Home Max Pezzali Max Pezzali: “Mauro Repetto? Il suo motto era: “Nessuna dignità”, senza di lui non ce l’avrei fatta”

Max Pezzali: “Mauro Repetto? Il suo motto era: “Nessuna dignità”, senza di lui non ce l’avrei fatta”

Max Pezzali a ruota libera su Mauro Repetto e le sue vicissitudini nei bagni degli aeroporti francesi…

pubblicato 17 Ottobre 2013 aggiornato 15 Ottobre 2020 16:24

Alzi la mano chi di voi non si è mai chiesto cosa facesse nella vita il biondino degli 883, oltre a qualche singolare balletto intorno a Max Pezzali durante i live della band italiana più in voga negli anni Novanta. Ebbene, stasera ci ha pensato proprio Max a far luce sulla questione, fidatevi, gliene sarete grati. Intervistato da Linus nel corso della prima puntata de Il Grande Cocomero, il sedicente Ragazzo Inadeguato, ha raccontato molto di sé e della sua carriera. Carriera che, dice, non sarebbe mai decollata senza l’aiuto di Mauro Repetto. Sì, il famigerato biondino.

La chiacchierata col direttore di Radio Deejay è stata ricca di spunti interessanti. Pezzali ha raccontato del suo ormai mitologico rapporto con la sfiga e con quel senso di inadeguatezza sbandierato a ogni piè sospinto in tutta la sua discografia. Il motivo di tali paranoie, dice, nasce proprio dal fatto di aver scelto di far vibrare armonicamente le proprie corde vocali per professione:

Credo che il cantante sia una specie di individuo borderline. Credo sia per questo che Ligabue definisce la categoria “O troppo accesi o troppo spenti”: da un lato c’è l’adrenalina del palco, dall’altro c’è la casa in cui magari ti prende la frustrazione perché non riesci a scrivere una canzone come vorresti.

Beh, frustrazione o no, c’è da dire che ogni suo brano sia diventato come minimo un successo se non un vero e proprio inno generazionale. Max però non ne sembra del tutto convinto e già che c’è racconta anche di come le groupie non facessero esattamente follie per stare con lui nel corso degli anni Novanta:

Io credo di essere sempre stato come uno di quei parenti che è un parente, sì, però è meglio farlo sedere lontano ai pranzi di famiglia. Tutto sommato molte persone mi ascoltavano ma probabilmente vergognandosene. Ora però sono arrivati i tempi dello sdoganamento di tutto, quindi si sdogana anche Max Pezzali. Ho avuto anche la sfiga di raggiungere l’apice del mio successo nel periodo in cui erano più quotati i deejay, quindi non ho mai avuto modo di conoscere moltissime groupie, anzi. Oggi i rapper sono i più quotati da questo punto di vista, ad esempio. Ma io con gli 883 cosa volevo fare? Credo fossimo la cosa meno arrapante del mondo!

Arrapanti o no, gli 883 hanno sbancato negli anni Novanta e Max non pensa minimamente che questo successo sia stato merito suo, anzi. Il nostro si dice certo che sarebbe ancora “in un angolo a scrivere canzoni da solo” se non avesse conosciuto il prode compare Mauro Repetto. Ecco come ricostruisce tutta la faccenda:

Senza Mauro non sarei mai diventato Max: era la parte spregiudicata dei due, io ero timido e non avrei mai avuto il coraggio di portare una cassetta a chi di dovere per farmi conoscere. Io ascoltavo solo musica punk che poi era la musica degli sfigati. Lui aveva un motto: “Dignità zero!”.

Linus a questo punto si dice dispiaciuto del fatto che la domanda più frequente su Repetto sia tuttora: “Ma che caz*o faceva il biondo degli 883?” e così invita Pezzali ad approfondire la descrizione del suo compagno di avventure musicali e, soprattutto, a spiegarci la ragione di quei terribili balletti:

Lui era il motore del gruppo. Solo che ad un certo punto si è messo a ballare: la prima volta che accadde io avrei voluto avere un malore in diretta tv piuttosto di stare su quel palco. Pensavo: “Ma cosa caz*o gli è venuto in mente?”. Però poi mi sono abituato. Ora comunque siamo rimasti in contatto, ci siamo sentiti giusto ieri, guarda.

E se purtroppo non sapremo mai cosa si siano detti durante l’utlima chattata su Whatsapp, Max non ci risparmia un succoso aneddoto esemplificativo della personalità del soggetto in questione:

Io e Mauro dovevamo trovarci a Milano per fare delle foto per un magazine. Lui ha sempre dietro il suo pc con cui scrive opere teatrali meravigliose. Arriviamo sul set e ci danno i vestiti da indossare per il servizio. Lui mi fa: “Devo cambiarmi in un’altra stanza perché non ho le mutande”. Perché? Perché in aeroporto a Parigi, dove vive attualmente, doveva andare in bagno dopo colazione. Ci va ma si dimentica di chiudere la porta a chiave e tiene il pc sulle ginocchia. Quando uno cerca di entrare, lui si alza istintivamente ma si rende conto che il computer stava per cadere…cerca di salvare il salvabile ma a quel punto le mutande fanno da “rete di protezione” tanto da rendersi “inservibili” all’uso, ecco. Me l’ha raccontato come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Non lo so, ma io su una vicenda del genere avrei voluto che Max trovasse l’ispirazione per il testo di una canzone. Eh, “Se solo avessi le parole…lo scriverei!”

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