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Intervista a Lucia Miller, interprete di “Annie, hannah”, ballata dedicata ad Anna Frank

Intervista a Lucia Miller, interprete di “Annie, hannah”, canzone dedicata ad Anna Frank

pubblicato 27 Gennaio 2020 aggiornato 27 Agosto 2020 09:57

Da venerdì 24 gennaio è in radio “Annie, hannah”, il nuovo singolo di Lucia Miller, estratto dall’album “Lampi sulla pianura” uscito sulle piattaforme digitali lo scorso 15 novembre.

Il brano è una ballata dedicata ad Anna Frank durante la sua clandestinità nella soffitta di Amsterdam e al desiderio di tornare alle piccole gioie di ogni giorno che ritroviamo spesso nelle pagine del suo diario. Nel ritornello Lucia si rivolge direttamente ad Anna e le chiede di tornare a raccontarci i suoi sogni da dove si trova ora, come farebbe un’amica che da lontano continua a pensarci. La conclusione parla di speranza, di come le guerre abbiano portato via tante voci importanti e preso a martellate il nostro cuore, ma anche di come la letteratura e in questo caso Anna con il suo diario, diventi una presenza immortale che nessuna guerra potrà mai cancellare e che continua a parlarci e a scrivere all’infinito la propria storia.

A proposito del nuovo singolo Lucia Miller ha dichiarato:

«Ho scelto “Annie, hannah”, come nuovo singolo perché la protagonista, Anna Frank, è la donna più giovane e innocente tra quelle raccontate nel disco. La sua morte prematura, ci ha impedito di conoscere la grande scrittrice che probabilmente sarebbe diventata. Così rivolgendomi a lei provo a immaginare cosa potrebbe raccontarci del Paradiso dove si trova. Le chiedo di continuare a raccontarci la sua storia, perché attraverso la memoria, la storia non ricada negli stessi errori. Il mio omaggio alla giornata della Memoria».

Per l’occasione, abbiamo intervista Lucia Miller. Ecco cosa ci ha raccontato, a partire proprio dalla decisione di incidere un pezzo dedicato ad Anna Frank:

“Annie, hannah è una canzone dedicata ad Anna Frank, una figura che, dato il momento storico che stiamo vivendo, era interessante riproporre, visto l’antisemitismo strisciante in Italia e in Europa, movimenti che prendono sempre più piede. Era importante, in questo concept album dedicato alle donne e alle grandi figure femminili, inserire la figura di questa ragazza, quella più innocente di questo disco, una ragazzina di 14 anni che fa una fine ingiusta. Anna ci ha lasciato una traccia importante di sé, con il suo diario, uno dei libri più letti al mondo che continua a parlare ai ragazzi di oggi. Ci ha lasciato un’immagine positiva della vita: come dico nella canzone, con una sonorità volutamente allegra, non ha mai smesso di sognare quella che sarebbe potuta essere la sua vita dopo la guerra. E’ un bel messaggio di speranza verso il futuro. E la canzone vuole un po’ chiedere, a chi la ascolta, cosa ci siamo persi in Anna Frank e in tante persone che non solo sono state uccise ingiustamente ma anche rubate all’umanità”

Hai accennato a questo orrendo antisemitismo che sta prendendo piede in Italia e in Europa, questo rifiuto del “diverso”, dell’altro. Quanto è importante, per te, proprio il senso della memoria, oggi?

E’ importantissima. E’ fondamentale, è quello che ci permette di non fare lo stesso errore, anche nelle cose più banali. Ti racconto questo. Io ho un bambino di 9 anni. Quando era piccolo e magari si stava facendo male con qualcosa che avevo in casa, lo tenevo d’occhio ma non lo fermavo. Sapevo che se si fosse fatto “male”, si sarebbe ricordato e non avrebbe più rifatto quella cosa che lo portava al dolore fisico. La stessa cosa vale per la storia, gli errori storici vanno commemorati perché non riaccadano. Le radici consentono ad un albero di avere le fronde più grandi e quindi più fiori, più frutti.

Come ti è nata l’idea di un concept album dedicato alle figure femminili come disco d’esordio?

Questo disco è stato scritto interamente da Massimo Bubola che è un autore importante della canzone italiana e con cui collaboro da dieci anni. E’ nato lentamente come progetto, da grandi discussioni e riflessioni. Mi sembrava giusto, a 36 anni, parlare di qualcosa che ho veramente a cuore. Abbiamo deciso di parlare alle donne con figure con un interesse moderno, che potessero parlare al presente con le loro scelte e il coraggio. Figure storiche e molto importanti come la protagonista di “Quante volte si può morire e vivere”, la mamma di Federico Aldrovandi. Una specie di percorso nel mondo femminile, letto nella storia di alcune donne speciali.

C’è una figura femminile, assente nel disco, che è fonte di ispirazione per te?

Mi è sempre piaciuta molto la figura di Tina Modotti, fotografa friulana che si è trasferita negli Stati Uniti, ha vissuto nel Sud America e ha fotografato gli emarginati, la povera gente. Tra le prime donne che ha fatto fotografia inchiesta. Andava nei quartieri più poveri, tra i diseredati, foto reali… Ha avuto una vita molto particolare, una donna italiana illustre che bisognerebbe tenere più presente. I suoi lavori fotografici sono bellissimi.

Parlando di figure femminili, della donna, non posso non collegarmi alle polemiche di questi giorni sulla donna, sul “passo indietro” pronunciato da Amadeus, criticato ma forse equivocato e frainteso…

Le polemiche sono quelle che tengono in vita il sistema televisivo. Se non ci fosse stata quella ce ne sarebbero state altre… E’ stata un’uscita infelice ma anche il fatto di essersi contornato da dieci donne faceva già capire la scelta artistica di questa Festival. Non la condivido, faccio parte di un mondo musicale completamente diverso da quello del pop, dalla canzone italiana più “leggera”… Diciamo che questa frase poteva evitarsela ma credo che non l’abbia fatto con cattiveria.

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