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Sonisphere 2015, il foto-report dei concerti ad Assago

Scopri tutto quello che è successo al festival metal più importante dell’anno, con il nostro report corredato da quasi 100 foto.

pubblicato 3 Giugno 2015 aggiornato 29 Agosto 2020 04:48

Sapete di cosa parleranno tutti, da oggi e nei prossimi giorni, riguardo all’edizione 2015 del Sonisphere Festival Italia?
Della location. Dei problemi che ci sono stati. Delle lamentele che ne sono scaturite.

Forse solo a margine si inizierà a parlare dell’ottima prestazione dei Metallica, dei gruppi di supporto che sono riusciti a conquistarsi nuovi fan, e della lineup che ha portato a casa un buon festival.

Ma per molti, questa festa della musica è stata oscurata dalla location. E allora parliamone, perchè è necessario e “perchè la gente vuole sapere”.
La mattina, appena arrivati con ancora poca gente presente, non sembrava male, al netto dell’ovvio sole cocente che avrebbe fatto ustionare i temerari delle prime file. Location “compatta”, stretta fra file di container industriali ognuno colorato e riempito da stand vari. In effetti l’offerta di cibo sembrava più che adeguata, con anche qualche “new entry” rispetto alla classica e misera piadina. E c’era addirittura un punto dove ricaricare il proprio cellulare via usb! Infine, tantissimi bagni chimici, una quantità mai vista, tutta posizionata sul fondo.
Poi il posto ha iniziato a riempirsi. E riempirsi. E riempirsi. Mentre su facebook i corvi continuavano a vedere le foto e dire “ma il gold circle è vuoto, buffoni”, dopo qualche ora il commento era diventato “ma il gold circle è pieno, buffoni”. Perchè in effetti si è riempito troppo. Il sospetto è che dal cambio di location (da Rho ad Assago) gli spazi si siano ristretti anche per il gold circle, che era però soldout da 6 mesi. Quindi la gente con quel biglietto si è trovata MOLTO stretta, anzichè in una situazione di privilegio.
E dietro di loro, fuori dal pit, una calca immensa di gente.
In una situazione come quella ammirata la mattina, la location compatta ha iniziato a diventare claustrofobica. Le uscite d’emergenza c’erano, di questo non bisogna preoccuparsi (tutto il lato a sinistra era costellato di porte), ma sicuramente il deflusso regolare è avvenuto poi dalla piccola porta da cui si era entrati, e in molti hanno rischiato di perdere la metro per la lunghissima colonna umana creatasi.

Queste le criticità, su cui bisognerà riflettere.
Per chi ha in programma però altri concerti in questa estate al Postepay Milano Summer Festival (per i metallari, in arrivo Slash, Judas Priest, Limp Bizkit), non c’è da preoccuparsi: sono tutti concerti ben lontani dalle cifre record dei Metallica, e sicuramente la situazione sarà più gestibile e godibile. Quindi, non fatevi scoraggiare da ciò che sentite online. Sono anche previste gradinate a metà della location, per vedere anche meglio.

Ecco, detto questo.
Com’è stato il festival?
Com’è stata la musica?

Davvero niente male.

Gli Hawk Eyes hanno aperto le danze, un rock onesto suonato da ragazzi che si stanno facendo le ossa. Niente di memorabile, ma alle 2 del pomeriggio sotto il sole cocente, hanno dato il meglio possibile.

I Three Days Grace invece sono un gruppo più che rodato, anche se sono stati lontani dai riflettori a lungo. In effetti, raramente ho visto un gruppo secondo in scaletta attirare così tante persone che (a sentirli parlare) “sono andate lì solo per loro”. Tutto questo nonostante l’importante cambio in lineup, con Matt Walst a dover dimostrare di essere all’altezza dell’ex cantante Adam Gontier. Siamo lieti di annunciare che la presenza scenica di Matt ha passato la prova del live, e anche a livello vocale non ha mostrato nessuna pecca. Certo, non è Adam, e la setlist era cucita principalmente sull’ultimo disco, ma la loro figura l’han fatta.

I Am Machine
The Good Life
Painkiller
I Hate Everything ABout You
Animal I Have Become
Riot

In tema di “band nuove”, i We Are Harlot sono il nuovo gruppo di Danny Worsnop, ex-Asking Alexandria. Propongono un hard rock dalla voce pulita, una bella differenza rispetto al metalcore “urlato” della band precedente, e ai nostri microfoni Danny ha detto che quella è la sua vera voce, mentre prima si doveva sforzare di “fare” il metallaro.
In effetti lo vediamo assolutamente a suo agio, insieme ad una band dall’aspetto di “veri rocker”, con tanto di bandiera americana sull’asta del microfono (anche se sono inglesi…). Vanno lodati anche per essere stata l’unica band a fare un meet and greet.

