Home Interviste I Siberia a Blogo: “Nell’album ‘Tutti amiamo senza fine’ siamo più fruibili, ci raccontiamo con i nostri lati più spontanei”

I Siberia a Blogo: “Nell’album ‘Tutti amiamo senza fine’ siamo più fruibili, ci raccontiamo con i nostri lati più spontanei”

Siberia, Tutti amiamo senza fine: leggi l’intervista

pubblicato 29 Novembre 2019 aggiornato 27 Agosto 2020 10:57

Tutti amiamo senza fine” è il titolo del terzo disco della band livornese Siberia, il più diverso, il più vero, un nuovo capitolo con cui dimostrano capacità, dedizione e raffinatezza.

Anticipato dall’uscita dei singoli “Ian Curtis” e “Non Riesco a respirare”, “Tutti amiamo senza fine”, prodotto da Federico Nardelli, esce il 29 novembre per Sugar in collaborazione con Maciste Dischi e nasce dall’esigenza di raccontare l’amore e le relazioni nelle svariate stagioni della vita.

Come un album di foto diviso per momenti, “Tutti amiamo senza fine” , raccoglie sensazioni e ricordi che costruiscono una storia precisa ma universale, perché in questo disco l’amore è di ogni tipo: erotico, relazionale, sentimentale, religioso, pensato, fisico, sognato.

Dunque un concept sull’amore nel senso più vasto del termine e negli aspetti più sacri e profani, ma sempre concreti e palpabili, come il nuovo singolo “Mon Amour”, in uscita oggi sulle piattaforme digitali, che parla di un amore quasi bohemien e descrive come il vivere insieme un attimo o una piccolissima esperienza, a volte possa risultare più importante dell’eros. Un quadro che comprende: sogno, illusione, finzione.

“È vero che d’amore se ne parla troppo, ma in maniera troppo superficiale, ambigua, irreale. Noi abbiamo sentito il bisogno di dedicarci un intero concept per poterne parlare in maniera approfondita, dandogli la dignità che merita. Nella società odierna, bombardata da impulsi continuativi di ogni tipo, c’è la tendenza a banalizzare questo soggetto che invece vorremmo far toccare con mano convinti che esista una propensione irrinunciabile dell’uomo all’amore, da dare e da ricevere, nelle sue più svariate valenze”.

Da questa esigenza la decisione di dare all’album il titolo della prima traccia, che del disco si fa manifesto.

“Tutti amiamo senza fine” significa infatti che l’amore è l’impulso più forte che un essere umano possa provare, capace di valicare persino la morte e l’annullamento. Vuol dire che, per quanto in forme diverse, esiste un anelito dell’essere umano che è irrinunciabile ed è l’amore, che fa parte della stessa natura umana e si oppone al suo sentimento opposto, cioè la morte. Questa la tracklist del disco: Tutti Amiamo Senza Fine Ian Curtis My Love Piangere Non Riesco A Respirare Mon Amour Sciogliti Canzone Dell’estate Carnevale Mademoiselle Peccato

I Siberia partiranno a febbraio con un nuovo tour nei club. Il tour è organizzato da Locusta Booking, di seguito le prime date confermate: 15 febbraio 2020 Livorno – The Cage 19 febbraio 2020 Milano – Ohibò 22 febbraio 2020 Roma – Monk 12 marzo 2020 Torino – Hiroshima Mon Amour

Ecco cosa ci ha raccontato il gruppo:

Il nuovo album è “Tutti amiamo senza fine”. Ascoltando le tracce appare evidente che l’amore sia il cuore pulsante, nelle sue sfaccettature. Mi confermate e raccontate un po’?

Diciamo di sì, Tutti amiamo senza fine è stata l’ultima canzone che è venuta fuori. Però appena nata abbiamo capito che era il manifesto di tutto il disco perché inconsapevolmente avevamo scritto un album incentrato sull’amore, sul sentimento, visto in vari modi: erotismo, amore viscerale, vari tipi. Da lì’ abbiamo deciso di intitolare così il disco e iniziarlo con questo brano. Anche perché è un inizio insolito per un album, un pezzo molto vuoto, doveva essere una cosa che potesse stupire l’ascoltatore. Un pezzo che stravolge le aspettative rispetto ai singoli.

Mi aggancio proprio a questo: rispetto al precedente disco, sembra proprio sottolineato che, se prima si leggeva un impulso di scappare qua c’è un bisogno di restare.

