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Cesare Cremonini, 2C2C The Best Of: conferenza stampa in diretta

Il 29 novembre esce 2C2C The Best Of, la prima grande raccolta di Cesare Cremonini. La conferenza stampa.

pubblicato 27 Novembre 2019 aggiornato 9 Novembre 2020 17:46

Il 29 novembre uscirà Cremonini 2C2C The Best Of, la prima grande raccolta di Cesare Cremonini. Al suo interno, sei brani inediti, ma anche 32 singoli di successo in versione rimasterizzata, 15 brani strumentali e 18 rarità. Un album anticipato dal singolo Al Telefono.

  • Cesare Cremonini: “Può sembrare una raccolta, ma non è una semplice raccolta. Racchiude il repertorio di un’artista, una cosa sempre più rara. Non è sempre stato facile per me in questi due decenni di musica. Solo oggi è possibile mettere insieme tutti i pezzi e raccontarli nella sua interezza”.

  • Le canzoni: “Oggi è facile poter lavorare ai progetti inseguendo le logiche della discografica. Delle cose sono cambiate, ma il mio lavoro è sempre stato in prospettiva di costruirmi un repertorio. Oggi, con orgoglio, dopo 20 anni, posso mostrarvi il mio forziere”.

  • “Ci sono state logiche che potevano influenzare o cambiare il mio percorso, ma grazie ai miei collaboratori sono riuscito a mantenermi fedele a me stesso. È come se avessi la fede al dito nei confronti della musica. Sono convinto che questa sia una bella storia da raccontare a chi inizia oggi a fare musica”.

  • Gli inediti. “Scrivere sei inediti per me è significato iniziare a scrivere un album. Solo che il tempo è stato più breve, perché come nelle partite a scacchi è scaduto il tempo”.

  • I 40 anni, un momento importante. “Ho sempre sognato di avere una storia umana oltreché discografica. Volevo che la musica potesse seguire la mia crescita come persona. Oggi è l’ora di smetterà di dire che sono un artista che sta maturando, perché sono un uomo. Questo album è la storia della mia vita”.

  • “Anche nei momenti di passaggio, anche nei momenti più difficili, ho sempre pensato che lavorare in prospettiva fosse il vero valore della mia carriera. Arrivo da una generazione di artisti che pensava che gli stadi sarebbero arrivati nel momento in cui un artista avesse raggiunto un numero di canzoni importanti per la collettività comune. Oggi, a 40 anni, ho l’energia di un 20enne perché non ho avuto tutto subito ma me lo sono costruito col tempo”.

  • Via alle domande. “Ho studiato musica classica, sono quelle le mie basi. La musica classica ancora oggi è di una modernità disarmante, è lì che nascono molte delle mie canzoni”.

  • “Mi sono accorto che la fischiettabilità di una canzone è un po’ un limite. Al Telefono, per esempio, è una canzone che va ascoltata dall’inizio alla fine. Non mi interessano le logiche di chi fa le canzoni brevi per varie motivi. Dopo 20 anni di carriera penso di potermi permettere canzoni come Al Telefono. Forse è un po’ presuntuosa l’idea di fare canzoni così… Mi fido di un publico che sa farsi accompagnare dalle canzoni. Non cedo alla tentazione di seguire lo stereotipo della musica pop di oggi”.

  • “Ho lavorato da solo e in collaorazione. Credo moltissimo nel fatto che la musica abbia la necessità di scambio di dialogo. Se non avessi aperto la mia vita ala produzione, ma anche come collaborazione, credo che la mia musica avrebbe seguito una strada lineare. Mi sono accorto che nel dialogo, assaportando la profondità di un dialogo, mi potevo aprire a nuove intuizioni e nuove strade. Sono diventato sempre più severo con me stesso. La musica deve rimanere sensibilità, senza essere troppo razionale. Ho sempre più bisogno di abbandonare la mia razonalità e nel dialogo con gli autori sono sempre più forte”.

