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Venditti dice basta al plagio dei testi delle sue canzoni

Se ne parlava da parecchio tempo. La nuova tendenza del mercato cinematografico è quella di intitolare i film commerciali con nomi di canzoni di successo. Ma è Antonello Venditti ad esserne la vittima più conclamata, e adesso dice basta. Incacchiandosi e non poco.Dopo la richiesta di autorizzazione della Lucisano per la realizzazione di “Notte prima

di aleali
pubblicato 30 Marzo 2008 aggiornato 31 Agosto 2020 22:23

Se ne parlava da parecchio tempo. La nuova tendenza del mercato cinematografico è quella di intitolare i film commerciali con nomi di canzoni di successo. Ma è Antonello Venditti ad esserne la vittima più conclamata, e adesso dice basta. Incacchiandosi e non poco.

Dopo la richiesta di autorizzazione della Lucisano per la realizzazione di “Notte prima degli esami“, lo stesso produttore ha fatto un secondo capitolo dello stesso film e oggi nelle sale c’è sempre per la stessa produzione “Questa notte è ancora nostra“, verso celebre della canzone sopra citata. Ma non basta.

Secondo quanto riportato nell’intervista a La Stampa, ci sono stati due libri Mondadori con il titolo “Notte prima degli esami” e Gabriele Muccino ha pubblicato un libro dal titolo “Ricordati di me”, titolo di un suo brano classico del 2000.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso, la diffusione all’inizio di un convegno per una campagna elettorale a Ragusa del brano “Che fantastica storia è la vita“. Partita la diffida, oggi Antonello è sul piede di guerra. Il motivo? Usare un brano per uno specifico scopo commerciale costa parecchio, e quindi via alle scopiazzature.

C’è da dire che nella musica italiana e nella musica scritta dal cantante romano i riferimenti a espressioni più o meno usate nel linguaggio comune sono tante, quindi è difficile evitare il “plagio”. Ma quando l’atteggiamento diventa recidivo, quasi fatto apposta, non è più un problema di soldi, ma un problema di onore e di tutela del proprio lavoro artistico. In questo mondo di ladri è importante difendere i sempre più frequenti frutti amari dell’opportunismo.