Sì, sicuramente è vero. Se prima si parla di un problema, in questo disco si cerca una soluzione. Questo disco prova ad essere una timida risposta a questa domanda. Dire l’amore potrebbe essere la risposta più banale, ma noi abbiamo cercato di rispondere in maniera più sfaccettata possibile: relazioni, erotismo, modi diversi per raccontarlo. L’obiettivo primario era quello di non porre filtri e parlare di quella cosa, di aspetti che non ci piacevamo. L’amore, ad esempio, vissuto in maniera irresponsabile. Dando “la caccia” ad una ragazza che non dovrebbe interessarci perché abbiamo in piedi altre cose, come in Mademoiselle. Oppure, parlando con la persona con cui ci stiamo frequentando e dirle “Non ho niente per te”, il senso della canzone “Carnevale”. Oppure in senso più lirico, come “Sciogliti” e “Non riesco più a respirare”, canzoni più tradizionali nel senso del termine. “Tutti amiamo senza fine”, la titletrack, è il manifesto di tutti questi episodi e li riunisce in questo senso di ineluttabilità. Un po’ la cornice sistemica, filosofica del disco.

Anche la cover dell’album sembra sottolineare i vari aspetti e le sfaccettature dell’amore: la collana tra le dita, un immagine sentimentale, romantica, e due labbra con una lingua fuori. Erotismo e amore romantico fusi insieme…

Sì, la copertina presenta questa sfaccettatura improntata al lato di scoperta erotico. E contrasta, parallelamente, a quella della spiritualità interiore, dei valori più profondi ripresi dall’oro, dagli ornamenti del sacro. Anche nelle precedenti copertine dei singoli usciti, anche lì il disco è sempre quello, l’ambiguità tra la scoperta dell’erotismo con la sfera di spiritualità, interiorità.

Voi siete nati ufficialmente nel 2014, giusto?

Sì, anche se è difficile stabilire esattamente il periodo. Il nostro primo disco è uscito nel 2016 però abbiamo partecipato nel 2015 a Sanremo Giovani che poi sarebbe stato quello del 2016. Il nucleo del progetto composto da me, dal batterista Luca si può far risalire dai tempi dell’adolescenza. Va avanti da tanto ma negli ultimi tre anni ha visto un incremento qualitativo per il tempo che ci dedichiamo per le uscite discografiche. Adesso è la cosa centrale delle vostre vite.

Questo è il vostro terzo album. Quanta lavorazione c’è stata dietro per la pubblicazione e la nascita delle canzoni inserite?

La lavorazione è stata più breve e intensa degli altri. Il precedente è stato un disco faticoso, anche da portare dal vivo, con il nostro primo tour, con Cristiano al bar (era il nostro nuovo membro). Avevamo subito l’esigenza di ributtarci nella scrittura. Ha coinvolto circa sei, sette mesi. La fase di arrangiamento, collettiva, è nata subito dopo. Esagerando, in un anno, siamo arrivati dal primo pezzo al prodotto completo.

Che cambiamenti vedete dal primo al terzo disco, in voi?

Guarda, il cambiamento principale è su due direttrici. Artisticamente c’è stata una presa di coscienza del fatto che non si vuole essere condannati a essere influenti ma più fruibili. Noi veniamo dalla provincia, da un certo background musicale serioso e per certi versi presuntuoso. Abbiamo capito che dovevamo sporcarci le mani con altro e non ignorare questo che stava accadendo a livello nazionale, nella musica, con l’esplosione dell’indie e del nuovo cantautorato. Dal punto di vista umano, è stata una grande regressione, un po’ come avvenuto dal punto di vista artistico, abbiamo lasciato emergere i nostri lati più spontanei, leggeri. Abbiamo imparato a conoscerci meglio, questo ha reso possibile scrivere e creare un disco come questo. Abbiamo presentato e raccontare delle parti di noi stessi che forse ci piacciono anche meno, tirar fuori qualcosa di più immediato, più pop. E’ stato possibile anche perché umanamente è stato possibile conoscerci meglio.

E’ stato difficile /faticoso questo passaggio oppure spontaneo?

E’ stato del tutto naturale. Ci sono stati momenti in cui ci siamo chiesti se non fosse “troppo” per alcune cose però c’è stato il desiderio di andare avanti. Non ci sono mai stati dei veri e propri litigi o su quale strada prendere. Al massimo su “quanto” ma mai su “dove” andare.

Fra poco ci saranno appuntamenti live in calendario. E non posso non chiedervi un commento dell’opening che avete fatto al Firenze Rocks prima dell’esibizione dei The Cure…

Personalmente, ti posso dire che, per me Eugenio, è stato uno dei giorni più belli della mia vita ma pensa di poterlo dire per tutti. E’ stata anche una sorta di chiusura del primo album, del sound post punk, new wave, nicchia dell’alternative. Una nicchia che nel corso delgi anni è stata restringendoti. Se prima poteva permetterti numeri soddisfacenti, nelle nuove generazioni si sta sempre più assottigliando. E’ stata la chiusa ideale del primi due dischi. Il live è durato una mezz’oretta, al Firenze Rocks, ma proprio il poter condividere, il backstage con una band che abbiamo sempre ammirato e guardato dal bassissimo (ride) è stata una cosa meravigliosa. Pensiamo che sia stato un premio che in qualche modo ci ha dato energia per affrontare questa nuova fase della nostra carriera. Questo tipo di esperienza è stata una soddisfazione che ti permette di andare avanti per anni.

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