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Afterhours, Folfiri o Folfox: “Con la paura del rischio non abbiamo combinato un cazz0 negli ultimi 30 anni”

La band di Manuel Agnelli ha presentato alla stampa il suo nuovo lavoro di inediti

pubblicato 8 Giugno 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 16:40

“Con la paura del rischio non abbiamo combinato un cazzo negli ultimi 30 anni.”

Avete presente quelle situazioni da standing ovation? Ecco, di fronte a questa affermazione (e a molte altre) ho fatto molta fatica a trattenermi. Oggi gli Afterhours hanno presentato alla stampa il loro nuovo disco, “Folfiri o Folfox” (che sono i nomi di due trattamenti chemioterapici), un album un po’ sperimentale e difficile al primo ascolto, ma allo stesso tempo intenso e affascinante, una robe che ti prende alla bocca dello stomaco soprattutto se sai esattamente quello di cui Manuel Agnelli – che ha scritto i testi – sta parlando.

“Crediamo che il modo e il perchè facciamo musica siano molto legati alla nostra vita, non facciamo un disco ogni anno con tour e promozione, facciamo un disco quando abbiamo qualcosa da dire.E’ un disco che parla di cose pesanti, a tratti è ostico ma secondo noi è un disco che ha senso in questo momento perchè racconta la nostra storia”

Dal punto di vista musicale sono cambiate un po’ le cose, anche perchè dopo l’abbandono di Giorgio Prette e Giorgio Ciccarelli, che è stata una bella botta, la line up è radicalmente cambiata:

“Nella storia degli Afterhours i cambi hanno generato comunque energie, è un circolo virtuoso che porta a rimettersi in discussione, a spostare l’asticella di quello che si scrive, di come lo si scrive. Abbiamo fatto questo album cercando di non perdere quello che avevamo conquistato con ‘Padania’, che è una direzione che volevamo mantenere.”

I testi mai come prima sono centrali in “Folfiri o Folfox”:

“Necessariamente per i contenuti che aveva questo disco i testi erano centrali, più che in passato. Non parlo della ragazza che mi ha lasciato – anche perchè è 15 anni che non mi lascia -, non parliamo di cose che si possono capire in mille maniere diverse, parliamo di cose molto precise che però non volevamo esplicitare in maniera sinistra, in maniera oscura. La musica infatti è nata prima, le canzoni erano già pronte prima che io scrivessi i testi. Questo ci ha aiutato a non fare un album scuro, autocompiacente e piangina. C’era molta energia, molta voglia di reagire, non parla solo di morte e di malattia (quella del padre di Agnelli ndr.) parla di reazione alla malattia. E’ un album che parla di chiusura di cerchi di liberarsi di quello che hai dentro per poter ripartire. Alcune cose non sono finite finchè non te ne liberi. La musica mi ha aiutato molto a scrivere i testi in una certa maniera. Se avessi scritto prima i testi sarebbero state ballate lente e molto oscure. C’è stata una ricerca da parte di tutti sul tipo di linguaggio da usare”

Gli Afterhours sono da sempre una band che si fa sentire e che cerca da sempre di portare in giro il proprio pensieri, pensate solo recentemente al progetto “Hai paura del buio?”. Bisogna insomma sempre avere il coraggio di rischiare, cosa più facile a dirsi che a farsi per molti, anche in ambito musicale come ha spiegato Manuel:

“Non per forse bisogna finire sui giornali, abbiamo fatto anche cose piccole. Mi sono accorto che non avevo un certo tipo di visibilità. Se la visibilità la sai gestire può essere di grande aiuto per portare attenzione su alcune cose, dalla SIAE all’essere musicisti in Italia, e puoi portare questi discorsi a buon fine”

C’è da dire che essere prevedibile per un gruppo rock “è la morte”:

“Ci sono tanti personaggi che fanno i maledetti perchè è affascinante, ma è una cosa che non ci riguarda. Noi facciamo musica, facciamo le cose molto istintivamente. E’ come se fossimo siamo stati chiusi in una gabbia per cui fare certe cose per noi non è accettabile. E’ uno dei limiti da cui io (Manuel ndr.) personalmente vorrei uscire. Vorrei provare a fare pezzi pop, fare cose che non rientrano nell’immaginario che le persone hanno di noi. Se un gruppo ha una certa credibilità di un certo tipo difficilmente può far tutto con gli stessi risultati. Noi essendo un gruppo rock se faccessimo singoli pop non verremmo presi sul serio. Non vogliamo fare musica pop, facciamo quello che vogliamo fare, ma all’interno di quello che facciamo ci sono degli spazi che a noi piacerebbe visitare. Per me pop è Elvis Costello, o i Blur, vorrei fare dischi più liberi senza sentirmi dire che quella roba non mi appartiene”

Facile pensare anche alla partecipazione di Manuel a X Factor – so che se siete fan degli Afterhours vi siete sparati tutto il resto per arrivare qui –:

“Non dobbiamo conservare la cultura per noi stessi, dobbiamo portare in giro la nostra visione della vita, la nostra visione estetica, a più gente possibile. Bisogna portarla con un linguaggio molto preciso, in modo che il messaggio non venga distorto. E’ comprensibile un certo tipo di perplessità ma il compito è quello di avere visibilità per portare la tua visione delle cose in giro, questo è lo scopo di quello che facciamo. Facciamo sperimentazione, facciamo ricerca, ma se scopriamo nuovi territori non dobbiamo tenerli per noi, dobbiamo portarli a tutti. Il motivo per cui sono lì è portare la mia visione, della musica e del modo di intendere la musica. Lì da una parte c’è un grande pubblico, dall’altra parte mi hanno chiesto di andare. Secondo me questi posti vanno occupati, sono posti dove è giusto andare a portare la propria visione delle cose. Io alla fine sono un rischio, un’incognita, non sono un personaggio televisivo. Con la paura del rischio non abbiamo combinato un cazz0 negli ultimi 30 anni, tutti con la paura di sporcarsi l’immagine, la reputazione, non abbiamo combinato un cazz0, una generazione di coglioni che non hanno combinato un cazz0. Prendiamoci sto cazz0 di rischio, andrò a fare la scimmietta, fallirà tutto? Chi se ne f0tte, chissenefrega, non stiamo parlando di andare in guerra, di vita o di morte. Quando c’è davanti la vita e la morte questi discorsi lasciano un po’ il tempo che trovano, non ce ne f0tte un cazz0 di queste storie. Siamo andati a Sanremo, è una cosa ben più fuori di quello che sto facendo adesso. Credo che sia molto importante far passare il messaggio che le mani vanno sporcate, nessuno di noi spera di fare la rivoluzione, ma proprio per questo non dobbiamo aspettare che ci sia la rivoluzione e ‘allora veniamo anche noi’. Bisogna fare dei gesti piccoli e dobbiamo farli tutti, non si possono fare le cose per il risultato ‘se non vale la pena questa cosa non la faccio’, non possiamo fare le cose solo se funzionano, bisogna farle e basta anche se poi falliscono”

E ha ragione da vendere, non ce n’è. Quindi, diciamolo, di fronte a tutto questo se abbiamo criticato Manuel per la sua scelta di partecipare a X Factor non abbiamo proprio capito un cazz0. Ma della vita intendo.

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