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EasyOne a Blogo: “Per definire ciò che faccio basterebbe una semplice parola: musica”

Non solo flow e musica, ma anche temi importanti: chiacchierare con EasyOne è un’esperienza profonda

pubblicato 5 Ottobre 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 13:15

Stessa Pelle di EasyOne è uscito a fine Maggio, ed è stato nelle mie cuffie per tutta l’Estate. Non solo per il flow e per i ritmi “solari”, ma anche per la profondità dei testi.
Visto l’avvicinarsi di un triste anniversario a cui è dedicato un brano, ed il risorgere di un dibattito a cui il cantante calabrese (di stanza a Milano ormai da anni) ha dedicato “dischi album”, ho contattato EasyOne per fare il punto della situazione del disco, dei featuring, e dei temi importanti trattati…

E’ innegabile che tu sia parte della scena hip hop italiana, e sul disco ci sono featuring (fra gli altri) di Clementino, Ensi, Primo Brown, così come scratch di Dj Daf.Tee, ma il mood principale di Stessa Pelle, a mio avviso, è una commistione di reggae, con influenze ska e, sì, un bel po’ di rap. E’ stata una scelta conscia, quella di adottare sonorità diverse dal solito?

Diciamo che, dai primi esordi con i Kalafro (con cui ho fatto uscire 4 album ufficiali), passando per i Maad Block (gruppo formato insieme a Blo/B e Dj Daf.Tee), questo suono è il risultato di tutte le esperienze musicali accumulate in questi anni. Non sono mai stato troppo razionale sulla scelta del suono che volevo dare al mio disco, ho sempre fatto la musica che mi sentivo di fare, questo album infatti è l’emblema di tutti gli sforzi fatti fino a oggi ed è tutto ciò che maggiormente mi rispecchia artisticamente. Rap, reggae, dancehall, hip hop, folk, roots: è difficile darmi un’etichetta ben precisa e forse per definire ciò che faccio basterebbe solo una semplice parola: musica.

Il reggae può convogliare meglio un messaggio sociale come quello che pervade il disco?

Ricollegandomi a ciò che ho scritto prima, non è importante il genere che si utilizza per arrivare al cuore della gente, la cosa fondamentale sono le parole usate e i messaggi che veicoli per emozionare il pubblico e chi ti supporta.

Cosa significa per te avere Primo Brown fra i featuring del disco? Deve essere stato uno degli ultimi registrati, ed in più parla di figli e di futuro… l’ho trovato ancora più duro da ascoltare di quanto già non fosse per il testo puro e semplice.

Sì, è vero, faccio anch’io fatica ad ascoltarlo questo brano perché mi emoziona molto. Primo ha fatto una strofa monumentale in cui si è raccontato, si è letteralmente messo a nudo, immedesimandosi perfettamente nell’atmosfera e nel significato del brano – a me molto caro, da come si evince dalle strofe. Avere Primo Brown sul disco è stata una fortuna, perché ho realizzato un vero e proprio sogno. Quando sei fan di un artista e poi ci collabori insieme è un’emozione indescrivibile.

Una delle canzoni più rappresentative del disco, nonchè il primo singolo, è Il mare non ha strade, esplicitamente dedicata a Aylan Kurdi, il bambino siriano morto in mare e la cui foto ha devastato le anime dell’Europa. Proprio in questi giorni si parla del fatto che sia passato un anno dallo scatto di quella foto, e che sostanzialmente non sia cambiato niente. Come vivi tu questa immobilità dell’Europa e del mondo?
Se neanche una foto è riuscita a “cambiare il mondo”, può farlo la musica? Una canzone può cambiare gli animi?

Sì, è vero, è uno dei brani più rappresentativi. Purtroppo una canzone non può cambiare le azioni delle persone ma può scuotere le coscienze, può sconvolgerle a tal punto da portarle a riflettere. La situazione è molto complessa in Italia e nel mondo… dopo aver visto quella foto del bimbo (Aylan), mi sono detto: “poteva succedere a mio figlio” e questo mi ha scosso così tanto da essermi sentito quasi in dovere di scrivere una canzone con quel tema e quell’approccio. Canzone però che non vuole insegnare niente a nessuno, ho semplicemente raccontato una storia. Poi il pubblico con gli strumenti sarà in grado di schierarsi dove lo riterrà opportuno. La mia musica parla per me, quindi sapete già come la penso.

