Home Festival di Sanremo Manuel Agnelli: “Sanremo è un carrozzone privo di contenuti ma ci tornerei”

Manuel Agnelli: “Sanremo è un carrozzone privo di contenuti ma ci tornerei”

Manuel Agnelli e la sua opinione sul Festival di Sanremo.

pubblicato 29 Gennaio 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 09:57

Pro o contro? La scelta, cosìddetta, alternativa poco è avvezza a farsi vedere al Festival di Sanremo. Chi ci è andato, a suo tempo, è stato Manuel Agnelli con i suoi Afterhours. La rock band ha partecipato alla gara nel 2009, epoca Bonolis, con il brano Il Paese è Reale (premio della critica). Apriti cielo: gli After erano passati dalla parte del “demonio”, secondo i fan di sempre.

“Eravamo lì a fare promozione a noi e a tutto un ambiente, il nostro, che si è autoghettizzato ma che continuava a sembrarci sottovalutato, nei numeri e nella sostanza. Eravamo lì per usare il Festival […] In realtà da anni Sanremo è solo un megafono promozionale. Anzi IL megafono. La cosa più potente a disposizione di tutti quelli che ne sanno approfittare”, ha raccontato il giudice dell’ultima edizione di X Factor a Repubblica Robinson.

Agnelli ha definito il Festival come “un carrozzone privo di contenuti” e “diventato puro trash”:

“E’ la rappresentazione di un’Italia che non ci piace e di un modo di fare spettacolo che svilisce qualsiasi tentativo di commistione con il mondo culturale. Non la controcultura della controcultura. Il niente. Che è molto più potente. Infatti abbiamo continuato tutti a guardarlo. Sanremo, come l’Italia, non si cambia. Bisognerebbe fare una rivoluzione ma sarebbe destabilizzante per tutti. Cambiarlo è come montare un paio di gambe lunghe su uno dei nani che accompagnano le ballerine e fare finta sia alto. Cambiarlo sarebbe inaccettabile per i fairsei della cultura che dal Festival continuano a essere rassicurati sulla loro intelligenza. Quello che serve non è cambiare Sanremo, così come non è cambiare le cose che esistono, ma crearne di nuovo che non nascano già contaminate o non siano già troppo merce per poter rappresentare ogni parte musicale del Paese con tutta la libertà che occorre”.

Eppure, quella partecipazione – ha ammesso il cantante – “ci servì”: “Defenitivamente a capire la reale pochezza di tutto un ambiente, quello alternativo, che ormai non riesce neppure a diventare alternativo a se stesso. Pieno di regole, gabbie e creativamente poverissimo come mai in passato. Ci servì per i motivi per i quali serve a tutti: la fama, la credibilità fra gli addetti ai lavori e la conseguente disponibilità nei nostri confronti da parte di una serie di entità che non ci avrebbero mai preso in considerazione prima”.

“Quando mi chiedono se lo rifarei non ho dubbi nel rispondere. Certo cari. Ma solo se conviene. Solo se conviene”, è la chiosa.

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