Home Interviste Alexia a Blogo: “Il successo a tutti i costi può creare dipendenza, ho preferito vivere tutte le emozioni della vita”

Alexia a Blogo: “Il successo a tutti i costi può creare dipendenza, ho preferito vivere tutte le emozioni della vita”

Gli alti ed i bassi di una carriera lunga vent’anni, caratterizzata da 6 milioni di dischi nel mondo. Intervista ad Alexia.

pubblicato 26 Luglio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 15:22

Un tour in giro tra l’Italia e l’estero ma non solo. L’estate 2016 di Alexia sarà segnata dal remix di Uh La La La, uno dei suoi grandi successi datato 1997, firmato per l’occasione dai celebri dj del Deejay Time (Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso). Il brano è in radio da venerdì 15 luglio. Potrebbe diventare uno dei tormentoni dell’estate 2016, vent’anni dopo la prima volta? “Chi lo sa, speriamo”, ci dice la cantante con la voce che sorride.

Perché proprio Uh La La La?

“Ha rappresentato tanto per me. E’ arrivato come quarto singolo tra me ed il mio storico produttore, quello degli anni della dance. Lui era molto indeciso se portare avanti o meno questo progetto, era stanco e poco entusiasta. Invece in quell’occasione decise di far uscire un quarto singolo e, successivamente, l’album. Era un’idea controcorrente, solitamente si usciva prima con l’album e poi con il singolo. Noi abbiamo fatto un processo contrario. Entrai in sala di registrazione quando il pezzo cominciava a prendere corpo. Ci guardavamo e si sentiva che c’era qualcosa di magico in Uh La La La. Infatti, poco dopo la pubblicazione, abbiamo cominciato ad avere ottimi riscontri non solo in Italia”.

Sei stata la prima donna italiana a raggiungere la vetta dei passaggi radiofonici in Inghilterra.

“Il brano ha avuto vita lunghissima. Era stata realizzata anche una versione per il mercato britannico e dopo due anni di promozione, mi ritrovavo ancora in Inghilterra per lavorarci. E’ stato primo in classifica in nove Paesi europei e ha avuto grande successo pure in America”.

Com’è nata la collaborazione con la Deejay Time?

“E’ nata lo scorso Natale, in occasione di una puntata del Deejay Time. Loro avevano invitato ed io avevo cantato dal vivo alcune cose. Quando i microfoni si sono spenti, abbiamo iniziato a confrontarci sulla musica degli anni ’90 ed è nata questa idea. Uh La La La ha ripreso una nuova vita”.

Quest’estate sarai in tour, anche all’estero.

“E’ un’estate come tutte le altre per me. Da cinque anni a questa parte ho deciso di dare ampio spazio a quello che è il revival anni ’90. All’estero c’è molta professionalità e attenzione ai dettagli, questi festival sono ben curati ed i risultati si vedono. Richiamano anche 30-40 mila persone. Speriamo che anche in Italia comincino ad organizzare qualcosa del genere. E poi ho tante tappe in giro per il nostro Paese: sono concerti di due ore dove racconto la mia storia, dagli anni ’90 agli esordi in italiano”.

Raccontiamola pure qua. Come sono stati questi vent’anni in musica?

“Sono stati belli. Intanto perché ho fatto qualcosa che sognavo. Volevo fare questo mestiere e sono riuscita a raggiungere degli obiettivi importanti. Potevo anche rimanere con un pugno di mosche in mano. Sai, quando investi tutto su te stessa ed il tuo talento, tralasci molte cose che la vita di un adolescente dovrebbe avere per crescere e vivere la vita con le proprie fasi. Quando sei lì ti rendi conto che stai facendo un enorme sacrifico e che potresti fare anche un buco nell’acqua. Forse sono stata determinata o semplicemente fortunata, ma mi sono ritrovata nel posto giusto nel momento giusto e tutte le tappe mi hanno dato soddisfazioni. C’è stato anche un momento in cui ho cercato di riposarmi, pensare a me stessa, pagando anche un prezzo alto”.

Perché?

“Ho deciso di fermarmi per una vita – fra virgolette – normale. Ho deciso di avere dei bambini, allevarli ed essere presente… mi sono dimenticata del mio ego e probabilmente una parte di me ne ha risentito anche dal punto di vista psicologico. Tornare sul palco, poi, non è stato così immediato. Ho dovuto ricominciare e ripartire quasi da zero. Ora faccio le cose con più serenità”.

Hai fatto due album in tre anni ma tanti si chiedono “Che fine ha fatto Alexia?”.

“Lo leggo, me lo dicono. Spesso, quando mi capita di fare degli eventi, il contatto con il pubblico è inevitabile. Vengono a farti i complimenti e poi dicono ‘Devi tornare’. ‘Eh, ora dove ero (ride, ndr)?’, rispondo. ‘No ma devi tornare alla grande’. ‘Non è così immediato’, vorrei rispondere allora. Questa è una realtà con cui bisogna scontrarsi. E’ facile dire ‘è sparita’, come sono spariti tanti miei colleghi, dopo una carriera in cui si è stati costantemente in televisione quando i programmi musicali erano tanti e c’era diversificazione”.

Oggi si fa più difficoltà?

