Home Recensioni musicali Beyoncé, Lemonade: il canto della rinascita di una leonessa ferita e tradita [recensione album]

Beyoncé, Lemonade: il canto della rinascita di una leonessa ferita e tradita [recensione album]

Lemonade, la recensione del nuovo album di Beyoncé su Blogo.it

pubblicato 27 Aprile 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 18:09

Quando la vita ti dà limoni, fatti una limonata.

E’ questo il concept generale del nuovo album di Beyoncé, motivo di ispirazione anche per il titolo stesso del disco, Lemonade. Un modo di affrontare la vita e le difficoltà che possono nascere trasformando il tutto in qualcosa da cui poter ripartire. Il dolore muta, cambia, si plasma in qualcosa di diverso e, con un argomento del genere, non potevamo che trovarci di fronte a un disco decisamente più personale del solito. Curato nei minimi dettagli, con una serie di producers e di samples citati e reinterpretati. I testi raccontano gioie e sofferenze, un matrimonio, un amore messo alla prova, tradimenti, conseguenze e la capacità di rinascere e diventare forte e cosciente di se stessa, più che mai prima d’oggi.

L’album si apre con Pray You Catch Me, scritta insieme a James Blake. Si inizia subito senza sconti (“You can taste the dishonesty, It’s all over your breath as you pass it off so cavalier” (…) “Nothing else ever seems to hurt like the smile on your face, When it’s only in my memory”). Si parla di disonestà, fiducia tradita, con la voce di Bee delicata e ferma nella sua interpretazione, accompagnata da un piano. Hold Up è un inno d’amore dedicato presumibilmente al marito, un’analisi di quanto il suo sentimento sia imparagonabile a quello di qualsiasi altro (“Hold up, they don’t love you like I love you, Slow down, they don’t love you like I love you”). Diversi i samples utilizzati, presenti anche nei credits: gli Yeah Yeah Yeahs con Maps, Can’t Get Used To Losing You di Andy Williams e Soulja Boy con Turn My Swag On.

C’è il featuring di Jack White nella terza traccia, Don’t Hurt Yourself. Si passa dalla dichiarazione precedente ad una serie di accuse (“Who the fuck do you think I is? You ain’t married to no average bitch boy (…) When you hurt me, you hurt yourself, Don’t hurt yourself”). Ma il dolore si trasforma in fiera coscienza di potere e rivalsa. Basta lacrime, lei è un leone, lui un bugiardo (“I am the dragon breathing fire, Beautiful mane I’m the lion, Beautiful man I know you’re lying, I am not broken, I’m not crying, I’m not crying”). E la voce di Beyoncé è piena di rabbia e grinta. Il sample è dei Led Zeppelin con When The Levee Breaks.

Sorry segue il tema di prima con una maggiore freddezza rispetto alla rabbia ascoltata nella terza traccia (“Now you want to say you’re sorry, Now you want to call me crying, Now you gotta see me wilding, Now I’m the one that’s lying, And I don’t feel bad about it”). 6 Inch vede il featuring di The Weeknd lascia da parte sentimenti e lati privati con un pezzo che campiona gli Animal Collective con My Girls e parti di Isaac Hayes nella sua Walk On By per una terza persona che “lavora ogni minuto e si guadagna ogni singolo dollaro”). Il girl power, anche qui. (“She works for the money, she work for the money, From the start to the finish, And she worth every dollar, she worth every dollar”).

Ideale atmosfera da vecchio saloon per le atmosfere di Daddy Lessons (“With his gun, with his head held high, He told me not to cry, Oh, my daddy said shoot, Oh, my daddy said shoot”). Love Drought torna a scavare nel personale, tra menzogne ascoltate, riflessioni e retoriche interrogativi su cosa si possa aver mai sbagliato per arrivare a questo (“I’ll always be committed, I been focused, I always paid attention, been devoted, Tell me, what did I do wrong?”).

Sandcastles è una ballad emozionante (“We built sand castles that washed away, I made you cry when I walked away (…) And your heart is broken cause I walked away, Show me your scars and I won’t walk away”) incentrata proprio sulla fragilità di un castello di sabbia e cicatrici che non spaventano ma che possono, al contrario, portare rassicurazioni.

Forward vede la presenza di James Blake ed è una breve preghiera a non arrendersi, insieme (“It’s time to listen, it’s time to fight, Forward..”). Freedom è uno dei pezzi più immediati e potenti dell’album con la voce di Beyoncé pervasa di assoluta energia, un vero e proprio inno alla libertà, a spezzare le catene, in un moto perpetuo di forza e potenza (“Freedom! Freedom! I can’t move Freedom, cut me loose! Singin’, freedom! Freedom! Where are you? Cause I need freedom too! I break chains all by myself Won’t let my freedom rot in hell Hey! I’ma keep running, Cause a winner don’t quit on themselves”). Con lei, nella canzone, Kendrick Lamar.

All Night è il brano che ricuce il rapporto che permette di riscoprire la passione ma, sopratutto, la fiducia persa. E la disonestà subito rivelata si scontra con il perdono (“Found the truth beneath your lies And true love never has to hide, True love never has to hide, I’ll trade your broken wings for mine Trade your broken wings for mine, I’ve seen your scars and kissed your crime, Seen your scars and kissed your crime”). Ultima traccia è Formation, il brano che ha lanciato il disco e presentato in esclusiva pochi giorni prima della performance al Super Bowl 2016. Anche in questo caso emerge il girl power evidente nel concept dell’album, una marcia finale verso la riscoperta della propria se stessa.

Lemonade è un disco che si assapora e che regala, al pubblico, un lato decisamente più personale della cantante -più vulnerabile- in un crescendo che porta ad una liberazione, ad un allontanamento dalle cicatrici del passato per ritrovare una rinascita di coppia ma, prima di tutto, individuale.

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