Home Interviste Pau dei Negrita a Blogo: “Hit Week a Londra, Tokyo e Los Angeles, poi al lavoro sul nuovo album. Non farei come Manuel Agnelli”

Pau dei Negrita a Blogo: “Hit Week a Londra, Tokyo e Los Angeles, poi al lavoro sul nuovo album. Non farei come Manuel Agnelli”

Il tour dell’Hit Week, il nuovo album, la crisi della musica, Manuel Agnelli ed i talent – Intervista a Pau dei Negrita.

pubblicato 4 Ottobre 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 13:17

Hit Week 2016. Torna il più importante Festival al mondo dedicato alla diffusione della musica e della cultura italiana: una manifestazione unica, fuori dai confini nazionali, che promuove la creatività artistica del nostro Paese. Dodici tappe in giro per il mondo (si inizia il 7 ottobre da Montreal, si finisce il 24 ottobre a Los Angeles). I portabandiera di questa edizione saranno Max Gazzè ed i Negrita, quest’ultimi habitué della manifestazione. “Non è solo un motivo per andare a fare concerti: ne abbiamo fatti una quantità industriale negli ultimi cinque anni, potevamo anche riposarci e dedicarci all’album. Invece no. No, perché Hit Week è un appuntamento che sta diventano una consuetudine per noi. E’ la nostra quarta edizione in giro per il mondo: siamo andati in Cina e negli Stati Uniti. Questa volta sarà un vero giro del mondo”, ci racconta Pau, leader e voce della band aretina.

Tre date per voi: Londra (18 ottobre), Tokyo (21 ottobre) e Los Angeles (24 ottobre).

“La data londinese è vicina al sold out, una bella soddisfazione. Poi andremo in Oriente, in una nazione dove nessuno di noi è mai stato: non so cosa ci aspetterà, ce ne renderemo conto solo quando saliremo sul palco. Infine torneremo negli States. Ci siamo limitati a tre date perché saranno la nostra testa di ponte“.

Ovvero?

“Finita la tournée, la band rimarrà negli Stati Uniti per tre settimane: affitteremo dei furgoni e andremo in giro nel SouthWest. Bassa California, Nevada, Arizona, Messico. Andremo in giro per quei luoghi che ancora parlano di sé e si esprimono. Useremo questo viaggio a zonzo per gli States per fare tabula rasa ed aprire un file nuovo di quella che sarà la nostra prossima storia musicale”.

Sarà una storia diversa?

“E’ presto per capire quale risultato avrà questo viaggio. Già da qualche settimana abbiamo cominciato a prendere gli strumenti in mano e fare degli esperimenti. Il sound sarà abbastanza diverso rispetto agli ultimi due album ma è presto per parlarne. Aspettiamo ancora un po’”.

Torniamo all’Hit Week. Una bella occasione per la musica italiana.

“La cultura del mandolino è stata sepolta da decenni. Sono, credo, dieci anni che Hit Week è in voga, sta diventando un appuntamento fondamentale per tutti gli italiani all’estero. Può sembrare un limite, invece credo sia un punto di forza: avere un pezzo di cultura che ti raggiunge, lontano da casa, è una bella cosa. Lo si legge negli occhi di chi ci viene a vedere. Poi Hit Week riesce sempre a coinvolgere tanti indigeni. Sarà curioso capire cosa accadrà a Tokyo”.

Saranno concerti diversi rispetto a quelli proposti durante l’ultimo club tour?

“Non saranno diversi del tutto. Abbiamo avuto la fortuna di fare l’ultimo tour nei club, Hit Week si svolgerà principalmente all’interno di club votati alla musica: la struttura sarà quella del tour precedente. Aggiungeremo dei pezzi che non abbiamo fatto in Italia, quello sì. Il nostro atteggiamento sarà energico, di sfondamento oserei dire”.

Com’è vivere la “maturità artistica” dei Negrita “nel bel mezzo di due crisi mostruose: quella discografica e quella globale”? Anche una band del vostro calibro fa fatica?

“Chiunque fa fatica. E’ un periodo veramente cupo della nostra esistenza. Noi abbiamo iniziato negli anni Ottanta, da ragazzini sbarbati, e abbiamo visto tutta la decadenza economica della nostra società. Gli anni Ottanta erano i più frivoli ma anche i più ricchi. Dagli anni Novanta in poi c’è stato il disastro. E’ difficile per noi, perché c’è la voglia di mantenere determinati standard nonostante gli anni di crisi e nonostante la crisi della discografia che ha tagliato, approssimativamente, il 50% del fatturato di qualsiasi musicista”.

