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Dieci (o quasi) album ‘indie’ italiani del 2009

Foto | FlickrArrivare ogni volta a fine anno scegliendo solo una manciata di album è una sfida irresistibile. Si rischia sempre di lasciar fuori qualche nome (e accadrà anche ‘stavolta, ne sono sicuro), ma il gusto di fare il punto della situazione e provare a evidenziare il meglio, ha sempre il sopravvento.Questi sono i 10

pubblicato 30 Dicembre 2009 aggiornato 31 Agosto 2020 05:56


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Arrivare ogni volta a fine anno scegliendo solo una manciata di album è una sfida irresistibile. Si rischia sempre di lasciar fuori qualche nome (e accadrà anche ‘stavolta, ne sono sicuro), ma il gusto di fare il punto della situazione e provare a evidenziare il meglio, ha sempre il sopravvento.

Questi sono i 10 album italiani dell’anno appena trascorso. I disclaimer sono d’obbligo: non c’è nessuna pretesa di dare giudizi assoluti (e chi potrebbe, poi?), sono in ordine di importanza (ma alcune posizioni cambierebbero già tra cinque minuti, probabilmente), sono dettati anche dal ‘sentire’ di chi scrive (mai credere a chi sostiene di esprimere giudizi in modo impersonale).

Non ci sono nomi ‘da classifica’. Non è snobismo: penso piuttosto penso che, salvo rarissime eccezioni, la musica in Italia abbia da tempo abbandonato le classifiche. Ci sono nomi meno noti, ma non per questo meno interessanti. Mi piacerebbe che venisse data un’opportunità a tutti. Anche con un solo ascolto.

Mariposa Mariposa – “Mariposa” (Trovarobato)
L’album italiano dell’anno. Cantautorato che rielabora la tradizione dei grandi con una personalità unica. Testi sbalorditivi e un discorso musicale che inizia da lontano, con la caparbietà di chi sa di avere molto da dire e sa come dirlo. Eccelsi.

L'amore non è bello Dente – “L’amore non è bello” (Ghost Records)
Ironia in dosi massicce contro le insidie del romanticismo da classifica, una scrittura intelligente che ha imparato ad andare dritta al punto. Riferimenti agli italiani da esportazione (c’è chi dice Battisti: io insisto con Graziani). Le poesie degli anni 00: basi e premesse per una carriera di tutto rispetto.

FitnessForeverPersonalTrain Fitness Forever – “Personal Train” (Pippola Music / Elefant)
IL disco indiepop dell’anno. I ’60s, la Spagna, la Rairadiotelevisioneitaliana, i film, le vacanze al mare. Non fatevi ingannare: è un disco divertente e, insieme, molto più serio di quello che sembra. Ve ne accorgerete quando, senza avvisarvi, arriverà un brano come “Quando ho tempo”. Gusto per gli arrangiamenti, sonorità perfette, ottimi musicisti. Un album stellare.

Albanopower-Maria'sDay Albanopower – “Maria’s Day” (42 Records)
Come si fa a fare un disco dal respiro profondamente italiano e dai riferimenti stranieri? Come si uniscono gli agrumeti siciliani alla musica d’Oltremanica? E gli arancini all’elettronica? Gli Albanopower conoscono la ricetta. Si scrivono canzoni micidiali, le si arrangia con il meglio del prog d’annata e dell’indie attuale e si condisce il tutto con l’illogica allegria del Natale. Ovunque voi siate, non lasciateveli scappare.


BrunoriSAS-Vol1 Brunori SAS – “Vol.1” (Pippola Music)
La prima, ma proprio la primissima cosa che vi diranno di Dario Brunori, tenutario e mente della Brunori SAS, è che somiglia a Rino Gaetano. A questo punto potete scegliere: lasciare che i soliti critici cerchino per forza di convincervi che tutto somiglia a tutto e non c’è più niente di nuovo nella musica e blablabla… Oppure ascoltare questo disco, la forza e l’onestà dei testi. L’ironia svagata e consapevole. Il cantautorato a metà tra una notte in spiaggia e un pomeriggio con le persiane socchiuse. E poi ascoltarlo di nuovo.

