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Soundsblog intervista Meg: “Parlare di Napoli? È un gesto foriero di speranza”

A pochi mesi dall’uscita del suo secondo lavoro da solista, Soundsblog intervista Maria Di Donna, in arte Meg. Tra una tappa e l’altra del suo tour, ci ha raccontato della genesi di Psychodelice e della ricerca del giusto sound, senza tralasciare il suo rapporto con Napoli e i continui paragoni con Bjork.Psychodelice nasce dal lavoro

pubblicato 28 Luglio 2008 aggiornato 31 Agosto 2020 20:36



A pochi mesi dall’uscita del suo secondo lavoro da solista, Soundsblog intervista Maria Di Donna, in arte Meg. Tra una tappa e l’altra del suo tour, ci ha raccontato della genesi di Psychodelice e della ricerca del giusto sound, senza tralasciare il suo rapporto con Napoli e i continui paragoni con Bjork.

Psychodelice nasce dal lavoro con Stefano Fontana, ovvero la mente del progetto Stylophonic. Quanto è stato importante il suo aiuto per trovare il giusto sound?

Quando il progetto sonoro del disco si è andato delineando in maniera più chiara nella mia testa e nel mio computer, ed i pezzi a cui stavo lavorando a Napoli nel mio studio hanno cominciato ad assumere un’identità sempre più concreta, ho capito che a darmi una mano ci voleva qualcuno che radicalizzasse ancora di più l’energia prepotente con cui tutto ciò stava avvenendo. Volevo che Psychodelice esprimesse nel sound compattezza, e che sprigionasse gioia di vivere e di sperimentare, a prescindere dal mood delle singole canzoni. Stefano è un musicista che ha una naturale predilezione per i suoni solari, ironici, giocosi: l’attitudine perfetta per il lavoro che stavo facendo.

I testi di Psychodelice sono tutti in soggettiva, utilizzi la prima persona e sono molto diretti. Abbondano le citazioni, da Edie Sedwick ai Kraftwerk, a Rossellini. Com’è avvenuta la composizione?

La composizione avviene nei modi più diversi. A volte prima la musica, altre prima il testo, altre ancora le due cose avvengono in contemporanea. L’utilizzo della prima persona nella scrittura mi aiuta ad immergermi nel viaggio, e a raccontarne il lato più emozionale, a dare più veridicità alle parole, ad arrivare in maniera più diretta all’orecchio dell’ascoltatore. Le citazioni, esplicite o meno, sono un po’ dei compagni di viaggio con cui confrontarsi, segnano un po’ la traccia di un’esperienza.

C’è chi continua a paragonarti a Bjork. A me sembra che qualche influenza sia palese e tu stessa non hai mai negato che la sua musica facesse parte del tuo background. Ma non sei stufa di essere costantemente accostata a lei?

Eheh, no mi fa sorridere. Penso: “finalmente anche in italia si ascolta un po’ di buona musica!”. Sono contenta che almeno il paragone sia con Bjork e non con Cristina D’Avena… Sebbene devo ammettere che anche la grande Cristina faccia parte dei miei riferimenti!

Hai collaborato con i Subsonica in “Piombo”, il brano contenuto in “L’eclisse” che parla di Napoli, la tua città. Ti mancava un po’ l’approccio impegnato “di denuncia” dei 99 Posse?

Assolutamente no. Non a caso, nel pezzo che tu citi, sono mie le parti di scrittura più metaforica, quella che – per immagini – raccontano. I ragazzi volevano scrivere un pezzo su Napoli e avevano bisogno di una penna “autoctona”, tutto qua: volentieri gli ho dato una mano!

In “Napoli città aperta” canti “Io rimango lì ad ammirare sapendo che al sorgere del sole il mostro si sveglierà per la fame, perciò non ti fidare”. Che rapporto hai con Napoli?

Ovviamente molto conflittuale. Del resto, come non averlo? Non essere critici nei confronti di tali problematiche significherebbe essere ipocriti o completamente assuefatti all’inferno. Non posso trovarmi d’accordo con quei personaggi politici che non vorrebbero si parlasse delle contraddizioni e delle ferite della mia città: parlarne è invece un gesto foriero di speranza. Non farlo significa invece alimentare la tragedia. Il silenzio non fa che generare rassegnazione ed acuire la cancrena. Napoli è un paradiso abitato da diavoli, è la battaglia qui è quotidiana! Ma Napoli è anche la cartina al tornasole di come funziona l’intero nostro paese. Ma ora possiamo tutti dormire sonni tranquilli: il nostro presidente del consiglio risolverà tutti i nostri problemi! …No?

Hai cantato “Lucy in the Sky with Diamonds” nel disco B for BANG di tributo ai Beatles. Da dove nasce la scelta di suonare una cover di una band così distante dal tuo sound attuale? E come mai proprio “Lucy in the Sky with Diamonds”?

Sono cresciuta ascoltando i Beatles, mi sono formata attraverso le loro canzoni, divorandole e facendole diventare parte integrante dei miei tessuti cutanei. Essere invitata in un progetto così sperimentale e raffinato messo su da una delle musiciste più in gamba del panorama internazionale come Katia Labeque è stato un onore. E Lucy è una delle canzoni a cui sono più legata della produzione dei Fab Four.

La tua label Multiformis per ora ha sfornato solo i tuoi dischi. Pensi di produrre qualche altro artista nel futuro, o di lanciarti in attività di talent scouting?

Per adesso non ho in programma di produrre altro che non siano i miei dischi.

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