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Jacopo Ratini a Blogo: “L’album ‘Appunti sulla felicità’ racconta gli ultimi 4 anni della mia vita”

Intervista a Jacopo Ratini: Appunti sulla felicità è il suo ultimo album pubblicato.

pubblicato 22 Maggio 2019 aggiornato 27 Agosto 2020 13:18

Jacopo Ratini ha partecipato al Festival di Sanremo 2010 nella categoria Nuove Proposte. Ha vinto numerosi premi e festival nazionali di musica d’autore: Musicultura, il Premio Lunezia, il Tour Music Fest, il Roma Music Festival, Musica Controcorrente, il Premio Note Verdi, il Premio Franco Califano, il Premio Roma Videoclip e Sanremo Lab.

Ha tre dischi all’attivo, Ho fatto i soldi facili (Universal 2010), Disturbi di Personalità (Atmosferica Dischi 2013) e Appunti sulla Felicità (Atmosferica Dischi 2018), alcuni singoli, un libro di poesie e racconti, “Se rinasco voglio essere Yoko Ono” (Edizioni Haiku 2012), un’audiofiaba per bambini (Il Pescatore di Sogni), innumerevoli live e collaborazioni artistiche di rilievo nazionale.

È ideatore del SALOTTO BUKOWSKI (sold out all’Auditorium Parco della Musica a Marzo 2018), un reading-musicale tra teatro e canzone, in cui le poesie di Charles Bukowski s’incontrano a livello tematico e concettuale con gli artisti che hanno reso grande la canzone d’autore italiana. Da anni si occupa dell’organizzazione di eventi artistici e culturali per club, locali e manifestazioni. Dal 2015 è direttore artistico del Mons di Roma. Docente di scrittura di canzoni, dal 2016 entra a far parte della prestigiosa Accademia Spettacolo Italia come docente di songwriting.

A fine 2018 è uscito il suo nuovo disco “Appunti sulla Felicità”. Abbiamo intervistato Jacopo per parlare di tutto questo e molto di più.

Appunti sulla Felicità è il titolo del tuo ultimo singolo e anche dell’album, uscito a fine 2018. Mi parli della lavorazione del disco e dei tuoi ultimi impegni?

Per raccogliere tutte le canzoni ci ho messo un po’, raccontano gli ultimi 4 anni della mia vita. C’è distanza tra “Disturbi di Personalità” e “Appunti di felicità” perché in questo periodo ho fatto tante altre cose oltre al cantautore. Docente di scrittura di canzoni, organizzatore di eventi, Moms, spettacoli teatrali e ho scritto un libro di poesie e racconti. La creatività è stata messa a frutto anche in altri settori, ci ho messo del tempo a scriverlo. Ma è un disco del quale, dopo l’uscita del primo singolo ad ottobre, ancora si parla.

L’elemento principale è la scrittura in tutti questi tuoi impegni…

E’ la cosa che mi riesce meglio, trovare un link tra quella parole e la melodia, la canzone, il suono inteso come narrazione, in quel senso. La parola a 360 gradi, il fil rouge di quello che faccio.

Mi parli del Salotto Bukowski, come è nata questa idea, di cosa si tratta?

Il Salotto Bukowski è nato per una mia passione per Bukowski. Ho cominciato a leggere i suoi libri di poesie. Col tempo sono diventato un collezionista, ho tantissimi libri suoi anche in lingua straniera, un accumulatore seriale. Ho iniziato a fare dei reading, facendo incontrare Bukowski con altri artisti. Mi arriva la chiamata di un teatro importante a Roma: “Perché non lo porti in scena?”. E così è nato il rapporto tematico tra Bukowski e i vari temi. Tipo Bukowski che si incontra con la critica sociale in “Mio fratello è figlio unico” di Rino Gaetano. Se si parla di Bukowski e birra, con Franco Califano e la sua Io me ‘mbriaco. L’anno scorso è arrivato all’Auditorium Parco della Musica a Roma, è stata una gioia per tutti, la conclusione -per ora- di un percorso che riprenderò più in là.

Una passione nata da poco?

L’ho ‘conosciuto’ nel 2006. Per caso. Molto spesso sto in libreria e lì scelgo libri a caso, da una copertina, un titolo, un colore. Questo libro si chiama “Il grande” ed è il terzo volume di poesie di una trilogia. Era tutto arancione, acceso, mi aveva colpito il colore. Lo apro a caso e leggo “I vecchi”, poesia che diceva “Perché si manda i giovani in guerra? Hanno tutta la vita davanti, mandiamo i vecchi… I giovani se la devono godere la vita”. Letta a quegli anni era una cosa pazzesca. Era molto provocatoria ma anche lucida. Sono amante del Bukowski poeta che parla delle emozioni in maniera cruda, vera.

Parlando di Appunti sulla felicità, il singolo, un invito ad agire. Il realismo è alla base di tutti i tuoi brani?

Ognuno credo possa cantare, raccontare ciò che vive aiutato dall’immaginazione. Quello che vivo è proprio quello che racconto. Io vivo le emozioni, i miei motivi di vita, la curiosità nei confronti delle storie delle persone, stati d’animo, quella sfera intima e personale. Sono amante delle storie di chi ce l’ha fatta, nonostante tutte le vicissitudini avute. In questo disco c’è un po’ tutto, ci sono io e tutta la vita, nelle varie sfaccettature, anche nei blackout. C’è sempre qualcosa per cui vale la pena rivivere, innamorarsi ancora, dopo una morte, una separazione, un tradimento. Trovare qualcosa per cui ne vale la pena a tornare a gioire.

Non è quindi solo istinto di sopravvivenza ma di vivere “in pieno”.

Esatto, l’essenza è quella, vivere in maniera consapevole.

Tra le canzoni del disco, ce n’è una a cui sei più particolarmente legato? Quale e perché?

Te ne posso citare 2. Appunti di felicità, l’ultima scritta in ordine cronologico, un invito a me stesso che si relaziona a tutti. Un’altra è “Ti chiamerò casa”, la dichiarazione d’amore più bella scritta finora. Chiamare “casa” una persona… le persone con cui stai bene diventano dei luoghi belli, piacevoli…

Essenziali, quotidiani…

Sì, una metafora dello stare insieme. Ogni volta che ascolto quel brano penso “Cavolo, ho scritto una cosa convincente”.

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