Home Whitney Houston è morta: una stella madre che si è bruciata troppo in fretta

Whitney Houston è morta: una stella madre che si è bruciata troppo in fretta

La vita, la storia, la musica, le canzoni e il successo di Whitney Houston, morta a soli 48 anni, al Beverly Hilton di Beverly Hills. Leggi le considerazioni e l’approfondimento su Soundsblog

pubblicato 12 Febbraio 2012 aggiornato 7 Settembre 2020 13:39

Non l’ho saputo subito ma solo questa mattina, mentre ero ancora a letto, sotto il mio piumone caldo. Non mi volevo alzare prima di mezzogiorno quando improvvisamente mi hanno detto “E’ morta Whitney Houston!“. Calcio al piumone e mia aria sbigottita. Mi sono messo subito al computer a cercare la notizia, a sperare che fosse solo un rumour, una di quelle fastidiose voci che a volte -fortunatamente- si rivelano false. Per qualcuno porta persino fortuna o allunga la vita. Ma non era questo il caso. Sfortunatamente.

Si è spenta a soli 48 anni la stella della musica Whitney Houston, in una stanza d’albergo, dentro ad una vasca da bagno, come nelle peggiori scene che uno può immaginare. Da sola. Prima ancora che venga eseguita l’autopsia le voci danno quasi per certa come causa la droga. Perchè è sempre stata questa la maledizione di una stella che davvero brillava nel firmamento delle grandi star. In un’epoca in cui la tecnica vocale viene spesso supportata da un lavoro che permette anche alle voci poco dotate di esplodere in un brano come una cantante navigata, Whitney sapeva davvero cantare. E pure bene.

Esplosa in tutto il mondo e conosciuta da tutti grazie al brano “I will Always Love you” e al film “Guardia del corpo”, la Houston aveva conquistato tutti. Bellissima, interprete da pelle d’oca e voce che incantava. Negli anni a seguire, quanti aspiranti cantanti dichiaravano di ispirarsi a lei e vedevano nella star il simbolo del talento e del successo a 360 gradi? Era uno dei massimi gradini a cui qualcuno poteva aspirare vivendo grazie alla propria voce. E lei lo aveva avuto. Lei, apparentemente, aveva tutto. Ma non le è bastato.

Mentre scrivo queste righe sono invaso dalla tristezza e dalla rabbia. Perchè non so quante volte, anni fa, ascoltavo la soundtrack di “The Bodyguard”. Mi avevano comprato la musicassetta e l’avrò consumata a forza di ascoltare tutti i pezzi contenuti. Poi ho riscoperto i suoi brani precedenti, ho ascoltato quelli successivi. Fino a quando, a partire circa dal 2000, la scia luminosa di Whitney iniziava a brillare sempre meno.

Parlando della morte della Houston, il collegamento con Amy Winehouse viene automatico. Due grandi cantanti che si sono spente troppo presto, che si sono lasciate consumare ma che, entrambe, hanno avuto accanto uomini che molto probabilmente non sono stati supporti e sostegno ma anzi, motivi di dolore e sofferenza. Se Amy aveva accanto un Blake Civil-Fielder, Whitney aveva scelto di sposarsi con Bobby Brown, conosciuto nel 1989. Sempre a partire dal 2000 cambia l’immagine di Whitney e da brava ragazza arrivata dal coro della Chiesa “New hope Baptist Church, viene improvvisamente dipinta come star capricciosa, inaffidabile, litigiosa e con problemi di droga. Prima si nega il tutto, poi in parte viene confermato. E inizia l’incubo per la cantante, tra divorzi e successive rehab.

