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white rose movement @ transilvania, milano 17/11/06

Tornano a suonare in Italia a pochi mesi di distanza dalla loro ultima fugace apparizione milanese i White Rose Movement, giovane quintetto portabandiera dell’odierna reconquista new wave britannica…

pubblicato 4 Dicembre 2006 aggiornato 1 Settembre 2020 02:29

WHITE ROSE MOVEMENT – TRANSILVANIA MILANO 17/11/2006

Tornano a suonare nel nostro paese da headliner, dopo aver fatto da spalla nella recente data milanese dei Placebo, i White Rose Movement, giovane quintetto portabandiera dell’odierna reconquista new wave britannica con all’attivo un brillante e fortunato disco d’esordio, Kick, dato alle stampe lo scorso marzo dalla Independiente.

    Grazie ad una massiccia heavy rotation dei loro videoclip sui principali canali musicali televisivi (Flux su tutti) e al passaparola degli appassionati, il gruppo sembra poter finalmente contare su una crescente e meritata popolarità anche tra il pubblico nostrano.

Per esprimere la diffusa approvazione per l’accurato look retro esibito dai membri della band, la stampa abusa spesso dell’insopportabile aggettivo stilosi, fatale sinonimo di fighetti un poco spocchiosi, anteponendo banalmente la forma a discapito della sostanza, che pure abbonda nei wrm.
Il cantante Finn Vine, la tastierista Taxxi e soci tentano di scrollarsi di dosso e rispedire ai mittenti la subdola e vuota retorica adulatoria cercando di ricreare dal vivo lo stesso impatto sonoro sapientemente catturato nelle registrazioni in studio dall’ottima produzione di Paul Epworth.

    Nonostante la buona volontà e l’indiscutibile talento compositivo ribadito anche nella versione live di pezzi come Love is a number, Deborah Carne, London is mine, dove i Killing Joke giocano a freccette con i Duran Duran senza mai riuscire a batterli, qualcosa sembra non quadrare e una persistente nuvola di incompiuto si materializza sul palco del Transilvania alla fine della serata.

    L’esibizione dei cinque non risulta infatti priva di pecche, penalizzata in partenza dalla pessima assistenza del mixer audio, che ne mortifica colpevolmente il suono: le tastiere sono per larghi tratti impercettibili, i cori evanescenti. Come se non bastasse la voce del trampoliere Finn, che si inerpica frequentemente sugli speakers nel tentativo di arringare la folla, stecca ripetutamente.

Il pubblico, pur gradendo nel complesso la proposta musicale dei wrm, non può inoltre non storcere il naso di fronte alla striminzita scaletta del gruppo, centellinata in appena cinquanta minuti complessivi, pause e bis compresi. In buona sostanza la band si limita a proporre per intero il disco di debutto senza quasi nessuna concessione per cover o pezzi inediti (eccezion fatta per la b-side White swan), precludendosi il ricorso a salutari improvvisazioni e interazioni col pubblico, che forse avrebbero potuto compensare positivamente la scarsa quantità di pezzi offerta.

    La tegola più pesante per il gruppo è la cancellazione delle date successive del tour a causa di un’infezione alla gola riscontrata al lungo frontman, incapace di recuperare la voce al termine del concerto. Forse non tutto il male viene per nuocere; è tempo per i wrm di rifiatare e prepararsi al meglio per far compiere alla band il necessario salto di qualità anche nelle esibizioni dal vivo, e permettere di raggiungere a questo giovane ma già dotatissimo gruppo la maturità necessaria per esprimere sul palco la stessa dirompente forza racchiusa nei loro dischi.
    Finn Vine