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La febbre del sabato sera contagia ancora

Si celebra in questi giorni il trentennale de “La febbre del sabato sera“, l’epocale film che fece di John Travolta una star e celebrò luci e ombre delle discoteche di New York. Il doppio album “Saturday Night Fever” è un pezzo di storia non solo della musica pop, ma del costume occidentale, e dovrebbe essere

di dodo
pubblicato 18 Dicembre 2007 aggiornato 31 Agosto 2020 23:54

Si celebra in questi giorni il trentennale de “La febbre del sabato sera“, l’epocale film che fece di John Travolta una star e celebrò luci e ombre delle discoteche di New York. Il doppio album “Saturday Night Fever” è un pezzo di storia non solo della musica pop, ma del costume occidentale, e dovrebbe essere esposto alla mostra sugli anni ’70 attualmente in corso alla Triennale di Milano.

Echi di “Stayin’ Alive” e “Night Fever” sono presenti nei pezzi più celebri delle superstar di oggi (da Kylie a Robbie Williams, per non parlare di Madonna), nei gorgheggi delle soul divas da classifica, da Alicia Keys a Beyoncé, e nei video musicali più spiritosi (da Daniele Silvestri ai Red Hot Chili Peppers e U2). E poi ci sono i Bee Gees, che con queste canzoni conobbero una seconda vita artistica e un inaspettato clamore, dopo dieci anni di onorata carriera nel pop-rock.

Il loro indimenticabile falsetto non solo creò una sorta di “variabile bianca” alla musica da discoteca, che fino ad allora sembrava riservata ai groove e ai toni bassi delle voci black, ma riuscì a imporre uno stile. Un marchio di fabbrica capace ancora oggi di influenzare e portare al successo artisti come Mika e i Scissor Sisters.

Se il film è drammatico, realista e molto meno “musical” di quel che ci si aspettava, le canzoni dell’album sono un trionfo di ritmo, sensualità e culto del corpo. A risentirlo oggi, quel vinile che trent’anni fa era presente in quasi tutte le camerette degli studenti occidentali e girava a 33 giri sugli stereo di quasi tutte le feste di compleanno, non sembra invecchiato male.

I suoni disco, il funky addomesticato, le ballate ritmate, i fiati e le orchestrazioni pompose. Tutto è stato ormai metabolizzato, e ciò che appariva rivoluzionario ora ha il gusto e lo status di un evergreen, per altro di buona fattura. Il fatto è che “Saturday Night Fever” non è mai veramente andato fuori moda. E non è poco, nella storia del pop.

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