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Uscite discografiche Gennaio 2013 (1° parte): recensioni

Amari – Kilometri : gli Amari in Italia sono stati tra i primi “indie-idols” e album come “Grand Master Mogol” sono ancora oggi considerati puro culto con una certa nostalgia dai ventenni dell’epoca. Otto anni più tardi e a quattro anni di distanza dal non riuscitissimo “Poweri”, i friulani tirano le somme: potevano diventare un

pubblicato 11 Gennaio 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 12:11


Amari – Kilometri : gli Amari in Italia sono stati tra i primi “indie-idols” e album come “Grand Master Mogol” sono ancora oggi considerati puro culto con una certa nostalgia dai ventenni dell’epoca. Otto anni più tardi e a quattro anni di distanza dal non riuscitissimo “Poweri”, i friulani tirano le somme: potevano diventare un gruppo mainstream (in zona Zero Assoluto, ma meglio, ovvio), potevano andare a Sanremo ma nulla. Ecco quindi che esce un disco contemporaneamente maturo e immaturo. Perchè quelle che possono sembrare canzonette (883 non lontani in alcune occasioni) spesso nascondo testi tutto tranne banali, sinceri e anche profondi. Se poi il popolo nei prossimi mesi canticchierà “Aspettare Aspetterò…” sarà solo un bene. (z.) Voto: 7-

Bruno Mars – Unorthodox Jukebox (2012) : il fortunatissimo (quanto dimenticabile) “Doo-Wops & Hooligans” ha lanciato Bruno Mars a livelli da superstar. La prova del nove si chiama “Unorthodox Jukebox” e contiene alcune virate in zona ’80s pop-rock (e non solo i Police del singolo “Locked Out Of Heaven”) come “Gorilla”, mentre rimangono i ricordi di MJ (“Moonshine”). Esclusi alcuni passaggi poco riusciti (“Natalie”, il reggae di “Show Me”), siamo di fronte ad un buon disco pop che non ha certo velleità storiche, ma che si fa ascoltare senza provocare lacerazioni interne. (z.) Voto: 6

Christopher Owens – Lysandre : “Father, Son, Holy Ghost” l’ultimo (probabilmente ultimo per davvero…) album dei Girls aveva alzato l’asticella qualitativa molto in alto, creando ulteriore attesa per le uscite future. Poi l’annuncio di Chris e la fine della band. Potevano sorgere dubbi sul suo stato fisico, ma l’aveva promesso che sarebbe tornato con un disco solista. Si chiama “Lysandre” ed è una sorta di concept (con tanto di tema – melodioso quanto bello – ripetuto) post-romantico in salsa pop. Cantautorale e vario (tra atmosfere easy, sax e ovvi ricordi della main band), non pretende di arrivare ai livelli dell’ex-band e non lo fa. (z.) Voto: 6,5

Yo La Tengo – Fade : il ritorno degli Yo La Tengo è uno di quei rari casi in cui fai partire l’album e pensi “ahhhh, eccoci di nuovo a casa… ci voleva proprio!”. Si torna indietro inevitabilmente di almeno dieci anni. Via quindi contaminazioni e hype&hip del caso, qui c’è l’indie-essenziale: brani pop-rock pensati e suonati – con grande onestà – senza manie di protagonismo. (z.) Voto: 7

Toro Y Moi – Anything In Return : il genietto finto-nerd americano continua a sfornare dischi e a due anni di distaza dal chiacchierato “Underneath the Pine” torna con un lavoro che in parte prende ancora più le distanze dalla -ormai-vecchia chillwave, con dosi di pop e funk anni ’80. Un paio di tunes decisamente riusciti, tanta carne al fuoco e ancora qualcosa da aggiustare. (z.) Voto: 7-

Big Boi – Vicious Lies and Dangerous Rumors (2012) : la seconda metà degli Outkast torna dopo l’acclamato “Sir Lucious Left Foot: The Son of Chico Dusty” con meno cose da dire e con un disco nel complesso meno riuscito. (z.) Voto: 6+

A Rocky – Long.Live.A : giusto un anno fa lo definivo “uno dei nomi hip hop da seguire attentamente in futuro”, assegnando un 7 al suo debutto “LiveLoveA”. Purtroppo, nonostante una sfilza impressionante di guest, questo “Long.Live.A” non conferma del tutto la botta iniziale. Ci sono ottimi brani (si pensi a “Fucking Problems” con Kendrick e Drake), ma nel complesso, pur rimanendo un bel disco HH, non riesce a raggiungere vette assolute. (z.) Voto: 6/7

Esben & The Witch – Wash The Sins Not Only The Face : delsuione, grande. L’esordio degli Esben & The Witch (“Violet Cries”) fu uno dei miei album preferiti del 2011, una proposta originale, visionaria ma vivida, trana ma accessibile, con momenti di grande pathos. Nel secondo disco “Wash The Sins Not Only The Face” purtroppo non sono riusciti a ripetere l’impresa. Un disco abbastanza piatto (se escludiamo un paio di brani decisamente apprezzabili) che fallisce nel tentativo di smarcare il progetto dalle sonorità già presentate in passato. (z.) Voto: 6+