  • “Ho raggiunto l’età in cui non vedo più la riva da cui sono partito. I miei ricordi iniziano ad offuscarsi. Ho sempre avuto l’occhio rivolto verso il mio futuro. Inizio a vedere con difficoltà dov’è la riva. Mio padre se n’è andato. Distraendomi da me stesso ho perso contatto con il mio viaggio e quando sono tornato nella mia barca non vedevo più l’orizzonte. Mi sono perso nella vita, mi sono perso nel cammino. Ho capito che nessuna burrasca ti può uccidere, è il momento ideale per scrivere e scoprire nuove canzoni. È il momento ideale per scrivere un best”

  • “Sono tutte autobiografiche le mie canzoni. Il focus rimane sempre raccontare la mia vita, anche quando scrivo con gli altri. Non essendo canzoni nate per lanciare un best, non sono canzoni di passaggio. È un disco ancor più autobiografico degli altri. Non ho avuto il tempo di giocare con la musica per necessità discografica in questo album. Sono sei brani estremamente a fuoco su di me, che avevano l’obiettivo e la necessità di raccontarmi in maniera limpida, come una fotografia. Ci sono proprio io dentro”.

  • “Giovane Stupida parla di quando sono tornato single. Ho avuto un’idea brillante: fidanzarmi con una ragazza più giovane di me. Giovane Stupida è molto bella non solo perché rcconta una vicenda sentimentale privata, credo che ci sia attraverso questa canzone una considerazione più ampia. In questi tempi in cui è difficile capire dove sta il vero e il falso, l’amore è tornato uno specchio improtante per decifrare la società. Giovane Stupida, oltre a raccontare in maniera leggera l’incontro con questa ragazza, racconta la sofferenza per uno scontro generazionle. Ho capito dove stanno i giovani attraverso il rappoorto con lei. Dietro la sua leggerezza, racconta qualcosa di oggi. Penso che l’amore oggi debba tornare a non essere snobbato nelle canzoni. Negli anni 90 se parlavi di amore prendevi coppe dietro la schiena. I Lunapop parlavano d’amore, a 17 anni, e ci dicevano che era indicibile. Invece attraverso l’amore, oggi, facciamo i conti con la vita”.

  • “Non ho avuto tutto subito”: una posizione contro chi ottiene gli Stadi subito? “La questione è semplice: amo la musica, una buona parte della musica che sta nascendo oggi. Consumo la musica per come è proposta: la studio, la osservo e cerco i prendere quell che mi poace. Ma sono fedele a me stesso, alla cultura musicale e alla generazione dalla quale provengo. Non ho mai fatto compromessi. Oggi si parla troppo di Spotify, ma abbiamo vissuto la stessa cosa con iTunes dieci anni fa. Non mi spaventa tutto questo. Sono abituato a pensare che i supporti discografici cambiano molto velocemente nel tempo. Quante volte ho deto ‘mi dispiace, io sono così’, soprattutto ai tempi della Warner. Se oggi sono qua, se stiamo per entrare nel territorio di un tour negli stadi, è perché nel momento in cui era facile cedere ad alcune tentazioni io non l’ho fatto. Non lo dico per pormi in maniera migliore di altri, ma perché questa è la mia storia e perché è questo che io oggi devo raccontarvi”.

  • “Ho ascoltato con curiosità The Supreme. L’ho trovato divertente e accattivante. È importante che ci siano artisti come lui, che ha 17 anni. Sento la stessa energia e la stessa fame che avevo io a 17 anni con i Lunapop. È importante che sia uguale per tutti la fame e la voglia. Ci sono prodotti che funzionano bene lì, e altri prodotti che devono avere un’altra strada”.

  • Il tour. “L’appuntamento più importante con un artista, un tempo, era il disco. Si facevano le file, non si dormiva la notte. C’era un equilibrio tra il coraggio del disco e il coraggio del tour. Oggi il tour è diventato il modo per conoscere meglio un artista, l’appuntamento vero con l’artista è diventatp il live, a vantaggio delle agenzie e a svantaggio della discografia. Non è per forza un male. È una possibilità importante perché gli artisti in questo modo potranno far crescere il gusto artistico. È anche una responsabilità, non è tutto un incasso. È un mio dovere quello di insegnare qualcosa, quello di proporre artisticamente dei progetti, essere in evoluzione e raccontarmi”.

