Home Interviste Raphael Gualazzi: “Se vuoi condividere musica, non puoi rivolgerti solo alla nicchia”

Raphael Gualazzi: “Se vuoi condividere musica, non puoi rivolgerti solo alla nicchia”

Il cantautore di Urbino racconta i suoi inizi: dall’incontro con Ivan Graziani all’innamoramento del blues

pubblicato 19 Gennaio 2014 aggiornato 29 Agosto 2020 23:30

L’intervista de La Repubblica a Raphael Gualazzi è ricca di curiosità anche sulla vita privata del cantante che tra poche settimane tornerà in gara a Sanremo, stavolta insieme al dj techno The Bloody Beetroots. Il 32enne cantautore ha raccontato di essere fidanzato con una ragazza che fa taekwondo, di essere innamorato del blues e di non avere televisione in casa. Dopo aver confessato che nella sua cameretta aveva appesa una maglietta di Bob Marley e che dovette abbandonare il basket, per una lussazione di troppo al dito che metteva a rischio la sua carriera da pianista e musicista, Gualazzi ha narrato di aver conosciuto Ivan Graziani, con il quale il padre Velio fondò gli Anonima Sound:

Ivan mi sentì cantare che avevo otto o nove anni e disse che avevo qualcosa di particolare. Cos’altro poteva dire al figlio di un amico?

Gualazzi, diventato popolare grazie al Festival di Sanremo nel 2011 con il successo tra i giovani con Follia d’amore, ha ammesso di sognare di duettare con Kurt Elling, Camilla, Esperanza Spalding (“Le collaborazioni migliori nascono quando lasci la fase del controllo e vai libero. Bisogna essere aperti, non devi essere geloso nel donare ciò che hai appreso”). Quindi ha raccontato la sua scoperta del blues:

Capii che la matrice di tutta la musica moderna era lì dentro. Così iniziai a documentarmi, a contaminare e portare quei suoni nelle mie canzoni dandogli un sound più moderno. Il soul è divertimento, emozione e anima.

Quindi sui temi della coerenza e della originalità nella musica, ecco il suo ben argomentato punto di vista:

La coerenza non esiste in musica. Devi essere solo coerente con l’amore che hai per lei. Macinare chilometri ogni giorno senza preoccuparti dei cliché, abbattere le barriere tra i generi senza puzza sotto il naso. La bellezza sta proprio nell’affluire a diversi generi musicali: perché precludersi delle possibilità? La musica è una luce che sprigiona tutta la sua energia attraverso i colori, ma tutti in un disco non ci stanno: ogni canzone però ha una sfumatura diversa. Bisogna tenere tutte le porte aperte. Tutto quello di cui abbiamo bisogno l’abbiamo già. Libertà e tradizione: l’originalità è già insita in questi due elementi. La composizione è confidenza e scioltezza: ci si deve liberare da qualsiasi struttura e far confluire la propria interpretazione della realtà, rispettando e celebrando la tradizione. Se non conosci la tradizione non sai dove andare. Un musicista suona per se stesso, per l’arte e per il pubblico. Fattore estetico, personale e commerciale devono dunque armonizzarsi (…) se vuoi condividerlo col maggior numero di persone possibile, non puoi rivolgerlo solo a una nicchia.

Gualazzi, scoperto da Caterina Caselli e portato nella Sugar nel 2009, ha infine parlato di soldi, che certamente non ostenta in maniera volgare:

L’unico lusso che mi sono concesso è un pianoforte C3 Yamaha da ventimila sterline e una vacanza in America dopo Natale, non ero mai stato a New Orleans.

Infine, il concetto forse banale, ma di certo molto sentito da molti musicisti:

Non si fa musica per i soldi, tantomeno ora, che rispetto a dieci o vent’anni fa, in proporzione butta malissimo. Finché non sfondi un muro, vai solo a perdere. Ma non me ne importa niente, finché la salute regge e ho la forza di suonare sono l’uomo più ricco del mondo.

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