FIDLAR – FIDLAR : da qualche mese stanno incendiando la scena garage-punk californiana, ora debuttano su LP con l’omonimo disco che è un concentrato di cazzonaggine slacker e canzoni da due minuti. Energia tanta, ma non siamo di certo di fronte ad una rivoluzione. (z.) Voto: 6/7

Villagers – {Awayland} : il debutto della band irlandese guidata da Conor O’Brien, “Becoming A Jackal”, aveva impressionato molto positivamente. Nel secondo si tenta una evoluzione riuscita solo in parte e alla fine abbiamo tra le mani un disco che vive su 3-4 brani veramente belli e un po’ troppi filler. (z.) Voto: 6/7

Indians – Somewhere Else : grande hype via garanzia-4AD per Søren Løkke Juul e il suo progetto Indians. Folk-non-folk che tra tocchi elettronici, arty e strati ambientali non riesce, nonostante le premesse e l’interessante proposta sonora, a catturare e a far immergere completamente l’ascoltatore. (z.) Voto: 6+

Beach Fossils – Clash the Truth : ancticipato da due singoli (Shallow e Careless) che facevano pensare a grandi cose, il secondo album dei Beach Fossils (“Clash the Truth”) invece non conferma le aspettative. A parte i due brani appena citati, la maggior parte delle altre tracce sembrano bozzetti abbandonati. Il progetto sempre più John Pena(Heavenly Beat)-centrico conferma una certa abilità nelle accelerazioni jangle, che abbiamo però apprezzato maggiormente nell’esordio dei DIIV di Zachary Cole Smith. (z.) Voto: 6

Bachi Da Pietra – Quintale : “Tarlo Terzo” fu quasi epocale, “Quarzo” una nuova conderma… bene, dimenticate il periodo Wallace Records, il nuovo dei Bachi da Pietra passa dalla Tempesta Dischi, abbandona in parte le sonorità più difficili del passato e si dirige in direzione alt-rock italiano. Il marciume bluesy e le trovate interessanti sono ancora qui, ma nel complesso manca quel qualcosa che qualche anno fa gli ha iscritti ufficialmente tra le più grandi band italiane del nuovo millennio. (z.) Voto: 6,5

Ka Mate Ka Ora – Violence (2012) : pur non raggiungendo il livello del precedente “Entertainment in slow Motion” e pur senza contenere un brano che eguagli lo splendore di “Calm Down” (contenuta nel primo disco), “Violence” è la conferma del valore dei toscani. Certo, in ritardo di quasi due decenni, ma nessuno in Italia interpreta e ha saputo interpretare il concetto di slowcore meglio dei Ka Mate Ka Ora.(z.) Voto: 7-

Grouper – The Man Who Died in His Boat : forse non avrà l’impatto “storico” di “Dragging a Dead Deer Up a Hill” e “A I A”, ma il nuovo album – che nasce da sessioni di cinque anni fa – di Grouper/Liz Harris nasconde alcune gemme da brivido istantaneo (Vital ad esempio). Fredda nebbia invernale. (z.) Voto: 7

Father Sculptor – VI (2012): per tutto il 2012 hanno pubblicato singoli brani, ora raccolti in questa sorta di EP intitolato “VI” (le sei tracce, più un intermezzo strumentale). Ancora un po’ grezzi (e a livello di atmosfera può essere un bene), la band di Glasgow parte indubbiamente dagli Smiths ma riesce a sorprendere sotto vari aspetti. Attendiamo l’album vero e proprio. (z.) Voto: 7-

Holy Esque – Holy Esque EP (2012) : ancora scena di Glasgow (vedi sopra i Father Sculptor) e ancora indie rock chitarristico. Qui i riferimenti sono i WU LYF quanto i Titus Andronicus e il risultato, per quanto quattro tracce non possano far sbilanciare più di tanto, è positivo. (z.) Voto: 6/7

Tre Allegri Ragazzi Morti – Nel giardino dei fantasmi (2012) : i TARM continuano il percorso dub-centrico intrapreso con il precedente “I primitivi del futuro”, ma variano maggiormente la proposta andando a ripescare di tanto in tanto ricordi del passato. (z.) Voto: 6,5

Platonick Dive – Therapeutic Portrait: attivi da qualche anno, i toscani Platonick Dive puntano verso territori post-rock sporcati di elettronica. (z.) Voto: 6,5

LEGENDA
10: la perfezione… non esiste
9: capolavoro, fra i migliori di sempre
8: grandissimo disco, probabilmente destinato a rimanere nella storia 5 stars1
7: album di buon livello, manca solo quel qualcosa che lo renda veramente memorabile 4 stars
6: discreto, passa abbastanza inosservato… innocuo 3 stelle
5: disco trascurabile, banale e poco degno di nota 2 stelle
4: album completamente inutile 1 stella
3: neanche Justin Bieber, difficile trovare di peggio.
2: non c’è limite al peggio
1: …
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