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Quando Gilberto Mazzi sognava le Mille lire al mese…

La canzone “Mille lire al mese” rispecchiava i sogni dell’epoca. E cambiando valùta, anticipava i tempi odierni

pubblicato 20 Marzo 2014 aggiornato 29 Agosto 2020 20:59

Era il 1939 quando Gilberto Mazzi cantava la celebre “Mille lire al mese”. Sono passati più di settant’anni. La lira è scomparsa, fuori uso. Qualcuno la conserva ancora come ricordo. Piccole monete o banconote di carta conservate in chissà quale cassetto. E sempre lì, nascosti in qualche angolo, anche i sogni e i desideri di allora, più che mai simili a quelli di oggi.
Un sogno nel cassetto diventata canzone, un motivetto che esprimeva le semplici aspirazioni dei tempi. Una cifra che, ai giorni d’oggi, diventa più che mai – purtroppo – reale. Perché se cambiassimo la lira e la sostituissimo con l’euro, in molti oggi potrebbero ritrovarsi a canticchiare (o anche solo pensare) alle grandi -e allo stesso tempo semplici- cose che potrebbero fare. Se potessi avere… mille euro al mese. E tutto tornerebbe, quadrerebbe anche oggi.

Se potessi avere
mille lire al mese,
senza esagerare,
sarei certo di trovare
tutta la felicità.
Una casettina
in periferia,
una mogliettina
giovane e carina,
tale e quale come te.

Gilberto Mazzi trovò ufficialmente il successo proprio grazie a questo pezzo, all’aspirazione di poter avere uno stipendio sicuro, una cifra dentro alla quale poter affrontare il quotidiano senza troppe ansie e paure. L’uomo, nato ad Alessandria nel 1909, si ritrovava a vent’anni a cantare quello che negli anni ‘30, in Italia, tutti pensavano. E ne era lo specchio futuro di quello che, nel 2014, molti giovani della stessa età si trovano a (ri)pensare. Un ventenne che aspira ai Mille (euro) di oggi è lo stesso che sognava le Mille lire di allora.

Stessa ideale casa da potersi permettere, una ricerca di tranquillità e una compagna con cui poter vivere la propria esistenza. Sogni di ieri, sogni di oggi, che esprimono “il poco” necessario per essere sereni, anche esplicitamente in rima nel testo (casettina, mogliettina, carina). Non si aspirava a una villa enorme, una donna splendida e una vita sfarzosa e lussuosa piena di vizi. No, Gilberto Mazzi dava voce alla persona più comune, incarnava e rappresentava la voce muta di chi pensava le medesime cose e non lo poteva condividere – anche col canto – a tutti quanti.

Una canzone dal ritmo apparentemente leggero e orecchiabile che rispecchiava timori e desideri. E ha permesso a Mazzi di poter iniziare una carriera parallela nel cinema. Da una collaborazione con il trio Lescano (Quella di Cortina/Il valzer della fotografia) si passa al ruolo di attore per alcune pellicole degli anni ‘50/60 (Maracatumba… ma non è una rumba, Messalina, Venere imperatrice).
Gilberto Mazzi ha trovato la sua strada, ha conquistato il suo posto al sole cantando il sogno di tutti gli italiani. Ed è diventato immortale e attuale proprio grazie a quel brano, un simbolo del passato e del presente vero più che mai (“Un modesto impiego, io non ho pretese, voglio lavorare per poter alfin trovare tutta la tranquillità/ Se potessi avere mille lire al mese, farei tante spese, comprerei fra tante cose le più belle che vuoi tu”).

Gli euro oggi. Le lire ieri. Il passato e il presente che nuovamente si incontrano, si anticipano, si riconoscono e si stringono in un saldo ciclo di riflessi e premesse. Un’epoca odierna che, in diversi momenti, guarda alle lire con nostalgico ricordo e una sorta di malinconia. E qualcuno, ogni tanto, quel cassetto famoso di cui abbiamo parlato all’inizio, ancora lo apre. Dentro forse ha quella banconota spenta e ingiallita che non è più in commercio. Ma insieme, accanto, brillante più che mai, il sogno nel cassetto che non deve morire mai.
Se non avete ancora indovinato di quale oggetto misterioso stiamo parlando, ma siete curiosi di scoprirlo, vi consiglio di tenere d’occhio, in questi giorni, le pagine di Fashionblog

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