Home Katy Perry, Hey Hey Hey… facciamo finta che l’era Witness non ci sia mai stata?

Katy Perry, Hey Hey Hey… facciamo finta che l’era Witness non ci sia mai stata?

Katy Perry, l’era Witness e qualcosa che si è spezzato nel fumettoso mondo della popstar.

pubblicato 21 Dicembre 2017 aggiornato 27 Agosto 2020 23:13

Hey Hey Hey è il titolo dell’ultimo singolo di Katy Perry estratto dal suo album, Witness. E il video ufficiale che accompagna la canzone ci ha confermato che, in questa sua ultima era discografica, poco e nulla ha funzionato. Premessa: chi scrive ha spesso canticchiato o ballati i suoi pezzi e ha apprezzato quell’aria scanzonata, ironica, autoironica, divertente e divertita, della popstar. Ha pubblicato, negli anni, canzoni che avevano tutti gli ingredienti per funzionare, per essere orecchiabili, per avere un video potente in grado di lanciare ancora di più i singoli, accompagnando il tutto da un’immagine vincente. Katy Perry è sempre stata fumettosa, pop a 360 gradi in tutto, buffa, sensuale senza mai giocare il ruolo della femme fatale convinta. Le sue clip hanno incorniciato al meglio ogni canzone rilasciata, con una cura nei dettagli, impeccabile. Da “I kissed a girl” fino a “This is how we do” (che non era un capolavoro, certo, ma si trattava anche del quinto singolo estratto da Prism, quindi ci poteva anche stare…).

Poi è arrivata l’era Witness. E il castello è crollato.

In pochi mesi, la cantante Re Mida capace di trasformare tutto quello che pubblicava in oro, è diventata improvvisamente una stanca caricatura (involontaria) di se stessa. Il primo singolo, Chained to the Rhythm, il lead single più debole della sua carriera, non ha fatto faville, si è comportato in maniera abbastanza dignitosa nelle charts ed è stato accompagnato da un video che, per quanto colorato, è apparso -per assurdo- … incolore. Un piccolo passo falso? No, SOLO il primo, purtroppo.

Con Bon Appetit è andata ancora peggio. Il brano è stato massacrato nel periodo della sua pubblicazione, i fan non l’hanno particolarmente gradito. E si sono spese parole a volte eccessive per un pezzo pop che non sfigura. Non è esaltante, non è niente di particolarmente innovativo nel panorama musicale pop ma è orecchiabile e sufficientemente radiofonico. Il video ufficiale che l’ha accompagnato, invece di aumentarne la potenzialità, lo ha affossato. Katy Perry cucinata, BOLLITA dentro un pentolone, pronta ad essere mangiata dai commensali, in una atmosfera alla Hostel stile cartoon. Poi il finale, con tutti gli invitati, a loro volta cannibalizzati dalla cantante, pronta a gustarseli in una torta dalla quale spuntano gambe e piedi. Ma perché?…

Arriva poi il turno del terzo singolo, Swish Swish. Mesi e mesi di attesa per poter vedere il video ufficiale. Il risultato? La solita atmosfera buffa, comica e sopra le righe. Due squadre di basket che si sfidano tra pallonate in faccia, controfigure in cartonato, testo che “esplodono”, freaks vari ed eventuali. Durate del video che, tra le altre cose, supera i sei minuti. E il passaggio da autoironica/divertente a grottesco ed eccessivamente esagerato è sempre più labile. Il rischio di rendere il personaggio una involontaria caricatura di se stessa, era ormai vicinissimo. Palpabile.

swish-swish.jpg

La speranza sembrava essere affidata al quarto pezzo estratto. Si vociferava potesse essere una ballad, Save As Draft, e invece ecco arrivare un altro brano “allegro” accompagnato da una clip (rilasciata in queste ore) che fa sbarrare gli occhi e fa chiedere a gran voce che l’era Witness si concluda qui. Adesso. Ora. Hic et nunc.

In “Hey Hey Hey” troviamo una Katy Perry con parruccone, in abiti e ambientazioni storiche stile Maria Antonietta, schifata dal suo promesso sposo, pronta a ribellarsi. Risultato? Decapitata. La testa rotola e continua a canticchiare mentre entra in scena un alter ego della cantante, pronta a vendicarla.

hey-hey-hey.jpg

Il senso sfugge a tutti.

E ci si ritrova al pc a rimpiangere l’era Prism mentre diventava la regina della foresta (in Roar), faceva la regina d’Egitto capricciosa (Dark Horse) o ballava in un ambiente regale (Unconditionally). Tutti i video precedenti al capitolo Witness sembrano lontani anni luce da queste ultime creazioni. E’ come se il giocattolo si fosse rotto. Per assurdo, il taglio di capelli ha coinciso con il periodo peggiore e più sfortunato della sua carriera. Una nuova immagine più matura che cozza potentemente con la disperata ricerca del sorriso per uno spettatore che, adesso, non si diverte più. E’ stanco.

witness-perry.jpg

Non è tutta colpa dei video ufficiali, sia chiaro. La verità è che i pezzi presenti in Witness non sono delle hit. Ci sono pochissimi brani che, fin dal primo ascolto, hanno stampato un #1 nel Dna. Si fa fatica quasi a decidere su quale cavallo puntare, su quale pezzo rilasciare. Se poi la canzone scelta viene accompagnata da un video che sembra la parodia di se stesso, allora è come affossarsi da soli. Siamo a quota quattro singoli rilasciati, ad oggi. Ci si ferma qui, Katy? O, nei prossimi mesi, si punta al quinto? Perché, in quel caso, l’unica soluzione possibile è scegliere una ballad (o al massimo Roulette…) girare un video intimista e serioso. Ti prego, non cercare di farci più (sor)ridere. Va bene così. In passato lo hai fatto, con brani diventati successi e hit, adesso proviamo a chiudere questa era in maniera diversa. E poi, per il prossimo disco, è il caso di capire quale direzione prendere. E quali tracce pubblicare.