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Soundsblog intervista DJ Cerla aka Floorfilla /1

Ebbene sì, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con uno dei deejay producer italiani più attivi che mai, in Italia e all’Estero, uno che la Dance la conosce da tempo: DJ Cerla.Iniziò la sua carriera discografica nel lontano 1993 con la hit “Roterdam 93“, disco più ballato in Spagna e numero 1 di

pubblicato 31 Dicembre 2007 aggiornato 31 Agosto 2020 23:45

Ebbene sì, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con uno dei deejay producer italiani più attivi che mai, in Italia e all’Estero, uno che la Dance la conosce da tempo: DJ Cerla.

Iniziò la sua carriera discografica nel lontano 1993 con la hit “Roterdam 93“, disco più ballato in Spagna e numero 1 di vendita, tra i più ballati in Italia. Nel 1994 pubblica “America” con lo pseudonimo Alter Ego, Mi Boca, Everybody Pom Pom, The DJ e numerosi remix tra cui Lucio Dalla “Liberi”, Underground Goodies “Let It Be” e di brani di Fiorello e Adriano Celentano.

Passando per Wonder che finì alla numero 1 della Deejay Parade, tre anni dopo diede vita al famosissimo progetto Dance “Floorfilla“, in seguito arricchitosi di un’ altro componente quale il vocalist “Momo B”.

Dal 1998 ai giorni nostri è un susseguirsi di hit quali la serie degli “Anthem” (#1, #2, #3, #4, #5, #6), in Francia addirittura 3 di seguito in classifica; una cosa inedita per qualsiasi artista e i brani “Technoromance“, Sister Golden Hair“, “Kosmiklove“, “Komputermelody“. Ora i Floorfilla hanno ben due album all’attivo “United Beatz Of Floorfilla” e “Le Voyage”. I Loro tour toccano numerosi paesi nel mondo quali: Messico, Indonesia, Singapore, Germania, Francia, Svizzera, Italia, continuando ad ottenere grossi consensi in giro per il globo.

Insomma DJ Cerla è uno che la Dance ce l’ha proprio nel sangue. Gli ultimi lavori in ordine di tempo sono: Sister Golden Hair (Rob Mayth Remix), Cyberdream, Komputermelody (Handz Up Squad Remix), Lalala Song, iPower (vs. Rob Mayth) e Italo Dancer di quest’anno.

Ora bando alle ciance! Inizia la prima parte dell’intervista, la seconda parte la troverete domani.

Ciao Gabriele, innanzitutto ti ringrazio per la tua disponibilità. Iniziamo: cos’è per te la Dance ?

Premessa: le definizioni di genere sono “gabbie mentali” inutili e dannose. È più utile distinguere tra “musica da club” e “pop-dance”.
In un mondo ideale, dovrebbero coesistere: musica pop-dance nelle discoteche, musica da club… nei club! In Italia purtroppo, c’è un ostracismo inspiegabile dei network verso la pop-dance, tranne nel caso in cui questa sia “spinta” dalle Major discografiche: in questo caso i network si piegano e quei brani, ovviamente, spopolano: pensa a “Relax” di Mika o a “Hang Up” di Madonna…

Secondo te, come mai sempre più gente si auspica un ritorno di questo genere musicale, la Dance, quella vera? A cosa è dovuta tutta questa nostalgia?

Non è nostalgia: il fatto è che la dance anni ’90 tira di più della dance attuale (qui per dance intendo quello che passano oggi le discoteche), ed è più divertente e d’atmosfera. È il gusto del pubblico ad essere cambiato radicalmente, la dance attuale è percepita come la “normalità”, e come puoi immaginare, la “normalità” non è mai qualcosa di eccitante. Diciamo così: il pubblico è oggi pronto a recepire musica nuova più commerciale e divertente, a patto che qualcuno si svegli e inizi a proporla.

Di recente hai scritto una mail a Linus esortandolo a riprendere il discorso inerente la musica Dance, chiuso ormai da anni per lasciar spazio a sub-generi di musica “da ballo” e facendo in modo che tanta gente rispondesse al suo blog, generando così un’accesa discussione. Arriviamo al punto: i risultati recenti, non certo entusiasmanti per Radio Deejay, potresti attribuirli alla scelta di creare una visione “main stream” di musica da discoteca, che fino a qualche anno fa veniva concepita come “di nicchia” ? Che consiglio daresti a Linus?

Linus è un grande e non ha bisogno di consigli: ha già capito che Deejay senza la dance (la pop-dance!) non funziona più. Suo malgrado, è una ruota essenziale nell’ingranaggio della radio. Prevedo quindi cambiamenti interessanti in questa direzione. Prevedo anche che, in generale, si lascerà più spazio alla musica e meno agli speaker: la radio ultimamente è inascoltabile, è diventata un parolaio.

Si parla di un cambiamento di rotta in termini di sonorità nella musica Dance, con conseguente prossimo adattamento delle emittenti radiofoniche… Pensi, ad esempio, che la recente puntata speciale del Deejay Time sia stata una sorta di “test” a riguardo?

Se posso dire la mia, è un ottimo format, di grande presa sul pubblico. Non realizzarlo settimanalmente significa buttare nel cesso milioni di potenziali ascoltatori. Una follia. E tutto si può dire del direttore di Deejay, tranne che sia un folle.

Ti sei rotto le palle di tutta questa pseudo-minimal? Sincero.

L’house-minimal non la conosco per esperianza diretta nei club, quindi non può avermi rotto più di tanto, ma è sicuramente il peggior genere dance mai esistito. La techno-minimal, invece, è un grande sound che spesso ascolto in macchina o a casa, nelle rare occasioni in cui non sono in studio. C’è ricerca e creatività. È molto vicina all’ambient music dei KLF e degli 808 State con cui iniziai a fare il DJ a fine anni ’80.

Il 2007 è stato certamente un anno di transizione importante come non si vedeva da anni nella musica Dance. Tu hai già vissuto un periodo analogo, ti va di raccontarcelo e confrontarlo con l’attuale?

Ho vissuto almeno due cambiamenti drastici: il primo nel 1987 dalla dance alla house music, veramente brutale: con “Pump up the Volume”, le discoteche passarono dalla dance all’house nel giro di 2 mesi. Poi verso il 1991-1992 la ruota girò ancora e riesplose la dance, con le hit degli Snap, di Haddaway, di Corona. Altrettanto velocemente.

I cambiamenti maturano in lunghi anni, ma esplodono all’improvviso.

Dove ti troviamo per Capodanno ?

Non mi piace suonare a Capodanno. Molto meglio una cena con pochi amici.

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