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Daniele Silvestri: “S.C.O.T.C.H”, la recensione in anteprima

C’è molta ironia nel nuovo disco di Daniele Silvestri, ma anche consapevolezza della precarietà del mondo, instabile, raffazzonato alla buona. Da questa idea nasce il titolo “S.c.o.t.c.h”, in uscita il 29 marzo su etichetta Sony Music, anche su vinile. La tracklist composta da 15 brani che possono sembrare di primo ascolto ma in realtà pezzi

pubblicato 26 Marzo 2011 aggiornato 30 Agosto 2020 21:46

C’è molta ironia nel nuovo disco di Daniele Silvestri, ma anche consapevolezza della precarietà del mondo, instabile, raffazzonato alla buona. Da questa idea nasce il titolo “S.c.o.t.c.h”, in uscita il 29 marzo su etichetta Sony Music, anche su vinile.

La tracklist composta da 15 brani che possono sembrare di primo ascolto ma in realtà pezzi su cui riflettere, con tematiche profonde e invettive, scorre come le immagini di un film che segue lo stesso filo rosso, e accoglie le collaborazioni di tanti artisti e amici di Daniele.

Il brano “Lo scotch” con le voci recitanti di Peppe Servillo e Andrea Camilleri, è la chiave di lettura del disco. La canzone è informe e stracolma di cose, l’immagine del mondo che abbiamo intorno fatto di cose molto precarie, aggiustato alla buona, come un pezzo di scotch appiccicaticcio incapace di farci vedere un futuro. Scotch è anche un acronimo. Silvestri è un maniaco nel dar vita ad acronimi (se sfogliate il libretto all’interno del cd ne troverete alcuni graffittati) tanto che ne ha creati una cinquantina con le lettere che compongono il titolo dell’album.

“Le navi”, pezzo soft con piano e voce, parla di attualità e degli umori che circolano per il Paese, come in “Precario è il mondo” la prima canzone che abbiamo conosciuto dell’album, presentata in tv in occasione dell’ultima puntata di “Vieni via con me”. E’ stata quell’occasione a dare il via alla definizione dell’album (Daniele ha scritto una trentina di canzoni e ne ha selezionate la metà). Mi ha travolto allora e anche ora che riascolto l’album mi coinvolge per la sincerità e l’ironia.

La più divertente è “La Chatta”, parodia de “La Gatta” di Gino Paoli. Il ‘divertissement’ è cantare un brano rispettando rime e assonanze della canzone ma cambiando tutte le parole. Carino il momento in cui telefona a Paoli: “Pronto, pronto Signor Paoli sono Silvestri..Daniele Silvestri” e Paoli gli risponde: “Chi?”. Gino Paoli si è prestato con grande ironia al gioco partecipando attivamente e cantando un pezzettino della canzone.

“Sornione” è un’altra canzone “leggera” interpretata e scritta con l’amico Niccolò Fabi. Le due voci si integrano perfettamente, c’è piena intesa dei due artisti anche sul tema: l’importanza della verità detta ad ogni costo, diretta, nonostante l’ipocrisia regni incontrastata intorno a noi. La sincerità non va di moda ma non importa se “qualcuno mai te lo rinfaccerà non gli rispondere, sorridigli sornione…”

“L’appello” è un mix tra uno stornello scanzonato e il testo surreale in cui Silvestri veste i panni di Salvatore Borsellino che va alla ricerca del fratello Paolo, come fosse una partecipazione a “Chi l’ha visto”. Daniele sottolinea l’evento, perché bisogna parlare di mafia e rifletterci sopra, ma soprattutto perché il rischio per tutti noi è di assuefarsi a questo genere di notizie, abituarsi al peggio senza avere più la capacità di indignarsi.

“Acqua che scorre” parte con il rumore dell’acqua fresca di un ruscello che scorre. E’ il pezzo scritto e cantato da Daniele e Diego Mancino cantautore emergente, dal timbro di voce particolare di cui sentiremo parlare spesso. L’artista milanese è anche nei cori di “Cos’è sta storia qua” che riprende in maniera ironica un episodio comune ma che dà un quadro del mondo caotico sull’orlo della catastrofe che ci circonda.

“Questo paese” accompagnato al piano dal musicista Stefano Bollani, apprezzato da sempre da Silvestri, parla di episodi negativi accaduti nella storia italiana che danno un’immagine negativa del Paese. E’ uno sguardo dato da lontano di noi che ci siamo fatti sommergere dal fango senza vedere quello che c’è di bello sotto. Dell’Italia parla anche “Monito(r)”, in particolare del ruolo del nostro Presidente “chiuso nel suo studio, chissà che cosa fa..”.

Oltre alla cover di Giorgio Gaber “Io non mi sento italiano”, non mancano i pezzi sulle dinamiche di coppia presenti nei brani “Fifty-Fifty”, “Acqua stagnante”, “Ma che discorsi” e “In un’ora soltanto”.

Impressioni Finali
Ogni canzone è un fotogramma di un unico film, non c’è interruzione tra un pezzo e l’altro, sono varie storie che non possono essere staccate tra loro e che raccontano il nostro “stivaletto” in maniera diretta senza peli sulla lingua. La musica è accurata, si sente il lavoro di tre anni che c’è dietro e la sperimentazione. La musica è una sorpresa, sperimentale, viene sempre fuori una nota che non ci si aspetta. Ce ne fossero di artisti e di voci fuori dal coro come Daniele: abbiamo bisogno di dischi come il suo. Voto: 8

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