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Che delusione, Ghali!

Dai palazzi ai palazzetti, Ghali ha perso molta della freschezza dei suoi esordi. Ecco una breve riflessione su I Love You.

pubblicato 15 Marzo 2019 aggiornato 27 Agosto 2020 14:44

Album, il primo vero disco di Ghali uscito ormai quasi due anni fa, è stato probabilmente il miglior disco italiano del 2017. Fresco, originale, incisivo, il progetto discografico dell’artista tunisino ma nato e cresciuto in Italia (per cui, ricordiamo, italiano al 100%) aveva rappresentato una bella boccata d’aria per la musica italiana, costantemente fossilizzata sui soliti tre accordi e produttori.

Forte dell’incredibile accoglienza del disco (il quinto più venduto del 2017) Ghali aveva deciso di cavalcare l’onda del successo collaborando con Vodafone ad un brano che, inizialmente, avrebbe dovuto in teoria limitarsi ad essere un jingle pubblicitario. Il feedback ricevuto dai fan è stato però tale che l’artista ha deciso, in definitiva, di tirarci fuori una vera e propria canzone, Cara Italia, entrando così ufficialmente a far parte del mercato mainstream che fino a prima l’aveva snobbato.

Con il brano, dedica accorata al nostro paese, Ghali aveva fatto centro. Cara Italia era un pezzo che funzionava, era orecchiabile ma non scontato e, soprattutto, trasmetteva un messaggio. Non era una canzoncina, ma qualcosa di più, un pezzo attuale che con delicatezza raccontava, fra le altre cose, del sovranismo dilagante nel nostro paese, tanto bello quanto ricco di contraddizioni.

La consacrazione per Ghali arriva nel passaggio “dai palazzi ai palazzetti”. Niente più Baggio: per l’artista, da questo momento in poi si aprono le porte dei palasport (un tour non esattamente sold out), il contratto con una major, la diretta streaming da Assago su RTL 102.5 e le ospitate da Maria de Filippi (con relative voci sulla sua possibile partecipazione a talent vari ed eventuali in veste di giudice). Un copione già visto, pure troppe volte.

Tutto bellissimo? Mica tanto, perché ad un certo punto il meccanismo inizia ad incrinarsi. Ghali non è sempre stato lo sbruffone à la Sfera Ebbasta. Al contrario, il rapper si è presentato fin da subito con un’immagine decisamente umile e low profile, cambiata nel tempo, e pure di parecchio.

Le prime avvisaglie di questo “nuovo corso” appaiono su Twitter. Dopo aver lasciato il suo profilo praticamente inattivo, se non per i post promozionali di rito, Ghali inizia a scrivere, a lanciare frecciatine, a sciorinare opinioni non esattamente richieste. Ecco che sui social, giusto per fare un esempio, Ghali “la fa fuori dal vasetto”, definendo la sua (validissima) Cara Italia come una delle canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana.

Sarebbe interessante chiedere in questo senso un’opinione a poeti come Lucio Dalla, Fabrizio de André o a maggior ragione a Giorgio Gaber, che il testo della canzone l’ha pure ispirato (“la pisciata in compagnia é di sinistra, il cesso é sempre in fondo a destra” cantava in Destra-Sinistra).

La conferma che l’hype sul personaggio di Ghali sta già sfumando ce l’abbiamo avuta giusto quest’oggi, con la pubblicazione del suo nuovo singolo, intitolato I Love You.

Al netto del paragone un pochino forzato con il re del pop Michael Jackson nella copertina del singolo (che tempismo, fra l’altro, ma questa è pura sfiga), la svolta pop di Ghali non ci ha fatto esattamente impazzire.

Il motivo? Il brano non è per di per sé malaccio, ma è un pop un pochino troppo ispirato a Stromae (Tous les mêmes e Ave Cesaria in particolare) e, allo stesso tempo, privo dello stesso guizzo creativo.

Ghali (che ha legato al singolo un pregevole progetto legato alle carceri italiane e ai loro detenuti) ha semplicemente rispettato tutte le previsioni del caso, seguendo il percorso fin troppo prevedibile dell’artista vendutosi alle più classiche delle regole del mercato discografico.

Lo step successivo, e lo sappiamo tutti, potrebbe essere il tormentone della pubblicità del prossimo cono gelato. Considerati i devastanti esordi di Willy Willy e di Sto Records, sarebbe un vero peccato. Ma soprattutto un’enorme, gigantesca delusione.

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