Home Festival di Sanremo Fasma a Blogo: “Dopo Sanremo ho ancora più fame. Ora ecco il mio album: Io sono Fasma”

Fasma a Blogo: “Dopo Sanremo ho ancora più fame. Ora ecco il mio album: Io sono Fasma”

Intervista a Fasma. Io Sono Fasma è il suo secondo album, in uscita il 28 febbraio.

pubblicato 27 Febbraio 2020 aggiornato 20 Febbraio 2021 13:23

Terzo tra le Nuove Proposte (ma primo negli streaming) del Festival di Sanremo 2020, Fasma arriva con il suo nuovo album. Io Sono Fasma è il titolo del progetto in uscita il 28 febbraio. Tredici le tracce. Tre i featuring (Lil Zeff, Barak da Baby e Riviera). “Questo disco è me, la mia esigenza, le mie poesie necessarie”, aveva detto Tiberio Fazioli per presentare il suo precedente disco, il primo, uscito nel 2018.

Anche queste sono delle poesie necessarie?

“Totalmente. Solo che stavolta ho la consapevolezza del fatto che sto parlando a delle persone che mi hanno capito. Sono riuscito a esprimermi ancora meglio. Ho iniziato a creare un rapporto di fiducia con chi mi ascolta”.

Perché prima non c’era questa consapevolezza?

“Ho sempre fatto musica per me stesso. Prima c’era tanta voglia di esprimere dei disagi interiori, invece questa volta abbiamo anche cercato di trasmettere dei messaggi. Per me è stato un passo successivo. Quando scrivo parto dalla realtà che vivo. Non posso far finta del fatto che tante cose sono cambiate rispetto all’uscita del primo album. Abbiamo molte più cose da dire”.

La musica per te è ancora uno sfogo?

“Questa esigenza non cambia. E’ bello vedere che il nostro punto di partenza non è cambiato. Non ci interessava farci cambiare da determinati meccanismi o fattori esterni”.

Il disco si chiama Io Sono Farma, ma quando parli della tua musica usi il ‘noi’. Noi chi?

“Questo progetto è cominciato da un sogno, e l’abbiamo sempre coltivato insieme con il mio team. Le persone che mi sono accanto, dal mio produttore al manager personale, non sono mai cambiate. Insieme abbiamo anche aperto una casa discografica per poter dare la possibilità ai nostri amici di poter dire la loro. Infatti sono gli unici tre feat. dell’album. Questa scelta non è stata dettata dalla loro appartenenza all’etichetta, ma perché li rispetto artisticamente e come persone. Fanno parte della mia realtà di ogni giorno. E’ una ficata. La nostra prima canzone l’abbiamo registrata in macchina e oggi abbiamo un nostro studio di registrazione. Voglio far capire a tutti coloro che vogliono mettersi in gioco che è possibile. La condivisione, del dolore e delle gioie, ti porta a metabolizzare la realtà senza cambiare”.

La prima traccia dell’album sembra quasi un manifesto. Canti: “C’è un Fasma dentro ognuno di noi“.

“Spesso, inseguendo i nostri sogni, ci autoconvinciamo di non potercela fare. Invece bisogna andare avanti ogni giorno, senza guardare ai passi falsi degli altri. La propria realtà non dev’essere mai un limite, ma un punto di partenza per costruire qualcosa di migliore. Noi l’abbiamo fatto e ci stiamo riuscendo. E’ questo quello che volevo trasmettere con questa traccia. ‘Un uomo che ha piegato se stesso non potrà mai raddrizzare gli altri’ è un po’ il nostro mantra. Se noi siamo rimasti in piedi, tutti possono farlo”.

Dici anche che ti eri immaginato con una maschera. Qual era questa maschera?

“Da piccolo mi ero creato una maschera, una di quelle bianche di plastica. Avevo tagliato la parte della bocca e l’avevo tutta colorata. Sembravo un fantasma dell’opera. Mi immaginavo così. Poi, quella maschera, l’ho buttata. Ho capito che la mia faccia è come portare una maschera, non è importante. Quel che devo comunicare, lo comunico attraverso le mie parole e la mia musica”.

Ogni tua esibizione è un concentrato di inquietudine. Hai davvero quest’inquietudine dentro di te?

“(sorride, ndr) Quando sto sul palco mi sento dove devo stare. Lì non ho pensieri. Durante i live si crea una sorta di empatia tra me e le persone. Ecco, quello è il posto dove riesco a tirare fuori qualcosa. Soltanto lì riesco a incanalarla in qualcosa di bello”.

Questo è un disco che non racchiude in un unico genere, anche se hanno provato a metterti nella casella dell’emo-trap.

“Che non si azzardassero (scherza, ma neanche troppo, ndr). A me dispiace quando vengo classificato. Quando canto cerco di esprimere tutte le emozioni che ho dentro. Le emozioni, però, non possono essere classificate in un unico genere. E poi la mia idea di musica è molto personale. Non rispetto i canoni di nessun genere, per questo non voglio essere classificato: perché non voglio fare un torto a nessuno. Non mi interessa far finta di essere parte di un genere. La musica è libertà”.

In S.D.A. ripeti in continuazione tre parole: “sesso, droga, alcol“. Ci spieghi perché?

“E’ una canzone senza messaggio. E’ la foga messa all’interno di un brano. Ho dovuto tirare fuori qualcosa che non aveva realmente senzo, come se fosse un urlo. Quella canzone è stata una liberazione”.

Questione Sanremo. Com’è andata?

“Non sono andato là con la voglia di vincere. Avevo solo voglia di spaccare il palco. La nostra vera vittoria è stata suonare su quel palco. Noi siamo usciti da quell’esperienza con ancora più fame. Non vediamo l’ora che esca questo album, anche solo per avere un feedback delle persone”.

Il 2 marzo dovrebbe partire l’instore tour. Ma in epoca Coronavirus che succede?

“Bisogna fare tutti dei sacrifici. La fortuna è che la musica riesce a entrare nelle case di tutti. Ora è responsabilità civile di ogni persona fare il proprio dovere”.

Foto di Fabrizio Cestari

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