Chi non ricorda l’agghiacciante foto del bagno di casa della Houston apparsa sul National Enquirer? Un lavandino sporco e con oggetti utilizzati per la droga. Una ricchezza in sottofondo coperta e rovinata sia in foto sia nella vita da eccessi e disordini. Qualche tempo fa era uscita persino la presunta foto di sua figlia, Bobbi Kristina Brown, mentre sniffava cocaina. Un destino e una dipendenza dalla droga che sembrava accomunarla tristemente alla madre. E’ rimasta alla storia la risposta della cantante di fronte alle insistenti voci sull’uso di stupefacenti:

“Chiariamo una cosa: il crack è economico e io ho guadagnato troppo per fumare crack. Chiariamolo, ok? Non usiamo il crack, non lo facciamo”

Whitney successivamente sembrava anche esserne uscita, aver sconfitto il mostro che la divorava e consumava. Era diventata il fantasma di se stessa, consumata, invecchiata, lontani anni luce dalla sua bellezza con cui aveva conquistato e fatto suo il mondo. Ma l’uscita di “I look to you”, nel 2009, sembrava essere un trampolino di rinascita per la star. Il pubblico dimostra di non averla dimenticata e di amarla ancora molto: arriva alla numero 1 della Billboard e anche nel nostro Paese, in Italia, tocca la vetta. Dopo l’album, ecco l’annuncio del tour:

“Questo è il mio primo tour dai tempi del My Love Is Your Love tour e sono davvero entusiasta di esibirmi per I miei fans in tutto il mondo dopo tutto questo tempo. Sto preparando un grandissimo show e non vedo l’ora di cantare le canzoni del mio nuovo album “I Look To You” insieme ai miei brani preferiti.”

whitney houston in concerto

E, purtroppo, sono proprio i concerti della Houston, in molte circostanze, ad essere al centro del fuoco incrociato dalla stampa che non può che sottolineare come gli anni e la droga abbiano rovinato -forse per sempre- l’abilità canora di Whitney. I brividi di “I will always love you” sono lontanissimi, la voce che canta a fatica non sembra affatto avvicinarsi agli acuti in grado di stupire e commuovere. E’ tentennante, è affaticata, è stanca. Se per qualche tempo la forma fisica è migliore degli anni precedenti, il tour non esalta il nuovo prodotto. Ha successo, viene comunque amata nonostante tutto ma in molti si lamentano, in molti la rimpiangono ai tempi d’oro, in molti sembrano non riconoscerla più.

whitney houston bobbi kristina brown Ed eccoci agli ultimi tempi. Si parla ancora di rehab, l’entourage intorno alla cantante cerca di minimizzare il tutto. E’ in clinica ma solo per apparire ancora più in forma. Non si fanno riferimenti a droghe o altro. Whitney torna ad essere attrice per una pellicola in lavorazione mentre i fan si chiedono quando potranno sentire e comprare un nuovo album della loro “The Voice”. La preoccupazione torna a salire ma non arrivano foto o indiscrezioni pubbliche che possano far scattare l’allarme.

Whitney si reca l’11 febbraio al Beverly Hilton di Beverly Hills per esibirsi in occasione di una serata che precede i fatidici e tanto attesi Grammy di stasera. Mentre si facevano i pronostici sulla vittoria di Adele, mentre il mondo intero rileggeva le nomination o ci si chiedeva quale brano Lady Gaga avrebbe interpretato sul palco, Whitney rientrava nella sua stanza d’albergo. Si sdraiava in una vasca da bagno, forse dopo aver ceduto alla tentazione della droga o forse no, e da lì non si sarebbe più alzata.

Un albergo in festa, un mondo mediatico concentrato su altro, sui Grammy, e una cantante che viene momentaneamente dimenticata dalla maggior parte mass media. Accantonata, solo per pochissimo. Lei doveva esibirsi nella serata precedente, non durante il vero e proprio evento. La madre la sente per l’ultima volta. E mentre nei piani dell’albergo c’è allegria e confusione in vista delle esibizioni, mentre si beve e si festeggia, la Houston chiude gli occhi per sempre, da sola.

Quando uno del suo entourage la trova ormai è troppo tardi. La notizia si sparge in tutto il mondo sconvolgendo i fan e gli amanti della musica. E le poche risate dei primi piani dell’albergo si scontrano e si confondono con le urla di Bobbi Kristina Brown mentre aggredisce i poliziotti che le impediscono di entrare nella stanza d’albergo in cui sua madre ha perso la vita.

Sua madre. Perchè a morire, a 48 anni, oltre che una grande cantante, è stata anche una figlia e una mamma.