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Red Hot Chili Peppers… 25 anni fa

Proprio la settimana scorsa vi abbiamo parlato di un possibile ritorno sulle scene dei Red Hot Chili Peppers dopo qualche anno di pausa, ma conoscendo i ritmi compositivi della band di Los Angeles c’è da immaginarsi che da oggi alla pubblicazione di un nuovo album passerà un bel po’ di tempo.Per ingannare l’attesa vorrei dedicare

pubblicato 10 Agosto 2009 aggiornato 31 Agosto 2020 08:02

Proprio la settimana scorsa vi abbiamo parlato di un possibile ritorno sulle scene dei Red Hot Chili Peppers dopo qualche anno di pausa, ma conoscendo i ritmi compositivi della band di Los Angeles c’è da immaginarsi che da oggi alla pubblicazione di un nuovo album passerà un bel po’ di tempo.

Per ingannare l’attesa vorrei dedicare ai Red Hot Chili Peppers e ai loro 25 anni di attività (in verità sono di più, ma il debutto uscì esattamente 25 anni fa, il 10 Agosto del 1984), questo post. “The Red Hot Chili Peppers” non era certo un album memorabile ma conteneva già le idee, seppur in forma immatura e mal prodotte da Andy Gill, che successivamente hanno fatto la fortuna della band.

Quando uscì “The Red Hot Chili Peppers”, la band proponeva musica completamente nuova: certo c’era già il post-punk influenzato dal funk dei Gang Of Four e compagnia, c’era già il funk psichedelico dei Funkadelic e c’era già il punk contaminato di Clash, Big Boys e Bad Brains, ma nessuno aveva ancora creato un trademark così forte, capace di amalgamare funk, rime vicine al rap, velocità e pazzia punk/HC e rock hendrixiano.

Dopo il debutto i Red Hot Chili Peppers “recuperarono” Hillel Slovak e si affidarono a George Clinton per la produzione di “Freaky Styley” (1985) per un risultato decisamente spostato sul versante funk. Nel 1987 uscì “The Uplift Mofo Party Plan” che ironicamente è l’unico disco con la formazione “originale” (Flea, Anthony Kiedis, Hillel Slovak e Jack Irons), oltre ad essere uno dei dischi cardine dell’intero movimento rap-rock, grazie a suoni più aggressivi rispetto alle prime due prove.

Nel 1988 Hillel muore di overdose e viene sostituito da un diciottenne John Frusciante. Anche Jack Irons lascia la band (andrà poi con i Pearl Jam), al suo posto arriva Chad Smith. Con questa formazione pubblicarono nel 1989 “Mother’s Milk”, altro ottimo disco.

Da allora la loro storia è nota, nel 1991 pubblicarono il loro capolavoro (da 13 milioni di copie) “Blood Sugar Sex Magik”, nel 1992 Frusciante “uscì dal gruppo”, sostituito nel (molto) sottovalutato “One Hot Minute” del 1995 da Dave Navarro (Jane’s Addiction), per poi tornare trionfalmente nel 1999 in “Californication”, il loro best-seller da 15 milioni di copie vendute e album che li consegnò definitivamente alla storia.

L’ultima decade della band lascia leggermente l’amaro in bocca: potevano tranquillamente essere i Led Zeppelin dei nostri giorni, unendo grosse personalità dei musicisti, successo mondiale assoluto, concerti memorabili e grandissima musica, peccato che questa ultima componente è venuta un po’ a mancare negli ultimi due dischi, “By The Way” del 2002 e “Stadium Arcadium” del 2006, due album che non sono andati tanto oltre al mantenere altissimo il successo del gruppo, avendo pochi spunti realmente degni di nota che vanno ricercati più che altro nelle singole canzoni come ad esempio “Venice Queen“, “Don’t Forget Me” o “Wet Sand“.

E ora torniamo indietro di un quarto di secolo con il loro primo videoclip, “True Men Don’t Kill Coyotes” e le loro prime “uscite pubbliche” all’interno del programma di MTV “Cutting Edge”.

True Men Don’t Kill Coyotes

MTV Cutting Edge 1984

Discografia in sette minuti

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