Gojira e Meshuggah, piazzati uno dopo l’altro, hanno stuzzicato le corde di tutti gli amanti del technical death metal, e sulla carta era un’accoppiata perfetta, capace di far pagare il prezzo del biglietto agli estimatori (ricordiamo che il club-show dei Meshuggah a Milano lo scorso Dicembre era andato soldout).
Peccato però che due band del genere, inserite in un festival a suonare di giorni, perdano molto del loro fascino.
Il gruppo francese è stato piagato (ancora una volta, dopo già Udine nel 2012, sempre di supporto ai Metallica) da problemi tecnici e audio, al punto che nel finale il chitarrista ha lanciato a terra la chitarra arrabbiatissimo.
Il gruppo svedese non ha avuto problemi di questo tipo, ma vedere Jens Kidman fare le sue facce senza l’ausilio del fumo e delle luci fa perdere tutto l’impatto scenico, e anche lo sfondo tecno-organico disegnato rimane solo una bella scenografia, anzichè diventare un qualcosa di inquietante illuminato in maniera macabra. Buona esibizione, ma sicuramente non come vederli headliner al buio.

Si passa quindi ai due gruppi che hanno portato il 99% del pubblico presente, che infatti ha iniziato ad affluire in abbondanza (pure troppa, come dicevamo in apertura) dalle 18 in poi.
Il ritorno in Italia dei Faith No More, accompagnato dall’uscita del nuovo disco Sol Invictus, aveva assunto toni messianici. Mike Patton di qua, Mike Patton di là, poi Mike Patton inizia a parlare in Italiano e tutti si offendono. Sembra che in pochi si ricordino la passione di Mike per le parolacce e la provocazione gratuita, e anzi andrebbe premiata la sua volontà di “localizzare” gli insulti chiamando PIRLA i presenti, nel più classico stile milanese. Si passa poi a chiedere “cantate, c*glioni” e si finisce con un curioso “merdallari”. E la gente non capisce, e la gente insulta. E la gente si attacca al fatto che sul palco c’è una distesa di fiori che sembra Sanremo.
Ma la gente si dimentica della meravigiosa scaletta suonata.

Motherfucker
Be Aggressive
Caffeine
Evidence
Epic
Sunny Side Up
Digging the Grave
Midlife Crisis
Spirit
The Gentle Art of Making Enemies
Easy (Commodores cover)
Separation Anxiety
Last Cup of Sorrow
Ashes to Ashes
Superhero
—–
Sol Invictus
We Care a Lot

I toni messianici forse erano esagerati, e a quanto pare nessuna delle ragazze presenti è riuscita a sposare Mike Patton, come sembravano essersi tutte prefissate, ma sicuramente la band ha fatto il suo show, in stile “prendere o lasciare”. E di questi tempi, non è poco, anche se forse avrebbero potuto “care a lot” un po’ di più per i presenti…

Infine, Metallica. Ecco, loro invece non fanno concerti in stile “prendere o lasciare”. Sanno esattamente cosa vuole il pubblico, e lo distribuiscono in quantità massicce, senza rimpianti. I fan vogliono gli assoli? Vogliono centinaia di plettri lanciati? Vogliono i megaschermi? Vogliono la intro degli AC/DC prima della intro di Morricone? Vogliono i palloni neri?
Ecco, i fan hanno tutto, in abbondanza. Va anzi riconosciuto il merito ai four horsemen di aver proposto qualche brano un po’ “diverso” andando magari contro le preferenze comuni (e insomma, chi voleva sentire ancora Lords Of Summer, e le cose da Death Magnetic e Reload?).

Fuel
For Whom the Bell Tolls
Metal Militia
King Nothing
Disposable Heroes
The Unforgiven II
Cyanide
Lords of Summer
Sad But True
The Frayed Ends of Sanity
One
Master of Puppets
Fight Fire with Fire
Fade to Black
Seek & Destroy
—–
Creeping Death
Nothing Else Matters
Enter Sandman

Sul palco, per tutta la durata del concerto, ci sono stati un centinaio di fan, a fare da sfondo “umano” alla performance, mostrando bandiere da tutto il mondo, così come nelle prime file si vedevano bandiere argentine, rumene, tedesche (le foto del pubblico sono disponibili sulla pagina Facebook di MusicaMetal, pronte per essere taggate, insieme a qualche foto “inedita” delo show).
I Metallica rispondono suonando più veloci le canzoni del loro passato, facendo così sorvolare su qualche imprecisione tecnica, mascherata da “atteggiamento thrash/punk”, ma in generale non si può dir loro nulla: grandi intrattenitori, che però fan parlare più la musica che le parole – non ci sono molte pause nello show, praticamente nessuna, sono quasi due ore e mezza tirate, per la gioia di tutti. Torneranno? Lars dice di sì. Noi gli crediamo.