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The Beatles: quando Brian Epstein diventò il loro manager

The Beatles: quando Brian Epstein diventò il loro manager

pubblicato 24 Gennaio 2012 aggiornato 30 Agosto 2020 17:12


Iniziò per caso. Vista la poca voglia di studiare, un giovane Brian Epstein era stato messo dal padre a fare il commesso nella sede di Liverpool del negozio di dischi NEMS. Nell’ottobre del 1961, frotte di adolescenti entravano chiedendogli un 45 giri difficile da rintracciare. Si intitolava “My Bonnie” ed era stato registrato da quattro ragazzi del posto insieme a Tony Sheridan. Per averlo Epstein si rivolse direttamente a loro. I quattro in questione erano stati accreditati come The Beat Brothers, ma sarebbero diventati famosi con un altro nome.

Epstein andò al Cavern per incontrarli. La performance dei Beatles lo colpì profondamente e, dopo una chiacchierata nel camerino, parlottando con il collaboratore Alistair Taylor, pensò di diventare il loro manager. Firmarono un contratto qualche mese dopo, il 24 gennaio di quarantanove anni fa. Fu uno degli accordi più strani (e meno legali) della storia della musica. Epstein lo lasciò in bianco riservandosi di siglarlo in seguito e due delle firme non erano valide: McCartney e Harrison infatti, nel 1962 erano minorenni.

Fu Brian Epstein a consigliare ai quattro di cambiare look, passando dai jeans e i giubbotti di pelle degli esordi a un aspetto più ‘rassicurante’ in giacca e pantaloni. Così come fu sempre il loro manager a sfruttare le sue conoscenze per arrivare alla Parlophone e al produttore George Martin. Nonostante i successivi disastri in termini di date, pagamenti (inizialmente i Beatles guadagnavano pochissimo dalle vendite) e merchandising, Epstein fu fondamentale per far conoscere i Fab Four e per gestirne le intemperanze da ragazzi di provincia.

Del rapporto tra i Beatles e Brian Epstein si sono scritte molte cose. Soprattutto si è scritto del suo legame con John Lennon. Epstein era innamorato di John (che lo ricambiava con battute sarcastiche e machiste) e la leggenda dei loro quattro giorni insieme trascorsi in Spagna nel 1963 fu successivamente smentita sempre in modo ambiguo. Il sodalizio tra band e manager si interruppe quando i quattro decisero di non suonare più dal vivo. I Beatles erano diventati qualcosa che Epstein faticava a gestire nonostante l’entusiasmo e la buona volontà: il gioco d’azzardo, l’omosessualità faticosamente nascosta e l’abuso di droghe poi, non lo aiutavano ad avere il temperamento necessario per essere il manager del gruppo.

Brian Epstein morì quattro anni dopo, a causa di un’overdose da Carbatrol (un forte antidepressivo usato anche per trattare l’epilessia) dopo ben due tentativi di suicidio. Ciò nonostante, neanche la sua morte fu risparmiata dai gossip. Si vociferò infatti che fosse stato ucciso per ragioni economiche (i debiti contratti in seguito al fallimento della Seltaeb), teoria avvalorata da alcune telefonate minatorie e il suicidio sospetto di un ex avvocato della società. Quella che ci interessa ricordare oggi però, è un’altra storia: quella di un giovane ambizioso e incosciente che sceglie di seguire la vita di quattro ragazzi poco più che adolescenti per trasformarli in mito.