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Raige a Blogo: “Ormai il rap è entrato negli usi e costumi quotidiani”

Il cantante rap ci parla di viaggi, lingue straniere, Buongiorno LA, il rap come pop, ed i talenti sprecati dei talent

pubblicato 20 Ottobre 2014 aggiornato 16 Ottobre 2020 15:34

Che il 2014 sia un anno d’oro per Raige non è un segreto: il suo album Buongiorno LA, uscito in Maggio, ha ricevuto attenzioni da parte di pubblico e critica, ed uno dei singoli, Ulisse, è diventato un piccolo tormentone dell’Estate italiana, arrivando anche in finale al Coca Cola Summer Festival. Nel frattempo ha suonato su e giù per l’Italia, per portare ovunque la sua musica, anche in contesti diversi dal classico “concerto rap” – quando Blogo lo incontra, Sabato 18 Ottobre, è nei vesti di unico “special guest” alla festa organizzata da EF Italia per gli studenti che vogliono imparare le lingue all’estero.
La giornata di Raige è stata in effetti impegnativa: il rapper torinese ci ha concesso in esclusiva qualche minuto prima del concerto pomeridiano al LimeLight, poi ha eseguito un veloce soundcheck mentre le porte del locale di aprivano, indondandosi di ragazzi accorsi per vederlo – e dopo un set intenso, ha incontrato qualche fan e poi è dovuto correre via in direzione Torino, per un altro show la sera. Una vera e propria “doppietta” concertistica, segno di una richiesta che fortunatamente non sembra diminuire.

Parte proprio da qui la nostra chiacchierata… godetevi il video in apertura di pagina per seguire tutto il discorso, o leggete qui di seguito una trascrizione delle fasi principali dell’intervista.

“Sono contento di essere così impegnato, perchè è importante fare dischi, ma ancora più importante per chi fa dischi è l’esibizione live, in quel momento ti rendi veramente conto di come è stato recepito il disco, di come la gente reagisce ai pezzi dal vivo. Poi io faccio un tipo di rap che non è esattamente lo stereotipo del rap classico, perchè ha influenze molto cantautoriali e parti melodiche molto importanti, in più dal vivo io non giro con il classico dj e basta, ma con un polistrumentista che suona tastiera e chitarra, quindi per me è importante.
In questi cinque mesi dall’uscita del disco ho suonato tantissimo, ho avuto grandissime opportunità anche a livello televisivo come il Coca Cola Summer Music Festival su Canale 5… quello che mi è piaciuto molto di quest’anno è che, vista la mia attitudine al cantato più “pop” – anche se in realtà al momento non c’è niente di più pop in Italia del rap – sono riuscito ad andare a suonare in contesti che non fossero prettamente di persone che usufruivano già della musica rap. Questa è stata la cosa più importante, perchè ti mette in relazione con un pubblico completamente diverso. Il che è il sogno di ogni musicista, perchè la crescita reale avviene quando varchi i confini del tuo territorio e riesci a portare la tua musica a più persone possibili.”

Visto quel che dici sul “rap che è il pop del momento in Italia”: in uno dei testi di Buongiorno LA dici che “il rap è stato depredato come da ladri di tombe”, e che ci sono meno risorse. Dove si va, quindi, dopo il 2014 del rap?

“Vorrei contestualizzare la frase, in quel pezzo (R.A.I.G.E.) dico che “abbiamo saccheggiato quel genere”, intendendo dire che nove volte su dieci quel che funziona nel rap in Italia è la versione 2.0 di qualcosa che c’era già prima. Questo non avviene negli altri mercati, dove c’è un rap che è molto più longevo a livello mainstream, rispetto a noi che abbiamo importato il genere con un leggero sfasamento di 15 anni… Quindi il punto è che in questo momento che il rap è sotto i riflettori, bisogna riuscire a fare album di spessore tale che riescano a far superare la diffidenza generale che c’è verso il rap, soprattutto per quel che riguarda i testi.
Noi veniamo da una cultura di testi molto importante in Italia, noi abbiamo avuto veramente dei grandissimi cantautori, ed il rap sta iniziando a prendere piede fra i giovanissimi perchè parla a loro, senza nulla togliere ai talent – dai talent vengono fuori veramente dei gran talenti a livello vocale e interpretativo, ma poi sono relegati al solito vecchio modo di fare musica in Italia con dei testi scritti da autori che spesso hanno esaurito le loro risorse, che non vivono tanto l’ambiente fuori, e magari troviamo dei cantanti veramente forti e molto giovani, che dicono cose da adulti, o da troppo adulti. ”

Quindi ci si può spingere oltre, anche per il 2015?

