cose trovo soddisfazione. Oggi,vi dirò, sono tornata perché avevo cose da scrivere. Ma se non mi fossero venute, ora non sarei qui. Non ho tutta questa smania di apparire. Si vede che la mia carriera non era finita, che avevo ancora qualcosa da dire.

Quali dischi hai ascoltato di più nell’ultimo periodo, magari anche mentre lavoravi a L’abitudine di tornare?

Ultimamente ho apprezzato diversi album italiani. Mi è piaciuto molto il disco del trio Fabi Silvestri Gazzè e trovo interessante quello che fa Cesare Cremonini. Bellissimo il disco di Mario Venuti, anche lui ha fatto una cronistoria abbastanza dura del presente. Però Beethoven era sordo e i più grandi capolavori li ha fatti da sordo, quindi questo ci dimostra come ogni impedimento possa essere di giovamento, nonostante le apparenze.

L’abitudine di tornare – Tracklist

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01 L’Abitudine Di Tornare
02 Ottobre
03 Esercito Silente
04 Sintonia Imperfetta
05 La Signora Del Quinto Piano
06 Oceani Deserti
07 E Forse Un Giorno
08 San Valentino
09 La Notte Più Lunga
10 Questa Piccola Magia

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