“E’ molto più difficoltoso. Il passaggio dai talent sembra quasi un processo naturale, invece negli anni ’90 c’era un approccio diverso. Si faceva un successo, o ci si provava, il brano entrava in classifica ed in radio, quindi passavi dalla televisione ed il mezzo televisivo dava una spinta esponenziale alle vendite. Oggi il processo è inverso: si va prima in televisione, poi si prova a costruire una carriera. E’ anomalo, ma finché questo format funziona e le case discografiche fanno quadrare i conti non si può andargli contro. Si tratta di aziende che devono portare a casa un risultato e, cinicamente, c’è questo tipo di ragionamento. Mi spiace per i giovani perché non è un momento facile per loro. Se dovessi cominciare oggi, non so proprio se me la sentirei. Non so se avrei lo stesso spirito ed entusiasmo di quando ho cominciato”.

La tua carriera, comunque, è stata caratterizzata da tanti successi: 6 milioni di dischi nel mondo, tante hit. Eri considerata la ‘regina’ della dance italiana.

“Mi fa piacere essere ricordata ancora per quella fase della mia carriera. Quando mi esibisco all’estero, questa è una cosa che mi viene ancora oggi super riconosciuta. Mi attendono per quelle canzoni. Per me è come se fossero attuali, le continuo a performare senza nessun problema. Appartengono alla mia vita”.

E poi c’è stata la svolta italiana. Come avevi vissuto quel passaggio?

“E’ stato un percorso abbastanza difficile. Passare da una realtà ampia, quella del bacino dell’estero, a quello che è il mercato e l’ambiente italiano. Però ci tenevo in modo particolare a fare questo passaggio. Gli addetti ai lavori mi guardavano con grande curiosità, ‘come fa questa, italiana, a vendere così tanto all’estero?’. Cominciavano a farsi delle domande. Secondo loro ero un bluff. Ho voluto dimostrare che questo questo progetto un bluff non era, tutt’altro. Ho fatto tanti tentativi, tante scritture, tanti esercizi. Avevo perso la dizione italiana, facevo fatica a cantare bene nella mia lingua: non si sentiva la d, non avevo più la r, c’erano grossi problemi. Era come se fossi impedita da qualcosa. Superato questo scoglio, sono arrivati i primi brani interessanti. Quando ho avuto tra le mani Dimmi Come, la mia discografica ha deciso di propormi a Sanremo“.

E com’è andata?

“Lì i dubbi sono svaniti. Hanno capito che non ero un bluff, un’artista solo da studio o addirittura solo un’immagine”.

Che ricordo hai dei tuoi quattro Sanremo?

“Io ero contentissima di andare a Sanremo. Mi sentivo un outsider. Arrivavo in un ambiente estraneo per me, con delle regole diverse da quelle che ero abituata a vivere. Io andavo a fare il FestivalBar con il brano che era già stato primo in classifica. A Sanremo mi ritrovato a competere con dei ‘mostri’ a livello nazionale, per la prima volta, e con un brano in italiano, ancora per la prima volta. E’ stato un ingresso perfetto perché c’era grande voglia di dimostrare che potevo farcela”.

Quindi è arrivata la vittoria con Per dire di no. Poi cosa è successo?

“Era semplicemente arrivato il momento di prendere una pausa per riflettere, vivere una vita normale e godersi le emozioni. Io mi nutrivo delle emozioni che il lavoro mi dava. Mi nutrivo dell’adrenalina del palcoscenico e dell’energia del pubblico. Ma avevo bisogno di qualcosa che non avesse a che fare con il mio lavoro. La vita. Dovevo scoprire quali fossero i piaceri della vita. E’ stato un percorso importante, lungo, difficile ma felice”.

Come ti ha cambiata quel percorso?

“Oggi riesco a vivere tutte le emozioni, diversificate. Quello che mi dà il lavoro, la vita, una serata con gli amici, la mia famiglia che è la priorità assoluta con le mie bambine. Ho imparato anche ad essere più aperta con gli altri. Spesso ero mossa come una pedina, ero tenuta sotto una campana di vetro per poter performare al meglio e non essere intaccata dai vari problemi. Sono dovuta maturare molto, ma ce l’ho fatta e sono serena, appagata”.

Hai preferito una vita serena al successo a tutti i costi.

“E’ così. Il successo a tutti i costi può diventare una malattia e può creare dipendenza. Io volevo allontanarmi da quella schiavitù. Ho dovuto sicuramente pagare un prezzo alto, ma l’ho pagato volentieri. La vita è fatta di scelte, quella che ho fatto io è stata di investire su me stessa come persona. Sono molto felice di averlo fatto”.

Quali sono, invece, i prossimi progetti? So che sei a lavoro per un nuovo album.

“Sto lavorando su canzoni nuove. L’ultimo lavoro discografico era un concept album, le canzoni avevano quasi tutte le mia firma. Questo progetto sarà completamente diverso, ho deciso di ampliare la rosa di persone che scrivono per me. Ho deciso di provare a fare un esperimento come interprete. Volevo farlo da parecchio tempo, ma ho sempre pensato che fosse limitante e potesse sembrare un arrendersi di fronte alla scarsità di idee. In realtà si tratta di entrare dentro me stessa ed interpretare canzoni nate da altri. Sarà un processo lungo ma stimolante, le canzoni da provinare sono tante…”.

Photo credits | Remo di Gennaro

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