“Ma certo, ormai il rap è entrato negli usi e costumi quotidiani. I ragazzini indossano New Era, mettono le Air Force One o le Jordan… ci siamo. Ora bisogna solo educarli, e la musica ha un ruolo importante.”

Visto che siamo a pochi minuti dalla tua esibizione a questo EF Party, con la EF che organizza viaggi di studio all’estero, sarei curioso di sapere qual è stato il tuo viaggio migliore, quello che ricordi con più affetto.

“Ogni viaggio nel furgone in giro per suonare mi dà sempre buoni ricordi, quella è la base.
Ma a livello di viaggio, direi che il mio preferito sia quello di me e mio fratello per la prima volta in Francia, precisamente a Parigi. Noi amiamo molto la musica rap francesce, che poi ha origini extracomunitarie perchè i principali rappresentanti sono marocchini o senegalesi, ed è stata una bella esperienza perchè era una delle prime volte che uscivano dai confini italiani, eravamo piuttosto adolescenti e la ricordo con affetto. E’ stato una decina di anni fa, eravamo anche agli inizi dei nostri approcci con la musica, e abbiamo vissuto tutto con un occhio sognante. I viaggi per me sono soprattutto legati alle persone con le quali li hai fatti, e ai ricordi che scaturiscono da queste esperienze, e visto che parliamo di musica e viaggi, questo è il ricordo migliore.”

E’ interessante che parli di un viaggio in Francia per sentire il loro rap – quindi capisci il francese?

“Qualche parola impari a masticarla, ma il rap ha un linguaggio universale che è quello del flow, quindi se io riconosco la capacità tecnica e l’attitudine, la musica va oltre ogni barriera linguistica.”

E (sempre riferendoci al fatto che siamo qui alla EF, dove si studiano lingue), come te la cavi con le lingue straniere in generale?

“Me la cavo abbastanza bene, ma ora non farmi un test perchè sono in soggezione e direi castronerie.”

Dai, un paio di parole dall’inglese sicuramente me le sai tradurre. Ad esempio, cos’è un “hater”?

“Riferendosi al mio ambiente, nella musica, i miei hater sono quelli che per partito preso si schierano male contro di me, senza ascoltare il mio disco con attenzione. Ma in Italia c’è sempre, questa voglia di lamentarsi spesso…”

E invece quando si dice che tu scrivi “pezzi struggle”, cosa significa in Italiano?

“Nella musica, “Struggle” è tutto ciò che percorre in maniera malinconica certi tipi di sentimenti che tendono a ledere più che a far del bene. C’è della struggle nei miei dischi, sì. In questo ultimo album, prenderei ad esempio “Domani è un altro giorno”, con il featuring di Simona Molinari.”

Tuo fratello Ensi non è noto come un “cantante struggle”, ma quando ci si mette, nel paio di pezzi più malinconici dei suoi album, tira fuori roba veramente devastante. C’è mai competizione fra di voi su questo punto… su chi soffre di più nella malinconia?

“La malinconia ce l’abbiamo entrambi, ci è data anche dall’educazione che abbiamo ricevuto e da quello che abbiamo vissuto, molte esperienze le abbiamo vissute insieme proprio perchè siamo fratelli. Detto questo, la competizione sta alla base del nostro rapporto, prima ancora del nostro modo di far musica, perchè dalla competizione nasce l’eccellenza, quindi nè io nè lui saremmo dove siamo arrivati, nè saremmo quello che siamo, se non fosse per questa competizione in tutti i campi.”

Un’ultima domanda per te, un dubbio sul testo della tua hit Ulisse: ma il succo del brano qual è, che chi è innamorato non dovrebbe partire per un viaggio?

“Il mio pezzo prende a paragone Ulisse che come un poveretto ha girato per vent’anni, ha sfidato tutto il pantheon, per tornare a casa dalla sua Penelope, e quindi io dico che se tu sei Penelope e io Ulisse, non aver paura che non prendo neanche la porta di casa. Visto che oggi siamo in un contesto di viaggi, se l’amore lo dobbiamo unire ai viaggi, io direi di partire insieme, che è perfetto no?”


Per gli appassionati della “famiglia Vella” (o degli One Mic), segnaliamo anche l’intervista ad Ensi registrata il mese scorso, in occasione dell’uscita di Rocksteady. Buona Lettura!

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