IlPaeseE'Reale Aa. Vv. – “Il paese è reale” (Urtovox)
Lo stato delle cose in Italia. Il coraggio di Sanremo. Enrico Gabrielli che si mette a dirigere il clapping. Il meglio del meglio di un gruppo di persone che non si arrende alla mediocrità e sforna dischi che lasciano il segno. Questo è un compendio: una specie di Bignami. Il punto della situazione. Amici ritrovati e nuove facce. C’è voglia di fare, rabbia intelligente, tanto, tantissimo talento praticamente in ogni traccia. Il paese è reale. La musica -questa musica- anche di più.

BoboRondelli-PerAmorDelCielo Roberto ‘Bobo’ Rondelli – “Per amor del cielo” (Live Global)
Se non siete mai stati a Livorno vi sfuggirà qualcosa di questo disco. Tranquilli: non è cantato in dialetto, non ci sono riferimenti troppo espliciti alla città. Possono ascoltarlo tutti, a patto di avere buone orecchie e gusti sopra la media. C’è Bobo Rondelli alla voce e ai testi e questo basta. Niente di più distante dai fasti degli “Ottavo Padiglione”, la sua band storica. Bobo oggi ha trovato la sua strada e la percorre come un pugile che ha ancora incontri da vincere. Tom Waits sul comodino, una foto di Piero Ciampi nel portafoglio, la sua chitarra minuscola, il jazz di Stefano Bollani, il suo aspetto da eterno latin lover (cercatevi i video in cui imita Mastroianni: esilaranti) e Livorno: il musicista invisibile in più. Un talento purissimo.

PaoloBenvegnù500 Paolo Benvegnù – “500” (Ep)
(La Pioggia Dischi)
Due contraddizioni al prezzo di una. La prima: questo è un EP e non un disco intero, quindi a rigor di logica non potrebbe rientrare nella lista. La seconda: non sono e non voglio essere obiettivo quando si tratta di Paolo Benvegnù. “500” è quello che accade quando si concentra la poesia e l’energia di un artista come Benvegnù nello spazio di pochi minuti. Quando le parole, per la loro stessa forza e quella impressa da un modo di ‘soffiarci’ dentro la musica, acquistano tanto volume, tanto di quel peso che finiscono per esplodere. Usate questo disco per distinguere un ascoltatore da un appassionato: guardate quelli che rimangono davanti a farsi investire da tanta passione. Ancora una volta: eccellente.

RobertoAngelini-LaVistaConcessa Roberto Angelini – “La vista concessa” (Carosello Records)
Quando si ha alle spalle una storia e una carriera complessa come quella di Angelini, si deve faticare più di molti altri. Non sto parlando del solito riferimento alla parentesi Gattomatto: il percorso di un cantautore simile può permettersi di prescindere da un episodio. La fatica è quella del lavoro per conciliare la propria crescita artistica e lo stile che caratterizza una voce, un modo di suonare. Il piccolo miracolo è riuscito nelle tracce di un disco molto malinconico, attento a suoni e parole in un modo che spesso lascia disarmati per la sincerità espressa. Bentornato.

nocover L’ultima posizione è un trucco. Concedetemelo. Non mi piace escludere nomi che in qualche modo vorrei rientrassero nella lista. Metto un segno per ricordare lo sforzo e il rinnovamento di una band come i My Awesome Mixtape e il loro “How Could A Village Turn Into A Town‎”, un altro per la bellezza di vedere i Camillas finalmente dal vivo e poter ascoltare a ripetizione il loro “Le Politiche Del Prato”. Un altro appunto per ricordarmi di “Libro Audio” dei Uochi Toki, col gusto di lasciarmi prima sovrastare dalla quantità di parole per poi perdermi rincorrendo i loro ragionamenti di/sulla qualità. E -ultimo solo in ordine di tempo- il ritorno dei Carpacho!, dopo lo scioglimento, con L’Oracolo E Il Fardello: il loro indie pop inizia a farsi nervoso, come chi cerca nuovamente la sua strada e probabilmente, in un modo o nell’altro, riuscirà a trovarla. Un augurio che vale per molti, in questo 2010 che arriva.

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