Home Interviste Manuel Aspidi a Blogo: “Non sono più ‘quello di Amici’. Italia senza meritocrazia, vado all’estero”

Manuel Aspidi a Blogo: “Non sono più ‘quello di Amici’. Italia senza meritocrazia, vado all’estero”

Il cantante, ex di Amici e di The Voice torna con il singolo Let out this light: “Avevo sempre sognato di portare la mia musica fuori dall’Italia e ora ci sto riuscendo”

pubblicato 14 Novembre 2019 aggiornato 27 Agosto 2020 11:04

Si intitola Let out this light il nuovo singolo di Manuel Aspidi (quasi due milioni di visualizzazioni su Youtube in un mese). Una ballata d’amore intensa e delicata scritta da Julian Hinton, autore, arrangiatore e produttore che ha collaborato, tra gli altri, con Trevor Horn, Seal e Robbie Williams. Blogo ha intervistato il cantante, fresco di Ep dal titolo Libero (I’m free), nato per idee e note di Alan Clark, Phil Palmer (rispettivamente tastierista e chitarrista, nonché arrangiatori, dei Dire Straits) Mickey Feat e, appunto, Julian V. Hinton. Da gennaio 2020 l’ex di Amici di Maria De Filippi (2006/2007) e di The Voice of Italy (2016) sarà in tour nei teatri italiani (per ogni tappa verrà istituita una raccolta fondi destinata a “I Sogni di Jo”, una bambina livornese che dovrà effettuare un’importante e costosa operazione in Florida a causa di una grave malattia per poter camminare), dove omaggerà anche il suo idolo Alex Baroni.

Let out this light è un brano che Julian Hinton ha tenuto nel cassetto per oltre 20 anni. Una sera a cena gli ho detto che mi avrebbe fatto piacere ascoltare qualche suo lavoro. Tornato a Londra, mi ha mandato alcuni brani, tra i quali Let out this light, di cui mi sono innamorato al primo ascolto. L’ho inserito nel mio Ep. Parla di amore a 360 gradi, amore come fonte di luce e di vita per poter uscire dalla oscurità che ognuno di noi ha.

Un progetto discografico di respiro internazionale.

Sì, prodotto dai Dire Straits, è stato registrato tra Londra e l’Italia, con brani nati in inglese. Abbiamo usato un sound internazionale. Ho avuto la fortuna di conoscere i Dire Straits; sono andato a casa di Phil Palmer e di sua moglie Numa, dove mi ha fatto una vera e propria audizione: ha preso la chitarra in mano e mi ha chiesto di cantare. Completamente impreparato – pensavo di doverlo soltanto conoscerlo – ho intonato Hallelujah di Jeff Buckley e Perfect di Ed Sheeran. Dopo qualche giorno hanno contattato la mia casa discografica, dicendosi intenzionati a lavorare con me.

Questo lavoro ti farà allontanare dall’Italia?

Mi sto già allontanando. Let out this light è primo in classifica nella Euro Indie music chart e nella Independent world music chart. Ed è entrato anche nella prestigiosa Adult Contemporary Airplay Chart, unico artista italiano. Una grandissima soddisfazione perché il mio intento era proprio far apprezzare la mia musica all’estero.

A 32 anni ti sta un po’ stretta l’Italia?

Io sono estremamente patriottico. Amo l’Italia, ma è meno meritocratica rispetto all’estero. All’estero l’approccio alla musica è diverso, più meritocratico. In Italia ho fatto tante cose, ma avevo sempre sognato di andare fuori. E ora ci sto riuscendo.

Cosa ti ha fatto capire che l’Italia è meno meritocratica rispetto ad altri Paesi?

Per far ascoltare la propria musica in Italia un artista deve superare le montagne di Seul. Invece, se c’è un artista che vale e che ha potenziale gli deve essere data la possibilità di farsi ascoltare. Se uno è bravo, dovrebbe essere valorizzato, non ostacolato. Così la musica muore e le persone sono costrette a cercare altri sbocchi per sopravvivere.

Hai mai pensato di mollare?

Sono molto determinato, sono un cavallo che viaggia con i paraocchi fino a quando non raggiunge l’obiettivo. Non mi fermo davanti a niente e a nessuno. Nel mio percorso sono capitati momenti di sconforto. Nella mia edizione di Amici, per esempio, le case discografiche non esistevano e quindi non ho avuto la fortuna di un’etichetta che supportasse la mia musica appena uscito dal programma. Soli a metà andrò molto bene, certo, ma le case discografiche non puntavano sui concorrenti dei talent, anzi questi erano visti di cattivo occhio. Mi sono dovuto rimboccare le maniche, ho fatto collaborazioni importanti, ho lavorato con grandi artisti, ma come ogni essere umano ho avuto momenti di debolezza e di blackout. Però sono riuscito a rimanere sui binari, senza perdere la retta via.

Lascerai l’Italia?

Di sicuro ci sarà il mio tour, in Italia, anticipato da una data zero proprio nella mia Livorno, il 31 gennaio. La mia casa discografica, però, è stata contattata da diverse parti del mondo, da Londra, da Parigi, dall’Australia e dall’America. Vogliono che io vada a cantare anche laggiù. Succederà sicuramente.

Molti ancora oggi associano il tuo nome ad Amici di Maria De Filippi. Provi un po’ di insofferenza per questo?

Insofferenza no, ma mi piacerebbe che, dopo tanti anni, venissi identificato anche come il Manuel Aspidi che ha una carriera alle spalle. Manuel Aspidi, punto. Come Alessandra Amoroso ed Emma, entrambe nate ad Amici, ma che hanno una loro identità. All’estero, non conoscendo il programma, questo avviene perché sono conosciuto solo come Manuel Aspidi artista.

Sei rimasto in buoni rapporti con alcuni dei tuoi compagni di Amici?

Karima è una mia amica, siamo in rapporti perfetti, ci vogliamo un gran bene. Ho chiesto di averla ospite alla mia data zero a Livorno. Sono felice di poter tornare a cantare insieme a lei.

The Voice, invece, che tipo di esperienza è stata per te?

Ad Amici c’era una vera e propria scuola, anche di recitazione e ginnastica artistica, a The Voice studiavi un pezzo, lo provavi e poi salivi sul palco. Le differenze sono abissali, anche se pure The Voice è stata un’esperienza gratificante per me. È arrivata dopo un periodo difficile in cui mi stavo chiedendo chi fossi. Il miglior modo per rispondermi è stata rimettermi in gioco in un talent. Ed è andata bene.

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