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Eagles Of Death Metal parlano del Bataclan con la prima video-intervista (traduzione in italiano)

Abbiamo tradotto in italiano l’intervista rilascia a Vice News dalla band che stava suonando al Bataclan di Parigi quella tragica sera del 13 Novembre.

pubblicato 25 Novembre 2015 aggiornato 28 Agosto 2020 23:56

Dopo l’anticipazione apparsa nel weekend sui canali di Vice News, arriva la (tristemente) attesissima intervista ai membri degli Eagles Of Death Metal, tutti sopravvissuti al massacro avvenuto al Bataclan di Parigi il 13 Novembre. Vice News ha riunito la band (il batterista in video-conferenza) per una sorta di terapia di gruppo, ripresa dalle telecamere.

L’intervista è divisa in due parti: nella prima i membri della band raccontano le loro esperienze quella sera, mentre nella seconda viene chiamato anche Josh Homme (fondatore del gruppo ma non “touring member” e quindi non presente al Bataclan), per riflettere sul futuro della band.
Qui di seguito c’è la traduzione della prima parte, ed una anticipazione sulla seconda: Jesse Hughes ha detto che la band andrà avanti, e che anzi spera di essere la prima band a suonare al Bataclan, quando (se) riaprirà, dicendo “Non vedo l’ora di tornare a Parigi… i nostri amici sono andati lì per vedere del rock and roll e sono morti, io tornerò lì e vivrò per loro”.

Tornando a quella sera, il chitarrista Eden Galindo non ha compreso subito cosa stava succedendo:

“Ho pensato che fossero gli amplificatori che stavano saltando, ma poi ho capito che il problema non era quello, ho compreso che erano degli spari. In quel momento Jesse è corso verso di me, e abbiamo raggiunto un lato del palco. Non avevamo idea se stessero prendendo di mira proprio noi, e appena il fuoco è cessato siamo corsi nel backstage.”

Il batterista Julian Dorio invece ha capito subito che qualcosa non andava:

“Siamo una band molto rumorosa, ci vuole qualcosa di potente per sovrastare il suono degli amplificatori e della mia batteria, quindi quando ho sentito i rumori, ho capito subito che qualcosa non andava. Mi sono buttato dietro la batteria, ho dato un’occhiata e ho visto questi due tizi che facevano la cosa più terribile che si possa immaginare, continuavano a sparare e sparare e sparare. Ho strisciato dietro la batteria, ho aspettato un momento di calma e sono corso via dall’uscita posteriore.”

Jesse Hughes è evidentemente il più scosso, si interrompe spesso per abbracciare gli altri membri della band e per prendere il fiato. Il cantante quella sera non è corso subito fuori: doveva cercare la fidanzata Tuesday, quindi prima di uscire dalla porta posteriore del locale è andato al piano di sopra, dove c’erano i camerini.

“Non la trovavo e stavo aprendo tutte le porte. Ad un certo punto ne ho aperta una che dava in un corridoio e mi son trovato alle spalle di uno degli assalitori. Lui si è girato, ma il fucile era troppo lungo e si è incastrato nello stipite della porta. Io mi son detto “oh cazzo!” e ho chiuso la porta girandomi, e in quel momento mi son reso conto che la gente mi stava seguendo, avevo delle persone dietro e ho iniziato a dire di non venire da questa parte, e siamo tornati giù dalle scale. Poi ho sentito la voce di Tuesday, ho capito che stava bene, e quando son tornato giù Eden mi ha preso e siamo usciti in strada. Era pieno di gente che ci voleva aiutare, ma in realtà nessuno aveva idea di cosa stesse facendo, avevamo tutti paura.”

Il bassista Matt Jenkins è rimasto incastrato nel locale:

“Mi sono nascosto dietro ai tendaggi, e mi sono separato dal resto del gruppo. Quando ho potuto ho imboccato una porta, diversa da quella dove c’erano gli altri, e ho incontrato della gente. Era una cosa spaventosa, c’era una ragazza che sanguinava parecchio, camminava e spargeva il sangue ovunque, un ragazzo le teneva premuta la mano contro il bacino. Probabilmente i tubi dell’acqua sono stati colpiti dagli spari, avevamo l’acqua alta fino alle caviglie e non sapevamo cosa fare. Qualcuno impugnava una bottiglia di champagne come arma. Era lì per la festa dopo il concerto, e invece è finita come unico strumento di difesa che avevamo. Siamo rimasti lì a lungo, sentivamo degli spari poi lunghi silenzi, poi spari… e ad un certo punto c’è stata un’esplosione enorme. Ho scoperto in seguito che si trattava di uno dei terroristi che si faceva esplodere con la cintura esplosiva”.

Post in aggiornamento – in arrivo la seconda parte dell’intervista…

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