Home Max & Igor Cavalera Return To Roots: foto-report dal concerto di Trezzo, 10 Novembre 2016

Max & Igor Cavalera Return To Roots: foto-report dal concerto di Trezzo, 10 Novembre 2016

Il concerto nostalgico in tributo a Roots dei Sepultura è stato un successone, e con gli Extrema in apertura si è proprio tornati agli anni Novanta…

pubblicato 11 Novembre 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 12:19

Quanto vale la nostalgia?
Ci riflettevamo il mese scorso quando i Moonspell, che da tempo in Italia venivano ignorati, riuscirono a riempire il Live Club con la promessa di suonare solo i primi due dischi della carriera.
Ora Max Cavalera è tornato insieme al fratello Igor per suonare tutto Roots, l’album più famoso dei Sepultura, che uscì esattamente vent’anni fa.
E’ una di quelle operazioni che, se fatte bene, ti fa scorrere la lacrima nostalgica e ti fa ricordare di quando ascoltavi Roots vent’anni fa – se fatta male, viene una cagata tristissima.
Conoscendo lo stato fisico (e vocale) del Max degli ultimi anni, e vedendo che ormai suonava in locali molto piccoli (l’ultima volta a Milano, solo nove mesi fa con i Soulfly, fu al Tunnel Club, il locale più piccolo della zona), il rischio-cagata era alto, eppure in tanti hanno voluto credere al progetto.
Max aveva addirittura detto che voleva suonare le canzoni talmente uguali al disco che aveva ammonito Igor di non suonare veloce come fa di solito dal vivo, perchè il disco suonava più lento e loro dovevano fare le cose per bene. Le speranze erano alte.

E, beh, le speranze non sono state deluse.
Un Live Club pieno fino alla capienza (per intenderci, sulla balconata superiore c’erano cinque file di spettatori – impossibile vedere qualcosa se si era sotto il metro e ottanta d’altezza) ha accolto i fratelli Cavalera che sono “tornati alle radici”, e hanno fatto esattamente quanto promesso: hanno suonato tutto Roots, dall’inizio alla fine, strumentali e pezzi in portoghese compresi. Niente giochetti, niente inversioni di tracklist… si è partiti con Roots, Bloody Roots (vi immaginate se i Metallica avessero iniziato il concerto del Black Album Anniversary con Enter Sandman?), si è finito con Dictatorshit. In mezzo, un piacevole massacro. Max è incredibilmente tornato in forma, ha tagliato la maggior parte dei dread, si è sistemato le corde vocali. Igor alla batteria picchia ancora come un fabbro. Bassista e chitarrista hanno fatto il loro, restando più anonimi del solito perchè tanto sapevano che la scena non era loro, ma era di Igor che ha parlato in italiano e di Max che ha bestemmiato per scaldare gli animi. Come ai vecchi tempi.

Dobbiamo affidarci alla nostalgia anche nel metal, quindi? Forse sì, e forse non c’è niente di male. Questi sono album storici, e mentre ascoltavo la gente urlare le parole di Ratamahatta (sì, lo so scrivere anche senza guardare Google, talmente sono affezionato alla canzone), mi è tornato in mente che nel 1996 ho visto i Sepultura ben 4 volte. Mi sono ricordato quando la sentivo all’ora, mi sono ricordato quando ero giovane e non è stata una brutta sensazione. E per chi venti anni fa era appena nato, questa è stata l’occasione di sentire una versione degna dal vivo del disco.
Non tutte le band hanno dischi storici che compiono vent’anni. Un anniversario va sempre festeggiato, e non c’è niente di male a festeggiarlo con i fan.

In apertura della serata, per lanciarci ancora di più negli anni Novanta, ci sono stati gli Extrema, in un concerto annunciato solamente tre giorni prima ma che ha sicuramente alzato il livello della serata: al netto dei detrattori (e non si capisce mai bene quale sia il loro problema), è stato bello sentire il calore del pubblico verso la band italiana, inneggiata durante le pause e applaudita caldamente. Anche loro hanno suonato pezzi vecchi, perchè come ha detto GL Perotta anche per loro era un ritorno alle radici, ad un sound degli anni ottanta. Un bel concerto, tirato e pestato, con anche un wall of death finale.
E poi ragazzi, GL ad oggi è il miglior Phil Anselmo in circolazione. Anche meglio dell’originale, al momento. Godiamocelo, e godiamoci quando ci chiama “fratelli miei”. Nel metal, lo siamo.