Home Notizie #Cantakettypassa: “Cantare e scrivere: il primo passo di un lavoro su me stessa” – Ketty Passa a Soundsblog

#Cantakettypassa: “Cantare e scrivere: il primo passo di un lavoro su me stessa” – Ketty Passa a Soundsblog

La cantante, dj e veejay ci racconta il suo nuovo capitolo discografico

pubblicato 13 Maggio 2013 aggiornato 30 Agosto 2020 08:42

Con quella chioma azzurra Ketty Passa, deejay e veejay milanese, non ‘passa’ certo inosservata – scusate l’ovvio gioco di parole -. Da poche settimane è uscito #CANTAKETTYPASSA, il nuovo disco realizzato insieme ai Toxic Tuna, la sua band.

Abbiamo scambiato quattro chiacchere con lei.

Come e quando nasce #CANTAKETTYPASSA?

Corre l’anno 2010 quando la formazione originale dei Toxic Tuna si scioglie, senza troppe motivazioni, semplicemente le vite di ognuno dei componenti prendono direzioni diverse. Da 8 che eravamo siamo rimasti in 3 ma abbiamo subito trovato Leonardo alle tastiere e Jacopo alla chitarra che hanno permesso di dare al progetto una bella sterzata di stile compositivo e di scrittura dei testi. Io, in quel periodo, mi sono ritrovata a vivere un momento molto difficile ed è diventato fondamentale iniziare a scrivere in maniera più intima e senza freni o ermetismi. Così, dallo ska e tutte le sue sfaccettature più legate alla cultura anni ’90, passiamo ad una contaminazione più spietata con funky, blues, swing, reggae ed elettro, mantenendo come matrice i beat in levare. I testi acquistano un’impronta diversa: sono collegati tra loro quasi a narrare una storia o un viaggio, e tra le alternanze di tonalità maggiori e minori trasmettono a chi ascolta lo stato d’animo malinconico ma consapevole che sta dietro al disco.

Quando hai iniziato ad avvicinarti a queste sonorità un po’ meno ‘rock’ e decisamente più swing?

Quando ho capito che essere rock è uno ‘status quo’, che non serve avere un letto di chitarre distorte e sbraitare per dimostrare forza o un’attitudine singolare alla musica. Vedi, per esempio, Clapton, De Andrè, Dalla, Patton…tutti nomi legati alla sperimentazione, al blues e non ad un genere unico; hanno avuto il coraggio di ‘essere’, per cui quel che c’è sotto o intorno si lega semplicemente allo spirito. Io sono gli ambienti in cui canto. Ho un animo malinconico e ho realizzato nel tempo che mi trovo meglio a scrivere su suoni puliti e contornati da una matrice blues. Credo che “#CANTAKETTYPASSA” sia un gran punto di partenza per me, in tutti i sensi.

#CANTAKETTYPASSA…ti proponi come un rimedio a quale male?

“Canta che ti passa” è un motto popolare che si pone come consiglio per superare i problemi della vita con melodie e voce. Questo disco, in cui nel titolo abbiamo giocato per ovvie ragioni col mio nome e col motto sopracitato, nasce come autoguarigione psicologica da quello che può essere un momento difficile, colmo di dispiacere per un primo amore finito, ma ricco di estrema consapevolezza che rimanda al senso delle cose e al dover dare nuovo valore a situazioni e persone che ci circondano. Per me cantare e scrivere le nostre canzoni è stato un primo passo di un gran lavoro su me stessa che ho tutte le intenzioni di portare avanti: ogni step importante della mia vita sarà impresso nella discografia di quella che, spero per me, sarà una lunga carriera. Non mi interessa quanto guadagno, quanto ‘divento famosa’, ho scelto la strada più difficile e meno accomodante, oramai ci sono dentro fino al collo, continuo a scrivere per me e a condividere con chi entra in empatia; il resto è congiunzione astrale e fortuna.

Hai collaborato con numerosi artisti in questo lavoro (da Ferdi, batterista dei Casino Royale e di Giuliano Palma & The Bluebeaters, al cantante reggae KG Man, da Max Zanotti, ex leader dei Deasonika, a Mattia Boschi dei Marta sui Tubi, fino a Olly Riva, cantante degli Shandon e dei The Fire). Sono tutte persone con cui ti abbiamo già vista in qualche modo, è più facile lavorare con chi conosci già in precedenza?

Non sempre è più facile lavorare con persone che conosci in precedenza; nel mio caso la fortuna è stata che Olly Riva fosse totalmente innamorato dell’attitude pop del disco e delle commistioni a cui siamo legati, che vi ho citato qualche domanda fa. Max Zanotti è un amico, un confidente e quando ci capita di lavorare assieme con Rezophonic ci capita anche di chiacchierare, ed in quel periodo specifico da una chiacchera è nata una canzone. In generale credo che lavorare con amici possa aiutare ma è fondamentale essere collegati da uno stesso filo conduttore, altrimenti alla lunga si confonde tutto e si smette di parlare anche la stessa lingua; io in questo caso mi ritengo fortunata. Per altre situazioni sto imparando che chi è amico, talvolta, possa andare bene anche solo per una birra; piuttosto che lavorare male assieme, condivido solo divertimento scollegato dalla musica.

In questo periodo sei in giro per promuovere l’album…come è stato accolto?

Guarda, molto bene e dall’unico ambiente che mi aspettavo essere difficile da raggiungere, non essendo noi sotto Major, ovvero la stampa. Tutte le più grandi testate cartacee o online ci hanno dato un luogo dove esprimerci e parlare e ci hanno riempiti di complimenti. Ci hanno dato consigli su quello che dovremmo continuare a seguire per arrivare a trovare un sound più popolare senza snaturarci, insomma, un gran primo traguardo. I gestori dei locali, invece, se non hanno un nome fidato a ‘raccomandare’ una band, fanno ancora un po’ fatica a lasciarsi andare e a farsi stupire; nonostante questo stiamo chiudendo un buon numero di date, quindi, dato il periodo, non ci lamentiamo. I concerti sono un terno al lotto, come sempre: o sei di mainstream o attualmente i palazzetti non li riempi. In più, riconosco che il nostro pop suoni ancora poco italiano, non siamo ancora riusciti ad abbandonare il nostro legame col jazz e con dub derivanti dalla cultura californiana a cui siamo totalmente legati, vedi i progetti Sublime o No Doubt. Ma ora abbiamo tutto chiaro, e continueremo a scrivere nella giusta direzione.

Tu sei dj, speaker, vj e cantante…in quale delle tre vesti ti trovi meglio?

Metto in ordine: cantante, speaker, Dj, Vj. Diciamo che l’aspetto live della musica, quindi la dimensione palco, sia in assoluto quello che mi stimola di più.

Fai anche parte del progetto Rezophonic, come sta andando?

Rezophonic è una grande famiglia che mette sul palco tanti artisti senza pensare al numero di dischi venduti ma dando peso ad una meritocrazia che ultimamente in Italia manca; in più offre acqua pulita in zone del Kenia in cui mancano i beni primari, grazie all’appoggio di Amref. Sta andando bene, sia nei live che nel numero di pozzi che continua a cresce e a farci sentire utili.

Come ti trovi a rispondere alle domande di un’intervista date che spesso sei ‘dall’altra parte della barricata’ come me?

Bene, a parte la logorrea che piano piano imparerò a controllare, come tutto. Grazie mille per le domande, sono stata in grado di esprimermi su tutto quel che mi interessa far emergere, è anche merito tuo. Un bacio a tutti, e che il Rock sia con voi nello spirito.

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