Home Runnin’ With The Devil: la recensione del libro sui Van Halen scritto dal loro manager

Runnin’ With The Devil: la recensione del libro sui Van Halen scritto dal loro manager

Arriva in Italia l’autobiografia del manager dei Van Halen, che racconta con mille aneddoti assurdi l’ascesa e la caduta della band fra il 1978 e il 1985

6 Aprile 2022 10:54

Nelle autobiografie scritta dai musicisti, il punto di vista personale del membro della band prende il sopravvento sulle descrizioni di come si svolgono alcuni fatti controversi, e spesso chi le scrive tende a minimizzare sui quantitativi di droga, alcool e donne che si sono consumati. Un’autobiografia è, ovviamente, un racconto parziale sulla storia di una band.
Runnin’ With The Devil fornisce un punto di vista “esterno” (ma non completamente) sulla prima fase della carriera dei Van Halen (1978-1985): raccontati, analizzati e vivisezionati dal punto di vista del loro manager.

Runnin’ With The Devil è un’autobiografia scritta bene, un libro appassionante. E’ anche un libro scritto, a 30 anni di distanza, con ancora un filo di amarezza per come le relazioni siano finite bruscamente, mischiato però alla dolcezza dei ricordi migliori e di quelli più folli. Lo spiega l’autore stesso, nell’ultima pagina: quando fu liquidato dalla band, gli fu imposto di non poter scrivere una biografia nè sceneggiature cinematografiche per decenni. Ora il tempo è scaduto, e le porte della memoria si sono aperte.

Si parte con il botto, con una descrizione di un qualsiasi concerto dei Van Halen nel 1982: la parola “sesso” è contenuta nella prima riga, ma viene fornita un’idea viscerale di tutto quello che girava intorno alla band (i camion, i roadie, le groupie, il pubblico in delirio), richiamando suoni e odori ben noti a chi frequenta concerti.
L’attenzione è conquistata fin da subito, e l’autore torna agli inizi del suo rapporto, totalmente casuale e imposto dall’alto, con una band che stava emergendo nel 1978. In un tempo brevissimo, i Van Halen esplosero nel mondo discografico, e Noel Monk passò dall’essere il loro tour manager ad essere il manager, vivendo a stretto contatto con la band e (traspare dalla narrazione) considerandosi quasi il quinto membro del gruppo, dividendo con loro soldi, droga e sesso, ma al contempo dovendo risolvere sempre più problemi, assistendo a sempre più scene assurde, e fungendo anche da padre in qualche occasione.
In effetti, in alcuni momenti la narrazione sembra farsi un po’ troppo spaccona, concentrata nell’auto-celebrare i propri successi – se da una parte una prosa del genere può dare un po’ fastidio, dall’altra la si deve per forza accettare, perché Noel veramente riuscì a liberare con un trucchetto la band dal primo contratto discografico che rasentava lo schiavismo, veramente ebbe l’idea innovativa di auto-produrre e distribuire tutto il merchandise dei Van Halen, e in generale ebbe ben più di una manciata di intuizioni geniali e decisamente remunerative.

Per chi ama gli aneddoti, ce ne sono a iosa e tutti memorabili, e se in molti si ricorderanno principalmente quelli legati ai musicisti, personalmente mi chiederò per sempre cosa portò il manager precedente a pensare che fosse una buona idea filmare i rapporti sessuali dei membri della band, per poi tirarne fuori un documentario da mostrare a colleghi ed impiegate della Warner Bros, finendo licenziato in tronco. Ma forse, la risposta alla mia domanda è la più scontata: la droga. La cocaina.
Il libro intero è rivestito di droga, i Van Halen si presentano a Noel Monk come amanti della marjuana con un interesse già spiccato verso la cocaina, un interesse che coinvolgerà e rovinerà tutto e tutti. Accanto alla cocaina, il sesso permea tutta la prima parte della narrazione, con i primi anni dei Van Halen dedicati a voler portare a letto più donne possibili – già nel primo tour all’estero, fa impressione che la band venga descritta come “in crisi d’astinenza da sesso”, visto che in Inghilterra non erano conosciuti come in America. Durante quel tour, comunque, si consolarono con le droghe, introdotte ad altissimi livelli dagli headliner Black Sabbath.
Droghe e alcool (e sempre meno sesso) prendono il sopravvento nella parte finale del libro: la parte più triste, quella dell’autodistruzione, i cui semi erano stati gettati anni prima e che, incredibilmente, sembrano affondare le radici durante la creazione del loro album di maggior successo, 1984. Durante l’ultimo tour con David Lee Roth il gruppo era già a pezzi, era già stata fatta una gran porcata finanziaria a Michael Anthony, Eddie Van Halen aveva già perso il sorriso dentro a montagne di polvere bianca e suo fratello Alex si era dimostrato un alcolizzato in preda a deliri paranoidi. Eppure, ogni sera, andavano sul palco e per due ore tornavano sobri, tornavano amici, e si mangiavano il pubblico.

E’ un’epoca finita troppo presto, e che non tornerà più. Il libro ce la racconta nelle sue molteplici gioie (il primo tour in Sud-America) e le mille difficoltà (ancora, il primo tour in Sud-America), e possiamo prenderne parte avendo questo “pass dietro le quinte”, che comprende anche una bella carrellata di foto personali scattate da Noel E. Monk all’epoca. La lettura è decisamente consigliata.

RUNNIN’ WITH THE DEVIL – ALLE ORIGINI DEI VAN HALEN
Autore: Noel E. Monk
Traduzione Italiana: Barbara Caserta
Pagine: 368
Editore per l’Italia: Chinaski Edizioni

Dalla pagina di Chinaski / Il Castello Editore potete scaricare un’anteprima gratis in pdf del libro, con l’appassionante prologo e una manciata delle rare fotografie trovate da Monk.