Home Recensioni musicali Carly Rae Jepsen: Kiss, la recensione

Carly Rae Jepsen: Kiss, la recensione

Leggi la recensione di Kiss di Carly Rae Jepsen su Soundsblog, l’album che segue il tormentone dell’estate 2012 “Call Me Maybe”

pubblicato 26 Settembre 2012 aggiornato 30 Agosto 2020 13:32

Chi non conosce “Call me maybe”, il tormentone internazionale dell’estate 2012? Se da noi c’è stato il Pulcino Pio a darle filo da torcere, negli Usa, ad esempio, il singolo di Carly Rae Jepsen è rimasto per settimane e settimane in vetta alla classifica Billboard Hot 100.

Una canzone leggera, orecchiabile, estiva, accompagnata da un video divertente ed ironico. E il boom è fatto: tra parodie e milioni di visualizzazioni, le vendite sono schizzate alle stelle. Ma, come accade in questi casi, è con l’album che avviene la conferma o il ridimensionamento di una possibile meteora dalla durata di una stagione.

Vale la stessa cosa anche per Carly Rae Jepsen? Scopriamolo insieme con la recensione di “Kiss”:

Anticipata da un titolo essenziale quanto “sdolcinato”, l’Lp di Carly si apre subito con la movimentata “Tiny Little Bows” (Had a crush and oh he crushed me) per poi passare al secondo singolo “This Kiss“, che aspira ad avere lo stesso successo di “Call Me Maybe” con un sound radiofriendly e accompagnato dal solito testo imbarazzante (“This kiss is something I can’t resist, Your lips are undeniable, This kiss is something I can’t risk, Your heart is unreliable, Something so sentimental, You make so detrimental). Missione complicata aspirare al riscontro del predecente singolo? Decisamente, ma anche “Call Me Maybe” (terza traccia) non brillava certamente per originalità.

Curiosity” conferma il cammino verso una serie di tracce banali nel sound e nel testo (I know, I know, I know you got the key, And you know, you know, you know that it’s for me, It’s not up to you, you know it’s up to me but Curiosity will never let me go) e un ritornello che punta al “ricercatissimo” Oh oh oh oh oh oh, Uh oh, Oh oh oh oh oh oh. Lo tiene anche per l’inizio di “Good Time“, in collaborazione con Owl City, e pubblicato nell’album di entrambi i cantanti. Torniamo alle atmosfere “cuoricini” con “More than a memory” con cuori spezzati in due e una lontananza canaglia (I’ve missed you way too much, If I was cruel to you, Well just to hear it, Breaks my heart in two). A fatica procediamo verso “Turn me up” su una rottura e altre frasi di profondità adolescenziale (“I’m breaking up with you. You’re breaking up on me, You kissed me on the phone”)

Hurt so good” non si allontana di un millimetro dal sapore di chewingum alla fragola che, fino ad ora, accompagna ogni singolo pezzo dell’album e ovviamente anche il tema del batticuore alla “Primi baci” non viene abbandonato (“When you smile, I can taste baby you don’t even know, You don’t even know, And my heart skips a beat, darling everytime you go, Everytime you go, everytime you”). E’ stato Justin Bieber a sottolineare la potenzialità di questa cantante (grazie Justin, grazie…) e non ha perso l’occasione per duettare con lei nel brano “Beautiful“, singolo praticamente certo per piacere a più fronti (ma non a livelli diversi di età). Pensate che “Beautiful” sia sull’amore tra due ragazzi, una dichiarazione romantica a livelli altissimi? Centro! (What makes you so beautiful, is you don’t know how beautiful you are to me, You’re not trying to be perfect, Nobody’s perfect, but you are, to me)

Tonight I’m getting Over” parla sempre (sempre…) di relazioni, di rapporti complicati ma basta lacrime (We’re not lovers, but more than friends, Put our flame to every single word you ever said, No more crying, to get me through, I keep dancing til the morning with somebody new). Guitar String Wedding Ring scivola via senza lasciare un ricordo al termine, in “You heart is a muscle” si torna a parlare di rapporti tormentati, con lui distante e poco comunicativo e lei comprensiva (Although we’re good listening, but you don’t have much to say, Wake up you, you won’t pick up the phone, whatever, You’re probably sleeping, I hope we’re still OK)

Arriva finalmente l’ultima traccia, “Drive“, e anche questa canzone potrebbe benissimo essere confusa con tutte quelle ascoltate fin ora. Ma qui c’è un gesto d’amore da non sottovalutare: l’ambientazione si sposta in macchina (sic) e lei è talmente presa e coinvolta da dichiarare di non essere preoccupata dal rossetto (Ooh, I don’t care about my lipstick, I just wanna drive you to love, Chasing the sun, don’t wanna miss it, I just wanna drive you to love). Fugge insieme a lui, via, lontano, a divertirsi, e noi non possiamo che gioire e terminare l’ascolto di questo album.

Venderà? Probabilmente sì, anche se non credo possa replicare il boom di “Call Me Maybe” nè l’album nè qualsiasi altro singolo estratto. La sensazione finale è di aver ascoltato una serie di brani buttati lì, tutti simili fra loro, tutti troppo, davvero troppo, banali come sound e come testi. Qualcuno la vede come una nuova Katy Perry. No, i pezzi non sono così potenti e ben curati. Sembra un lavoro affrettato da far uscire il prima possibile per cavalcare l’onda di “Call Me Maybe”. Ma le tracce appaiono come fotocopie sbiadite dell’originale. Inutilmente ed eccessivamente troppo teen anche per i teen.

Voto: 3

Recensioni musicali