A proposito di cose che non cambiano mai, nel disco c’è anche una nuova versione di Curre Curre Guagliò dei 99 Posse, con una cover del ritornello ma strofe più attuali. Com’è nata la voglia di “ispirarsi” proprio a quel brano?

Sono cresciuto con i 99 posse, Lou x, Sangue Misto, Speaker Cenzou e tanti altri artisti da cui ho imparato che la musica non è fatta solo di note, ma di parole che possono diventare pesanti come sassi. È da anni che pensavo a rifare il brano “Curre Curre” ma non ho osato ricalcare il testo originale, perché per me sarebbe stato come imbrattare un quadro di Picasso. Ho scelto di fare un tributo, attuale e con il mio stile.

Treno del Sud ribalta gli stereotipi di chi pensa che i treni verso il Sud siano ancora pieni di gente “folkloristica”, e ci presenta un Sud accogliente in cui trasferirsi. E’ insomma un inno all’arrivo anche in Calabria dei treni ad alta velocità, che uniscono molto più velocemente Reggio Calabria con Napoli, Roma, e poi tutto il resto d’Italia?

Hai detto bene, ho utilizzato gli stereotipi per abbattere tutti i luoghi comuni che girano intorno a questo argomento. È un brano apparentemente “giocherellone e festoso” ma, in realtà, ha un retrogusto amaro. Per il resto, no, non si parla di treni ad alta velocità in questo brano: il treno è solo una metafora utilizzata per far capire che le distanze e le differenze tra nord e sud non esistono, sono solo strategie create per dividere gli italiani. E questo stesso gioco politico che un tempo veniva fatto per dividere nord e sud dell’Italia, adesso viene utilizzato per trasformare gli emigranti che vengono in Italia per necessità in “stranieri che ci rubano il lavoro”. Povera Italia.

Tu però ti sei trasferito dalla Calabria a Milano…

Sì e amo Milano, dove ormai vivo da dieci anni e mi sento a casa. Anche se ovviamente la Calabria mi manca tanto perché lì ho lasciato quasi la metà dei miei affetti.

Sempre rimanendo in tema di infrastrutture, impossibile non chiedere un’opinione su un tema tornato inaspettatamente d’attualità: il Ponte sullo Stretto, a cui tu dedichi una rima effettivamente non entusiasta, sul disco.

Diciamo che in questo disco ho dedicato al tema una rima mentre con i Kalafro dei dischi interi. Guarda, c’è un esempio lampante e che voglio sottoporre alla tua attenzione. Amatrice il 24 agosto di quest’anno viene colpita da un tragico terremoto e, come tutti abbiamo visto, le case sono crollate come carta pesta. Secondo te prima di avere il ponte di Brooklyn a Reggio Calabria o in qualunque altro posto, non dovrebbero forse provvedere a migliorare tutti i servizi fondamentali come strade, ospedali, scuole, università? Poi se anche fosse necessario un’opera faraonica di questo tipo, perché bisogna distruggere la natura per un progetto che serve a dar da mangiare a mafiosi senza scrupoli? La cosa che mi fa sorridere è che a volte, qui a Milano, mi viene chiesto: “ma la questione del ponte l’avete risolta?”. La gente forse non capisce che il problema del ponte non è una questione “calabrese” ma un problema italiano, anche perché per realizzarlo verrebbero utilizzati i “piccioli” di cinquanta milioni di contribuenti.

Il disco è ormai uscito da tre mesi: hai il polso su come è stato ricevuto? Sei anche stato in tour questa Estate, come stanno andando le cose?

Ho avuto un riscontro troppo figo, sia live sia sul web. Sono contentissimo. Sono stato sempre abituato a suonare tanto, ma aver fatto, da maggio a oggi, quasi trentacinque date e inaspettatamente anche degli in-store mi ha reso davvero fiero di me. In questi giorni è uscito anche l’ultimo singolo, Stessa pelle, di cui sono davvero molto felice per tanti motivi tra cui uno in particolare, quello che accennavamo prima, la presenza nel brano del miglior rapper di tutti i tempi, Primero.

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