  • De Luca di Live Nation: “Il live e l’industria discografica devono viaggiare nel modo più parallelo possibile. Difficile che una cosa esista, se non esiste anche l’altra. Sono contento che la discografia stia riprendendo a vivere abbondantemente. Cosa rappresenta Cesare per Live Nation? Il contrario del mordi e fuggi. Una costruzione che questo team che lo vede nella posizione di leader ha costruito nel tempo e rispecchia il suo modo di scrivere e di cantare”.

  • Hai voluto mettere un punto su chi sei oggi? “Lo sviluppo orizzontale di una carriera mi viene istintivo. Un best può essere una grande occasione per capire come ogni canzone fosse collegata all’altra, è una caratteristica peculiare della mia discografica. Oggi 50 Special, se vogliamo partite dall’inizio, è coprensibile come un atto di grande sincerità. Per me 50 Special e Giovane Stupida valgono uguale, non trovo una differenza. Un giorno migliore e Qualcosa di Grande, scritta a 16 anni, dal punto di vista di capacità e di qualità valgono uguale. Non ci sono parole nuove, valgono uguale. Ho sempre fatto fatica a spiegarlo durante il tragitto, oggi è più facile”.

  • “E’ un inchino al pubblico, alla mia vita passata, a quello che ho vissuto. Ho deciso che fosse arrivato il momento di posizionare nella libreria tutto quello che avevo fatto. Portare il peso ancora addosso avrebbe offuscato la libertà di continuare con leggerezza. A un certo punto devi ordinare la casa, altrimenti non riesci ad andare avanti. È un momento di enorme passaggio della mia vita, quello che sta vivendo. Questo è tangibile nelle mie canzoni”.

  • “Sono rimaste fuori una dozzina di canzoni nuove. Forse è il momento più critico della mia vita. C’è un ossessione per la ricerca musicale, l’ossessione per il non ripetersi e anche l’ossessione per non omologarmi e trovare una via solo mia per potermi proporre… C’è un enorme lavoro dietro, a volte molto faticoso. Quando è scaduto il tempo, ho dovuto consegnare quello che avevo raggiunto con questo tipo di credenziali”.

  • “Non c’è nessuna vergogna nel dire che la mia collaorazioni fatte nella mia carriera sono state estremamente sensate e a fuoco. Sono state due. Lorenzo non finirò mai a ringraziarlo per l’instante in cui ho iniziato ad ascoltare la sua musica, è stata una spinta vitale per iniziare afare questo mestiere. Aveva senso collaborare con lui, dieci anni fa. Malika era la mia ragazza, condividevamo un amore intenso anche legato alla musica. Era qualcosa di molto appassionato. È chiaro che oggi le collaborazioni, che sono un ottimo modo per esplorare il mondo della musica in modo più creativo, sono anche un modo per trovare strade per poter fruire la musica. Sono stato tentato un paio di volte di fare una collaborazione. Il mio collaboratore Walter, con un fucile puntato alla tempia, mi ha detto che le collaboraizoni non devono nascere da una necessità discografica fine a se stessa, ma quando la canzone decide”.

  • “Non è buffo che un best non abbia nessuna collaborazione? L’ho trovata una cosa particolare. È una presa di responsabilità di quello che si fa. Non pensiate che io non sia spaventato da questo atteggiamento, ma mi dà gusto e mi fa sentire il brivido del rischio. Le canzoni che ho scritto mi fanno vivere, perlomeno con me stesso, sogni tranquilli”.

  • “Appartengo alla generazione di mezzo. Tra gli Anni 90, tra i giganti come Vasco e Lorenzo, e gli anni Duemila, partiti a raffica con cambiamenti epocali come lo streaming e i nuovi idoli. A volte con vantaggi, a volte con grandi limiti, arrivo tra queste due anime. Sono sempre nella situazione di capire cosa sta succedendo e di imparare. Il mio sogno è scrivere una pagina della musica italiana, e mi guardo in maniera curioso al futuro. Le cose stanno cambiando velocemente e c’è tanto da imparare”.