Come se ne esce?

“Noi abbiamo la fortuna di avere una buona potenza di fuoco nei live, ci salviamo in questo modo. Però è difficile per tutti, soprattutto per i ragazzi che si affacciano adesso in questo universo. Le case discografiche non hanno più il potere di una volta e, non avendo più economie da poter investire su nuovi talenti, vogliono tutto e subito. Tutto e subito è impossibile da raggiungere. Si perde la qualità e si punta sul mezzo apparentemente più facile, quello dei talent”.

I talent che ruolo giocano?

“I talent sono un esempio abbastanza ambiguo. Da una parte, se non c’è più la discografia, bene che ci sia qualcun altro che se ne occupa. Dall’altra, credo che sia un percorso con i trabocchetti, bisogna capire se il sistema è abbastanza sano per poter dare continuità. Ho sempre considerato i talent come un evento televisivo che sfrutta la musica. Di sicuro nessuno più si cura di talenti ‘come una volta’, quelli senza alcun tipo di appeal televisivo: si salvano delle belle voci, si perdono dei bei poeti”.

Mi par di capire che non faresti mai un passo come quello di Manuel Agnelli.

“Quando tutti gli davano contro, io ho ammirato Manuel. Siamo quasi coetanei, gli Afterhours hanno iniziato a suonare addirittura prima di noi e hanno sempre avuto un percorso molto alternativo, underground, indipendente. Di botto, senza aver mai fatto alcun tipo di concessione al mainstream, Manuel ha deciso di andare a fare un talent da giudice. La cosa più mainstream che esiste. Personalmente preferisco che ci vada una persona come lui, piuttosto che un personaggio naturalmente votato a quella poltrona. L’attenzione dei giudici e quindi del programma potrebbe soffermarsi su musicisti che hanno caratteristiche diverse da quelle gradite, esempio, da un Mika o una Simona Ventura. Sono gusti diversi. Detto questo, io non lo farei. Non sono un animale televisivo. Qualche anno fa mi avvicinarono per fare un’ospitata di una puntata, già lì li rimbalzai. Non mi sento adatto, preferisco utilizzare il mio tempo per la musica”.

Quando sentiremo qualcosa di nuovo dei Negrita?

“Diciamo a cavallo fra il 2017 ed il 2018. E di conseguenza ripartiremo con il tour”.

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Hit Week 2016, parola all’organizzatore Francesco Del Maro – Le date

Francesco del Maro, la ‘mente’ di Hit Week, è un giovane ragazzo che vive fra l’Italia e l’America. Appassionato di rock e dintorni, ha creduto in un sogno: far ballare la musica italiana pop agli americani. “Hit Week nasce da una frustrazione personale”, ci racconta. “Il fatto di andare in giro per il mondo e sentirsi accostati all’operetta, la piazza, il mandolino e O sole mio mi faceva stare male. Il Festival è nato con la voglia di fare capire che la musica italiana è andata avanti”.

Quindi due battute sulla scelta degli artisti di questa edizione: “La manifestazione è arrivata fino a qui anche grazie ai Negrita. Sono stati i primi artisti a cui sono andato a bussare la porta, ormai già parecchi anni fa. Hanno scelto di rischiare insieme a noi quando si trattava di una scommessa vera. Max Gazzè, invece, l’abbiamo scelto perché questo è il suo anno: ha raggiunto il picco della sua carriera ed era giusto riconoscere questo merito ad un’artista con venti anni di carriera”.

7/10: MONTREAL (Rialto Theatre) – MAX GAZZÈ
9/10: TORONTO (Mod Club) – MAX GAZZÈ
10/10: CHICAGO (Martyrs’) – MAX GAZZÈ
12/10: NEW YORK (Highline Ballroom) – MAX GAZZÈ + GIÒ SADA special guest
13/10: BOSTON (Regatta) – MAX GAZZE’
14/10: MIAMI (North Beach Bandshell) – MAX GAZZE’
16/10: LOS ANGELES (Whisky a Go Go) – MAX GAZZÈ
18/10: LONDRA (The Garage) – NEGRITA + COEZ very special guest
20/10: TOKYO (Club Phase) – MAX GAZZÈ + ZEPHIRO special guest
21/10: TOKYO (Club Phase) – NEGRITA + ZEPHIRO special guest
22/10: SHANGHAI (Qsv Center Live House) – MAX GAZZÈ
24/10: LOS ANGELES (Whisky a Go Go) – NEGRITA + GIÒ SADA e KATHRYN DEAN special guest

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