  • “Gli stadi sono il mio grande sogno della vita. Non potevo rinunciarci. Ho rinuncito invece a un tour inverane a Natale del 2020. Non perché non volessi, ma perché volevo capire quale fosse la strada migliore per proprorre qualcosa di migliore. Non mi pongo nei confronti della musica come qualcuno che è arrivato che è pronto a ricevere e basta, inseguo ancora la musica e il pubblico”.

  • Stadi e Imola. “Imola è nata dall’esigenza di trovare uno stimolo molto grande, un appuntamento davvero importante, per la mia città e la regione in cui vivo, che è il centro della mia vita. Sarà un grande evento di chisura di un grande tour, ma non saranno due show diversi”.

  • “Quando un artista canta una mia canzone, è capitato nei talent o con Fiorella Mannoia in un album o con Michele Bravi dal vivo, sono sempre molto onorato e meravigliato. Questo mestiere mi offre un senso profondo di gratutidine. Forse perché vengo da una Bologna con una grande storia cantautorale, ed essere diventato un nome con una concretezza mi lascia un’emozione. Non sono un cantante da scuola di canto, sono un cantautore che ha scoperto una sua voce, che combiacia perfettamente con le parole che scrive, non è detto che una mia canzone cantata da altri mantenga quell’equilibrio magico tra voce e testo di chi scrive canzoni. Quando ascolto le mie canzoni cantate nei talenti cambio canale perché dico: ‘Ma forse non era così bella questa canzone’. Solo quando la canto io si mantiere nell’equilibio. Non credo che sia necessario alla mia carriera. In più, piccolo problema con cui devo fare i conti, non so scrivere canzoni a tavolino. Non so scrivere a gettoni. Sono difettoso da questo punto di visa”.

  • “Tiziano non mi ha mai proposto una canzone e io non l’ho mai rifiutata”.

  • “Il bilancio umano è di un uomo smarrito nella vita, entusiasta di non avere più catene che mi tenevano attaccato al mio passato, a dove sono partito. Mi sono perso e si sta benissimo qui. È il territorio ideale per iniziare a scrivere la seconda parte della mia carriera. Non avrei mai pensato che sarebbe stato così straodinariamente senza punti di riferimento, con un futuro straordinariamente bello da scrivere e da costurire”.

  • Come hai fatto a tenere la barra dritta? “Sono un grande incassatore. So prendere calci e pugni e so rimanere in piedi. Quando il rapporto con la mia casa discografica, la Warner, era difficile ho capito che sarebbero state le canzoni a tenermi su. È stata un’esperienza a volte difficile”.

  • Il cinema: “Se mi ha cercato? Ogni tanto succede, ma trova occupato. Ho fatto un film giovanile con Martina Stella, dopo ho avuto la fortuna di ricevere la chiamata di Pupi Avanti. E ho detto: 1 a 1. Il pareggio l’ho ottenuto e siccome gioco fuori casa nel cinema, il pareggio mi andava pure bene”.

  • Il testo di Nessuno vuole essere Robin in via d’Azeglio: “Accenderanno le luminarie e verranno accese con il testo di Nessuno il testo vuole essere Robin, la canzone più italiana della mia carriera, che più è figlia della storia musicale bolognese. Sono onoratissimo, emozionato, felice per la mia storia. Mi dispiace non avere più 20 anni per portarci una ragazza e vantarmi (ride, ndr). Non prenderò il posto di Lucio. Credo sia nata la volontà diddare valore a chi ha dato valore alla città di Bologna. Spero che il prossimo anno ci sia Guccini. Come avrebbe voluto Lucio, spero che via d’Azeglio possa rappresentare il centro culturale di Bologna. Questo è un omaggio della mia città da vivo: sono morto e me ne sono accorto? Il coraggio di dare valore alle persone che sono qua, che sono vive, in un Paese che tende in maniera abbastanza comprensibile a dare valore post mortem, credo che sia un buon segnale”

  • reunion Lunapop? “No, perché è come se mi chiedessi: arrivato a questo punto, gurdando la foto di gruppo della quinta elementare, ti piacerebbe tornarci? Rispondo che preferirei andare anvanti. Non ho nostalgia, io, in realtà, Di nulla”.